di Luisa Leone
Renzi spiana la strada alla riabilitazione dei contanti. Ieri nel corso di un’intervista radiofonica il primo ministro ha infatti annunciato che nella legge di Stabilità ci sarà anche una norma per portare il tetto all’utilizzo dei contanti dagli attuali mille a 3 mila euro. Un provvedimento allo studio dell’esecutivo da diversi mesi, che per altro era stato richiesto solo lo scorso giugno anche da una mozione presentata da Area Popolare, approvata a larga maggioranza.
Il premier ha poi ribadito l’intenzione di intervenire anche a favore delle partite Iva ed escluso invece l’introduzione di una prima dose di flessibilità pensionistica già con la legge di bilancio 2016. «Sono pronto a chiuderlo nel giro di pochi mesi ma non in modo raffazzonato», ha detto in merito Renzi, che pure era stato il principale sostenitore di un primo intervento sulla materia già in Stabilità.
L’inversione di rotta è probabilmente legata anche al fatto che il menù della ex Finanziaria è già molto ricco, anzi forse pure troppo. Il ministero dell’Economia è ancora al lavoro per trovare le coperture necessarie e la caccia continuerà certamente anche oggi, e probabilmente fino a poco prima dell’ingresso dei ministri alla riunione del Consiglio convocata per domani per l’approvazione della legge. Entrando nel merito delle misure sul piatto, secondo quanto risulta a MF-Milano Finanza, l’intervento sull’Ires dovrebbe seguire un doppio binario, con un taglio del 2% per tutte le aziende nazionali, che dovrebbe diventare il doppio per quelle attive al Sud. Se questa è l’ipotesi più probabile al momento, per un costo complessivo di circa 3 miliardi di euro, rimane il timore che l’Europa possa storcere il naso sul trattamento di favore per il Mezzogiorno. Sembra invece avere la strada spianata l’altro intervento annunciato da Renzi qualche giorno fa, quello per stimolare gli investimenti delle aziende, portando gli ammortamenti al 140%, con un costo per lo Stato che secondo i primi calcoli dovrebbe aggirarsi intorno ai 400 milioni di euro. Non solo, secondo le ultime indiscrezioni, questa norma come corollario dovrebbe averne una pensata per incentivare l’incremento dimensionale delle aziende tramite aggregazioni. In questo si interverrebbe sugli avviamenti, con il periodo di ammortamento di questi ultimi che dovrebbe passare dagli attuali 18 anni a soli cinque anni. Ancora discussioni in corso invece paiono esserci sul prolungamento al 2016 della defiscalizzazione delle nuove assunzioni. Il provvedimento dovrebbe essere inserito in Stabilità ma con uno sgravio massimo dimezzato rispetto alla versione del 2015, quindi con massimi 4 mila euro l’anno per dipendente. Non solo, il Tesoro sarebbe ancora convinto che sia giusto prevedere la misura solo per il Sud e, considerando che la coperta è decisamente corta, è possibile che la versione più prudente possa alla fine avere la meglio. Trovare i denari per coprire tutti questi interventi e anche per la sterilizzazione completa delle clausole di salvaguardia, che da sole valgono circa 16,5 miliardi, non sarà infatti facile. Anche perché il bottino atteso dalla spending review si assottiglia sempre di più e pare che alla fine potrebbe fermarsi intorno ai 5 miliardi. Con questi chiari di luna all’adeguamento salariale dei dipendenti pubblici, indifferibile dopo la sentenza della Corte Costituzionale, potrebbe così essere dedicato appena lo 0,1% del pil, per un valore di circa 160 milioni di euro. (riproduzione riservata)