di Leonardo Comegna 

Sempre più costosa la pensione dei lavoratori autonomi. Per quanto riguarda gli aumenti dell’aliquote contributive per il 2016, si salveranno i soli titolari di partita Iva iscritti alla Gestione separata Inps (i free lance), per i quali la bozza della legge di stabilità, da approvare entro fine anno, prevede un ulteriore congelamento al 27,72%.

Partite Iva. La legge di riforma del mercato del lavoro (n. 92/2012) ha stabilito una graduale elevazione del carico contributivo al fine di arrivare, nel 2018, al 33% (cui va aggiunto uno 0,72% destinato al fondo maternità e assegni familiari), la stessa aliquota prevista per lavoratori dipendenti. L’obiettivo era evidentemente quello di disincentivare il lavoro precario a favore di quello da dipendente. Ebbene, secondo il cronoprogramma l’aliquota per il 2014 sarebbe dovuta passare dal 27,72 al 28,72%. Ma la legge di Stabilità 2014 (n. 147/2013), limitatamente ai collaboratori titolari di partita Iva, ha offerto uno sconto, lasciando l’aliquota ferma nella stessa misura stabilita per il 2013 (27,72%). Per cui nel 2015, come previsto, il carico contributivo è salito al 30,72% per tutti: due punti in più, 3 punti per i titolari di partita Iva che dovevano recuperare lo sconto. Successivamente (in febbraio) però, con il decreto milleproroghe (legge n. 11/2015) vi è stata una marcia indietro. Praticamente, l’aumento dell’aliquota per il 2015 ha operato solo nei confronti dei collaboratori e non anche per le partite Iva.

Anno 2016. Dando per scontato il congelamento a favore dei titolari di partite Iva anche per il 2016, l’anno prossimo la situazione degli iscritti alla Gestione separata, prevedendo un tasso d’inflazione pari a 0,2%, dovrebbe essere la seguente:

 

  • lavoratore non iscritto ad altro fondo obbligatorio: pagherà un contributo del 31,72% (31 più lo 0,72% destinato al fondo maternità e assegni familiari), di cui 10,57% a suo carico e 21,15% a carico del committente, entro il massimale di 100.525 euro;

     

  • lavoratore già iscritto ad altro fondo obbligatorio, ovvero titolare di pensione: pagherà un contributo del 24% (8% a suo carico e 18% a carico del committente), entro il massimale di 100.525 euro.

     

  • titolare di partita Iva: pagherà il 27,72% entro il massimale di 100.525 euro (costoro possono addebitare al committente il 4%).

    Artigiani e commercianti. Non stanno meglio gli artigiani e commercianti, per i quali la riforma Monti-Fornero (art. 24, comma 22, della legge n. 214/2011), prevede infatti un aumento progressivo dell’aliquota contributiva nella misura dello 0,45%, a partire dal 2013, sino a raggiungere il 24% dal 2018. Questo vuol dire che nel 2016 gli artigiani dovranno calcolare il 23,10% sul reddito d’impresa (dichiarato al Fisco) sino a 46.216 euro e il 24,10% sulla quota di reddito compreso tra 46.216 e 77.026 euro, massimale imponibile per il 2016. Mentre i commercianti, la cui aliquota anche per il 2016 è maggiorata (sino al 2018) di uno 0,09%, destinato al fondo per la razionalizzazione della rete commerciale, dovranno applicare il 23,19% sul fascia di reddito sino a 46.216 euro e il 24,19% sulla quota compresa tra 46.216 e 77.026 euro. Nel 2016 il minimale di reddito imponibile ai fini del calcolo della contribuzione salirà a 15.576 euro, per cui il contributo minimo dovuto dagli artigiani è di 3.605 euro; mentre quello dovuta dai commercianti di 3.620 euro.