di Anna Messia
Ieri a New York l’amministratore delegato Francesco Caio ha presentato l’ipo di Poste Italiane a una settantina di investitori istituzionali, tra cui il finanziere George Soros. Oggi è prevista una tappa strordinaria a Londra, dove il manager conta di chiudere con alcuni fondi che aveva già incontrato nei giorni scorsi.
Ma tra gli istituzionali pronti a sottoscrivere quote dell’offerta, che riguarda poco meno del 40% del capitale (di cui al massimo il 70% riservato agli istituzionali), ci sarebbero già fondi come Pioneer e Fidelity e tra gli interessati ci sarebbero anche investitori inglesi, cinesi e giapponesi. A parte la quotazione di un altro gruppo postale, la Japan Post, quella di Poste Italiane è del resto l’unica ipo tra i grandi collocamenti dell’ultimo anno che non ha dovuto rivedere al ribasso la forchetta di prezzo. Anzi.
Ormai è evidente che il prezzo sarà fissato nella parte alta della forchetta; considerando superato il valore di 6 euro fissato dal ministero dell’Economia come base del range, a questo punto si ragiona sull’intervallo compreso tra 6,5 e 7,5 euro per azione. Proprio ieri, come anticipato da MF-MilanoFinanza, la richiesta di sottoscrizioni ha raggiunto un valore pari a tre volte l’offerta e, secondo indiscrezioni, l’ipo sarebbe stata già coperta almeno una volta anche al prezzo massimo. Domani sera o al massimo venerdì mattina sarà comunicato il prezzo definitivo dell’offerta.
Ora dunque bisogna vedere quale sarà il risultato degli ultimi due giorni di roadshow, considerando che le sottoscrizioni si chiuderanno alle 13.30 di domani. L’attenzione è rivolta soprattutto al prezzo, ma anche a quelle che saranno le scelte definitive dell’azionista, ossia il ministero dell’Economia. In più di un’occasione è filtrata l’indiscrezione secondo cui il Tesoro preferisce investitori istituzionali di medio-lungo periodo piuttosto che altri più speculativi, i quali però sono disposti magari a sottoscrivere a un prezzo più alto. Il risultato di questo bilanciamento sarà quindi chiaro solo giovedì pomeriggio.
In caso di esercizio completo della greenshoe, il ministero dell’Economia incasserà una cifra compresa tra 2,99 e 3,74 miliardi di euro. Ma, visto che la forchetta si è ormai ristretta verso l’alto, appunto tra 6,5 e 7,5 euro, il Tesoro si prepara a ottenere una cifra compresa tra 3,23 e 3,73 miliardi. Dal punto di vista del Tesoro, secondo quanto previsto dalla recente nota di aggiornamento al Documento di Economia e Finanza 2015, basterebbe un introito di 3,7 miliardi per centrare l’obiettivo di un incasso pari allo 0,4% di pil derivante dal programma di privatizzazioni 2015. In ballo c’è tra l’altro anche la cessione del 12,5% di StMicroelectronics a Cassa Depositi e Prestiti, che varrebbe circa 700 milioni. Il ministero dell’Economia potrebbe quindi raggiungere l’obiettivo indicato nel Def con la sola privatizzazione del gruppo postale.
Sul tavolo dell’ipo di Poste Italiane c’è anche un’altra questione: la possibilità (prevista dalla clausola del claw back) che le azioni riservate al retail possano salire oltre il 30% dell’offerta, riducendo di conseguenza il 70% inizialmente destinato agli istituzionali. Anche questa mossa in qualche modo aumenterebbe la stabilità sul titolo, in quanto gli azionisti retail che manterranno in portafoglio le azioni Poste per almeno un anno avranno diritto a un titolo gratis ogni 20 posseduti e sono quindi incentivati a non liquidare l’investimento investimento in tempi rapidi.
Per quanto riguarda i dipendenti, cui è riservato il 3,3% dell’offerta indirizzata complessivamente al retail, la bonus share è addirittura di un titolo ogni dieci. Per 142 mila dipendenti, cui sono stati garantiti due lotti minimi (100 azioni l’uno), l’offerta si chiuderà domani e anche per loro il tasso di adesione all’operazione sembra essere decisamente positivo. (riproduzione riservata)