Tra fine 2004 e metà ottobre 2015 la capitalizzazione della borsa italiana è scesa dall’11° al 18° posto
di Ester Corvi
Nel giorno del debutto a Piazza Affari di Poste italiane , che vale al prezzo di ipo 9 miliardi di euro, non è delle più incoraggianti la fotografia di Piazza Affari che emerge dalla ricerca Indici e Dati dell’ufficio studi di Mediobanca . La borsa milanese ha perso progressivamente posizioni negli ultimi dieci anni.
Se infatti a fine 2004 era undicesima al mondo, con 583 miliardi di euro di capitalizzazione, circa il 42% del pil, nel settembre 2015 è scesa in 18esima posizione, a causa del forte dinamismo delle piazze emergenti e del miglior andamento di alcuni mercati europei. Alla fine dello scorso giugno il valore del listino italiano era 539 miliardi di euro, il 33% del pil. Rispetto a fine 2004 la borsa italiana ha perso circa 44 miliardi di capitalizzazione (-7,6%).
Al primo posto al mondo per capitalizzazione c’è il Nyse Usa, che capitalizza 17.193 miliardi di euro, per un rapporto sul pil del 108,7% seguito dal Nasdaq (6.474 miliardi) e da Shanghai (4.998 miliardi). Da notare che il peso della borsa cinese rispetto al totale è passato nel periodo dallo 0,9 al 7,2%, toccando quota 9% a fine giugno, subito prima della tempesta asiatica.
Le ragioni del ridimensionamento di Piazza Affari vanno ricercate, secondo lo studio, non solo nella crisi degli ultimi anni, ma anche nel deflusso continuo di società dal listino e in particolare dal segmento Mta. Guardando alle performance medie annue (espresse in euro e senza i dividendi), da fine 2004 al 16 ottobre 2015 (quasi 11 anni) gli indici di borsa dei mercati emergenti l’hanno fatta da padroni. In pole position Shanghai (+14,1% che significa ritrovarsi con più di 4 volte l’investimento iniziale), a dispetto della pesante contrazione (-35%) subita la scorsa estate. Nello stesso periodo la borsa italiana ha registrato un rendimento medio annuo negativo del 2,6% per un totale di un -24,8%. Si tratta della peggiore performance tra le principali 23 piazze del mondo. Nel Vecchio Continente, il listino migliore è stato quello svizzero, che dal 2004 ha registrato una crescita superiore al 200% con un rendimento medio annuo del +10,7%, seguito da Francoforte (+5,5% medio all’anno), Parigi (+3%), Amsterdam (+2,8%) e Madrid (+0,7%).
Infine a Piazza Affari, dopo nove anni (2004-2012) da record, con un dividend yield medio al 4,6% (trainato in particolare dal 5,2% delle società industriali), il 2015 conferma la tendenza, già vista l’anno precedente, alla compressione dei rendimenti: 2,7%, oltre il 40% meno che nel periodo 2004-2012. La contrazione del rapporto dividendo/prezzo rispetto a quello toccato tra il 2004 e il 2012, che coinvolge società di ogni fascia dimensionale, riguarda in particolare i titoli bancari e le azioni di risparmio (-50%), in misura più contenuta le aziende quotate allo Star (-13%), mentre sono immuni le compagnie assicurative, che in controtendenza hanno garantito un dividend yield del 3,7%, superiore a quello ottenuto dalle azioni di risparmio (3,2%), (riproduzione riservata)