di Anna Messia
Un prezzo di 6,75 euro, proprio a metà della forchetta, e una richiesta superiore all’offerta di circa quattro volte. Questi i numeri, non ancora ufficiali, dell’ipo di Poste Italiane, avviata lunedì 12 ottobre e chiusa alle 13.30 di ieri. Sul mercato finirà il 38,2% del capitale, detenuto finora interamente dal Tesoro, con un incasso per via XX Settembre di 3,36 miliardi e una capitalizzazione del gruppo di 8,8 miliardi.
Il buon andamento di richieste è stato evidente fin dai primi giorni dell’offerta, con il book coperto dopo soli due giorni e mezzo dall’avvio dell’operazione e l’afflusso delle sottoscrizioni che è proseguito in maniera costante nei giorni seguenti. Per quanto riguarda la forchetta di prezzo, inizialmente fissata tra 6 e 7,5 euro, il range ha iniziato invece a restringersi solo nella seconda settimana di offerta. Martedì scorso la soglia minima era stata alzata a 6,5 euro e ieri quando nelle ultime ore di offerta il tetto massimo è stato abbassato a 6,75 euro. Questa mattina il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan fornirà al mercato tutti i dettagli dell’ipo. Oltre che sul prezzo, indicazioni sono attese anche in merito a possibili modifiche alla ripartizione dell’offerta tra investitori retail (cui inizialmente era dedicato almeno il 30%) e istituzionali (cui, secondo il prospetto, era indirizzato fino al 70% restante).
La buona notizia è che sembrano essere arrivate più richieste dagli istituzionali che dal pubblico indistinto, con un ritrovato interesse da parte degli investitori esteri per l’Italia e per il piano industriale del gruppo guidato dall’amministratore delegato Francesco Caio. Molte le domande arrivate dal Regno Unito, che il management ha visitato di nuovo mercoledì, incontrando a Londra investitori che ne avevano fatto esplicita richiesta. Ma interesse è stato registrato anche negli Stati Uniti e in Asia. Nella lista dei sottoscrittori figura, tra gli altri, il fondo del Kuwait, fondi cinesi e Ontario, il fondo pensione degli insegnanti canadesi. Della partita fanno parte poi grandi asset manager come Fidelity, Blackrock, Pioneer, Union Investments, oltre che gli italiani Generali e Kairos, e il fondo norvegese Norges, già presente nel capitale di numerose società tricolore quotate. Molto bene sarebbe andato poi anche l’incontro tra Caio e il finanziarie George Soros, avvenuto martedì a New York. Il Tesoro per Poste punta a creare un azionariato diffuso e stabile, dando la preferenza a investitori di medio-lungo termine. Per questo motivo è possibile che si decida di offrire al pubblico indistinto più del 30% inizialmente preventivato; proprio agli investitori retail tra l’altro è riservata una bonus share ogni 20 titoli acquistati e mantenuti in portafoglio per almeno un anno. Apppare scontato infine l’esercizio della greenshoe, che è pari al 10% dell’offerta e farà quindi aumentare da 453 a 498,3 milioni il numero delle azioni collocate. Il debutto a Piazza Affari sarà martedì 27. (riproduzione riservata)