In alcune cronache comincia ad apparire qualche preoccupazione per le Generali , arrivandosi a scrivere, in un caso, di potenziali attacchi finanziari diretti o indiretti. Le Generali , che sono state la prima public company nel Paese anche se un po’ all’italiana, sono state sempre considerate una ricchezza dell’Italia, benché il mercato nazionale rappresenti circa il 30% della loro operatività, mentre il resto viene dall’estero. Cruciale è tuttora per Mediobanca la partecipazione nella compagnia, così considerata innanzitutto da Enrico Cuccia, vero nume tutelare, anche per l’essenzialità dei ritorni di tale interessenza. Ai tempi era impossibile immaginare Mediobanca -pur tricefala, assommando cioè le funzioni di istituto di credito a medio e lungo termine, merchant bank e holding di partecipazioni- senza le Generali , la interessenza nelle quali, a non assai lunga scadenza, andrà comunque armonizzata con Basilea 3.
La forza della società, il ruolo fondamentale per il Paese, la protezione assicurata da Cuccia, che la riteneva da salvaguardare come la pupilla dell’occhio, l’hanno resa, nei molti decenni, inattaccabile. Ma a un dato momento l’intervento di protezione contro manovre occulte sulla proprietà non certo ossequiose della trasparenza del mercato e delle relative regole, dopo la scomparsa di Cuccia, fu compiuto dalla Banca d’Italia, nei confronti della quale prima si mossero critiche per l’iniziativa e poi, come solitamente accadeva tra la fine degli anni Novanta e gli inizi del Duemila, si sparsero elogi. Una vicenda non proprio uguale, ma dagli stessi effetti, si verificò per il convertendo Fiat , che salvò l’impresa torinese da un sicuro scivolamento verso il fallimento. Alle banche creditrici si rappresentò la convenienza -che poi risultò piena- per una tale operazione, libere esse di parteciparvi o no. Il successo dell’adesione aprì la strada per il rilancio della Fiat , senza cui nulla avrebbe potuto fare anche il demiurgo Marchionne. Anche allora vi furono prima critiche e poi grandi elogi e riconoscimenti. Nel caso delle Generali , l’istituto di via Nazionale agì per tutelare la propria partecipazione di circa il 4,5%-una partecipazione dismessa con l’acquisizione delle funzioni dell’autorità di controllo delle assicurazioni, l’Isvap, nel 2013- e per una visione, che una banca centrale deve avere, degli interessi generali del Paese. Ma sempre la Banca d’Italia, sotto il governatorato di Antonio Fazio, segnalò anche, con un straordinario voto di astensione sul bilancio annuale e sulle nomine nel consiglio di amministrazione, la propria netta contrarietà al dimissionamento, voluto allora da Mediobanca , di quel personaggio di grande credibilità che era Alfonso Desiata. La barriera classica, fra le più forti ma non scevra di rischi, per la protezione, l’aumento di capitale, finora e da lungo tempo non è stata presa in considerazione. A proposito di Mediobanca e Generali , una lunga conversazione di grande interesse tra Cesare Geronzi e Massimo Mucchetti, trasfusa in un libro di successo dal titolo Confiteor (Feltrinelli), illumina su una moltitudine di argomenti e fatti che potrebbero spingersi fino a evocare i vichiani corsi e ricorsi storici. Proprio in queste settimane sarebbero utili una lettura o una rilettura del libro, anche perché questa è un’altra vicenda nella quale già si è cominciato da un po’ di tempo a passare da alcune sia pur circoscritte critiche a elogi e condivisioni degli scritti. Il futuro sta nel grembo di Giove, dicevano gli antichi. Nel nostro caso diverse leve e diversi formati di scudi della panoplia di una volta non sono più utilizzabili. Affrontare le indeterminatezze del futuro è diventato molto più difficile, nulla essendo più assicurato con la lunghezza di prospettive dei decenni passati, sicché si sono fatte molto più impegnative la difesa della stabilità e la prevenzione di eventi da evitare.
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