A seguito del terremoto che ha colpito il Centro Italia l’Istituto Eumetra Monterosa ha intervistato nuovamente una parte del campione delle imprese sondate a luglio. E si è rilevato un incremento nell’ipotizzare una gestione organizzata e consapevole dei danni materiali diretti ai beni (+25% rispetto alla rilevazione di luglio 2016), della continuità del business (+17%) e verso eventi naturali catastrofali (+45%). Con il 44% del campione che dichiara di aver mutato atteggiamento post terremoto nei confronti degli «Eventi Catastrofali»
I risultati della ricerca sono stati presentati in occasione del Convegno Annuale di ANRA
“Enterprise Risk Management: per capire, governare e decidere”.
Le politiche di risk management si confermano come uno snodo cruciale per gran parte del panorama aziendale. A livello corporate infatti, l’84% degli intervistati ha pensato o pensa di instaurare politiche di risk management, soprattutto in ottica di eventuali Danni materiali diretti ai beni(51%), rischi legati a Responsabilità Civile (43%) e per preservare la Continuità del Business (43%). Invece, quando l’indagine si sposta sulle singole famiglie italiane, le percentuali diminuiscono, con solo 6 individui su 10 che reputano generalmente importante prestare attenzione ai rischi per sè o i propri familiari. Risultati che sul fronte imprese nel giro di poche settimane sono variati a seguito del terremoto che ha colpito alcune zone del centro Italia. Al punto che si è rilevato un incremento nell’ipotizzare una gestione organizzata e consapevole dei danni materiali diretti ai beni (+25% rispetto alla rilevazione di luglio 2016), alla continuità del business (+17%) e verso eventi naturali catastrofali (+45%). Con il 44% del campione che dichiara di aver mutato atteggiamento post terremoto nei confronti degli «Eventi Catastrofali»
Sono questi i principali risultati della ricerca realizzata dall’istituto Eumetra Monterosa e promossa da ANRA, l’Associazione Nazionale dei Risk Manager e Responsabili Assicurazioni e Strategica. È stata impostata una duplice strategia di ricerca, grazie alla quale è stato possibile conoscere lo stato dell’opinione a questo riguardo, sia tra le medie aziende italiane (su un campione di 100 medie aziende), sia tra la popolazione nel suo insieme.
“Tutti corriamo quotidianamente dei rischi, li devono affrontare gli individui e tutte le imprese economiche, in modo più o meno razionale – ha commentatoAlessandro De Felice, Presidente di ANRA – C’è chi si affida al caso e chi, viceversa, cerca di calcolare, in modo più o meno scientifico, gli effetti possibili degli avvenimenti imprevisti. Nelle grandi aziende e in quelle quotate è ormai diffusa la figura del Risk Manager, che valuta i rischi di ogni genere connessi all’attività aziendale e delinea i modi per gestirli efficacemente. Ma in occasione del nostro convegno annuale, ANRA ha voluto conoscere la percezione del rischio e soprattutto in che misura la cultura della sua corretta gestione sia diffusa tra le media aziende e, poi più in generale, tra la popolazione italiana. L’indagine mostra che esiste una certa confusione di fondo tra la gestione dei rischi e le attività di tipo assicurativo, come si vede dal fatto che la pratica internamente è delegata in molti casi all’ufficio legale (55%). Osservando lo scenario si percepisce una sostanziale trascuratezza nell’approccio della gestione dei rischi. Perchè se anche c’è sensibilità dal parte del mercato (l’84% degli intervistati ha pensato o pensa di instaurare politiche di risk management), vi è un’evidente incapacità da parte del mondo assicurativo e degli intermediari nel proporre soluzioni adatte alle diverse tipologie di aziende del nostro tessuto economico.Le assicurazioni e i broker cercano di proporre e vendere un prodotto, come se la gestione dei rischi fosse una commodity, e non un servizio a valore aggiunto, in cui manca offerta e capacità di capire bene i rischi dell’azienda. E proprio in occasioni come il nostro Convegno Annuale vogliamo promuovere la cultura della gestione del rischio, favorendo l’incontro e la relazione tra imprese e compagnie, intermediari e broker”.
“L’atteggiamento fatalista degli italiani verso la dimensione del rischio è specchio dell’opacità del settore assicurativo – commenta Renato Mannheimer di Eumetra Monterosa -. Si conferma controverso il rapporto con intermediari e assicuratori, come forte la ritrosia a riconoscere l’importanza di ricorrere alle assicurazioni per prevenire dei rischi. È, infatti per il 48% degli italiani inutile spendere soldi in assicurazioni, tanto quello che deve capitare capita. Merita attenzione anche l’atteggiamento che abbiamo rilevato nel riproporre al panel delle imprese alcune domande a seguito del terremoto occorso in centro Italia. L’onda emotiva della catastrofe, ha naturalmente determinato un incremento del 45% nell’ipotizzare una gestione organizzata e consapevole di rischi e minacce come gli eventi naturali e le catastrofi, con il 44% del campione che ammette di aver cambiato atteggiamento su queste specifiche minacce”.
