di Carla De Lellis
Chi ha i requisiti per l’Ape (anticipo pensionistico) può avere pure la Rita (rendita integrativa temporanea anticipata), insieme o in alternativa all’Ape. Scegliendo la Rita il lavoratore chiede al fondo pensione presso cui risulta iscritto l’erogazione frazionata del montante accumulato, in tutto o solo in parte, a patto però di cessare il rapporto di lavoro. A prevederlo è la bozza di ddl di Bilancio 2017.
Riscatto a rate. Come l’Ape, la Rita è previsto che sia operativa in via sperimentale dal 1° maggio 2017 al 31 dicembre 2018. Potranno farne richiesta i lavoratori, pubblici e privati, dipendenti, autonomi e parasubordinati in possesso degli stessi requisiti dell’Ape, vale a dire l’età di almeno 63 anni, almeno 20 anni di contributi e maturazione della pensione di vecchiaia entro tre anni e sette mesi. In più la Rita vuole la cessazione del rapporto di lavoro e il possesso della «certificazione Ape» (è il titolo rilasciato dall’Inps che certifica il possesso dei requisiti per ottenere il prestito pensionistico). A queste condizioni, i lavoratori potranno chiedere al proprio fondo pensione l’erogazione di Rita che avverrà dal giorno dell’accettazione della richiesta (da parte del fondo pensione) fino al conseguimento dei requisiti di accesso alla pensione di vecchiaia. Sono esclusi dalla Rita i fondi pensione che operano in regime di prestazione definita. Rita è una rendita periodica erogata al lavoratore e consistente nella liquidazione frazionata del montante accumulato, in tutto o solo in parte, nel periodo considerato (cioè dall’accesso alla Rita fino all’accesso alla pensione di vecchiaia), per un massimo di tre anni e sette mesi.
Tassazione agevolata. La Rita beneficerà di un regime fiscale agevolato. La quota di rendita tassabile (è da ricordare che le prestazioni dei fondi pensioni già godono di un regime tributario agevolato, in quanto è esentasse la quota parte relativa alle rivalutazione dei contributi), infatti, sarà assoggettata a una ritenuta a titolo d’imposta con l’aliquota del 15%, ridotta di una quota pari a 0,30 punti percentuali per ogni anno eccedente il quindicesimo di partecipazione alla previdenza integrativa, con un limite massimo di riduzione di 6 punti percentuali. Se la data d’iscrizione alla forma di previdenza complementare è anteriore al 1° gennaio 2007, gli anni d’iscrizione prima del 2007 saranno computati fino al massimo di 15. Inoltre, ai fini della determinazione della base imponibile, poiché vi sono diversi regimi fiscali che si sono succeduti nel tempo, il ddl di Bilancio stabilisce che le somme erogate come Rita saranno imputate prioritariamente agli importi della prestazione maturati fino al 31 dicembre 2000 e, per la parte eccedente, a succedere: prima a quelli maturati tra gennaio 2001 e dicembre 2006 e poi, successivamente, a quelli maturati dal 1° gennaio 2007. Ciò al fine di applicare i diversi regimi fiscali vigenti pro tempore.
Lavoratori pubblici. La misura sperimentale della Rita, come accennato, si applica anche ai dipendenti pubblici. In tal caso, quei lavoratori (statali, dipendenti di enti locali, di pubbliche amministrazioni, di enti pubblici di ricerca ecc.) che, per effetto di Rita, cesseranno l’attività lavorativa (devono farlo necessariamente), non otterranno subito la liquidazione del trattamento di fine rapporto (Tfr) o di fine servizio (Tfs), ma dovranno comunque attendere il compimento dell’età prevista per la pensione di vecchiaia.
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