di Andrea Pira
Il giorno di Poste è arrivato. Il gruppo guidato dall’ad Francesco Caio debutta oggi a Piazza Affari mettendo sul mercato il 38,2% del capitale (dopo l’esercizio delle greenshoe). L’operazione è il più grande collocamento dell’anno in Europa. La società ha ricevuto una risposta forte dagli investitori.
In particolare gli istituzionali, cui era riservato il 70% dell’offerta. Tant’è che delle 359 richieste pervenute (per 1.143.046.165 azioni) 137 sono rimaste fuori. Agli esteri è andato oltre il 60% dell’ipo. Degli 80 investitori italiani richiedenti sono rimasti a bocca asciutta in 26. Il successo è merito anche di un payout ratio dell’80% con un possibile dividendo del 5% e prospettive di crescita nel risparmio. Bisognerà invece fare chiarezza sulle strategie del servizio postale tradizionale. Tra i sottoscrittori stranieri figurano investitori statunitensi e inglesi, fondi cinesi e del Kuwait, oltre a Ontario, fondo pensione degli insegnanti canadesi. Ma nessuno è andato oltre il 2%. Anche tra il pubblico indistinto Poste ha ricevuto una buona accoglienza. La domanda è stata di 2,85 volte l’offerta, con una richiesta di quasi 390 milioni di azioni rispetto ai 135,9 milioni messi a disposizione. Le richieste pervenute hanno superato quota 303 mila, delle quali 26 mila da dipendenti del gruppo. E secondo quanto emerge dai dati diffusi ieri dalla società, oltre 124 mila domande non sono state accolte. Il prezzo iniziale è stato fissato dall’azionista ministero dell’Economia a 6,75 euro, a metà della forchetta, che porta la capitalizzazione a circa 8,8 miliardi. Ma le aspettative sono tali da spingere i gestori a fissare l’asticella del target a 9 euro, come emerso da un sondaggio di MF-Milano Finanza pubblicato sabato 24 ottobre. D’altronde l’operazione rappresenta anche un banco di prova per il governo, in preparazione delle privatizzazioni di Enav e Ferrovie, con le quali si intende ulteriormente ridurre la montagna di 2,200 miliardi di debito pubblico. (riproduzione riservata)