“Non sfugge certamente che in questo settore — commenta Enrico Guarnerio, amministratore delegato di Strategica Group — la competizione fra intermediari, broker e compagnie di assicurazione si gioca quasi esclusivamente sul prezzo e sul costo delle coperture. È un fenomeno che si sta sempre più consolidando, sia sul piano della value proposition degli intermediari, che dei criteri di selezione dei propri broker/consulenti da parte delle aziende e non è certo questa la strada per approcciare le complesse tematiche di risk management in modo altamente tecnico e professionale. Le stesse compagnie sono sempre più spinte a competere in termini di pricing piuttosto che di qualità delle coperture e dei servizi post-vendita. Svolgendo consulenza nelle aziende osserviamo proprio quanto sia confusa e spesso applicata solo in parte la buona pratica di gestione dei rischi. Spesso i nostri interlocutori affermano di temere gli eventi che colpiscono la continuità del business, ma è assolutamente bassissima la percentuale di quelle aziende che si assicurano contro i danni indiretti che derivano dall’interruzione dell’attività, mostrando così di non interpretare correttamente i rischi sottesi. Un ulteriore indicatore della mancanza di percezione della portata dei rischi, così come emerge dalla ricerca da noi promossa, è la scarsa sensibilità ai rischi di responsabilità civile, vera e propria spada di Damocle in molti settori, sempre più esposti come conseguenza dei processi di internazionalizzazione in corso”.
La ricerca si è concentrata, quindi, su due filoni di indagine: la percezione del rischio nella popolazione (da un sondaggio effettuato su un campione casuale stratificato per quote della popolazione italiana rappresentativo dell’universo di riferimento per sesso, età, ampiezza del comune, area di residenza) el’atteggiamento delle medie aziende verso il risk management (manifestazione d’opinione a livello nazionale da parte di risk manager di medie aziende italiane).
La percezione del rischio nella popolazione
- Per 6 persone su 10 (59%) è generalmente importante prestare attenzione ai rischi, mentre per il 41% prevale un atteggiamento più fatalista
- Il campione si spacca in due sul ricorrere alle assicurazioni per la prevenzione al rischio: per il 48% “È inutile spendere soldi in assicurazioni tanto quello che deve capitare capita”.
- I primi due rischi considerati più probabili per sè e la propria famiglia sono malattia (abbastanza o molto probabile per l’83% degli intervistati) eperdita del potere d’acquisto con conseguente riduzione del tenore di vita (73%). L’incendio (43%) e la responsabilità civile (49%) sono in coda alle preoccupazioni. Ancora relativamente bassa è la percezione dei “nuovi rischi” come ad esempio essere vittima di terrorismo (poco o per nulla probabile per il 53%) o l’utilizzo dell’identità digitale (per il 61%).
L’atteggiamento delle aziende verso il risk management
- La gran parte degli intervistati ha pensato o pensa di instaurare politiche di risk management (84%). Inoltre si osserva, in un terzo delle aziende presenti nel campione, un atteggiamento di «timore» verso l’aumento dei rischi dopo la crisi del 2008.
- Tra le aziende che hanno instaurato politiche di gestione dei rischi, i primi tre per cui si ipotizza di instaurare una politica di gestione organizzata e consapevole sono:
- «Danni materiali diretti ai beni» 51%, che diventa 76% dopo il terremoto del centro Italia
- «Responsabilità Civile» 43%, che diventa 41% a fine settembre
- «Continuità del Business» 43%, che diventa 60% nella seconda rilevazione
- Solo l’8% vede rischi «nell’utilizzo di identità digitali», che rimane al 7% a settembre
- Il principale vantaggio che gli intervistati intravedono nella gestione consapevole dei rischi è dato dalla «stabilizzazione dei risultati attesi» (48%). Mentre per il 37% si intravede un «maggior ritorno del capitale investito» e per l’11% una «maggiore capacità di accesso al credito», come spinta per attuare strategie di risk management.
- Per il 90% degli intervistati, poi, dal 2008 ad oggi si assiste a un aumento dei rischi, come effetto della crisi
- Per il 44% del campione sondato in settembre a seguito del terremoto del centro Italia si rileva un cambiamento nell’atteggiamento verso l’ipotesi di gestione del rischio di “eventi catastrofali”.
Spostandoci sul ranking dell’importanza dei rischi percepiti per le aziende che potrebbero influenzare le scelte strategiche o che possono compromettere la business continuity, si rileva come i «Danni materiali diretti ai beni» siano il rischio più “sentito” dai rispondenti (59%), seguono «Continuità del Business» (37%) e i «Fattori macroeconomici di mercato e di contesto» (35%). Lontana dalla top 3 la «Responsabilità Civile» (18%), in quanto la dimensione della gestione è qui più tattica che strategica, con una forte sottovalutazione dei rischi esogeni che sono in coda alla classifica.
Il risk manager e l’utilizzo delle assicurazioni nelle medie aziende
- Due aziende su tre dedicano una persona al risk management e tra chi non la possiede emerge l’intenzione di inserirne una (62%).
- Nel 55% dei casi è l’Ufficio Legale a decidere e gestire le politiche in relazione ai rischi (seguono, a distanza, «Assicuratore» 14% e «Amministratore Delegato» 13%).
Per quanto concerne le assicurazioni, il 31% del campione dichiara di farne un uso massiccio. L’«Ufficio Legale» appare come il primo soggetto a cui le aziende delegano la gestione delle assicurazioni (40%); seguono «Altre figure aziendali» (22%), il «Direttore Generale» (14%), «il nostro assicuratore» (14%).