di Andrea Pira
Sarà forse perché Pechino nutre maggiore fiducia nella stabilità finanziaria dell’economia cinese o più probabilmente per evitare scossoni sistemici. Sta di fatto che, trascorsi tre mesi di sospensione, il colosso assicurativo Anbang potrà nuovamente vendere le polizze Vita universali ad alto rendimento, grazie alle quali nel biennio passato ha finanziato la propria strategia di espansione all’estero, compresa l’acquisizione per 2 miliardi di dollari dell’hotel Waldorf Astoria a New York.
Di fatto si tratta di prodotti di wealth management che poco hanno a che fare con le normali polizze. Lo scorso agosto la scelta della vigilanza cinese di bloccarne la vendita, in parallelo alle richieste alle banche di valutare l’esposizione nei confronti della compagnia e di altri colossi dell’industria nazionale, era costata alla Anbang Life Insurance, il braccio assicurativo del gruppo, il downgrade da parte della Dagong Global, l’agenzia di rating della Repubblica Popolare.
Un’altra tegola dopo l’uscita di scena prima dell’estate del presidente Wu Xiaohui, che si ritiene sia in stato di fermo, probabilmente coinvolto in qualche indagine anti-corruzione, e tale da costringere Anbang a vendere le quote detenute nell’azionariato di alcune grandi banche cinesi. L’autorità di vigilanza, è l’ipotesi che circola tra gli analisti, può aver ritenuto più pericoloso spingere il gruppo verso il collasso che bloccare ulteriormente la vendita dei prodotti universali. D’altra parte, per giustificare il faro sulle forme di finanziamento per sostenere le operazioni fuori dai confini della Cina, Pechino aveva fatto riferimento al pericolo che eventuali problemi delle società coinvolte potessero avere ripercussioni sull’intera economia. (riproduzione riservata)
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