di Silvia Berzoni Class Cnbc
«Un clima favorevole verso l’Italia. Un buon feeling, sia da parte degli investitori americani sia dei grandi capitani d’industria». È quanto ha riscontrato l’ad di UnipolSai , Carlo Cimbri, la scorsa settimana a New York per partecipare alla Clinton Global Initiative, uno dei fori economici più prestigiosi degli Stati Uniti, dove ha avuto occasione di incontrare i numeri uno di grandi multinazionali. «Maggiore scetticismo, invece, ho notato nei confronti degli avanzamenti che sarà in grado di fare l’Europa intesa come un’unica federazione di Stati.
Su questo ho colto qualche perplessità».
Domanda. Ha partecipato a una tavola rotonda con l’ex presidente Clinton, l’ex primo ministro Tony Blair, John Chambers di Cisco, il numero uno di Monsanto. Cosa manca ancora all’Italia?
Risposta. La tavola rotonda era incentrata su come le nostre imprese interpretano il ruolo della responsabilità sociale e quali pratiche adottano nei propri business. A margine si è parlato anche di Italia. Quello che viene richiesto, dall’estero, sono stabilità e snellimento delle infrastrutture burocratiche, argomenti su cui ragioniamo spesso. Per rendere l’Italia più attrattiva dal punto di vista degli investimenti, la questione di come affronteremo la gestione dei migranti è uno dei temi che sta più a cuore dell’imprenditoria americana.
D.
In che modo?
R. La questione è come trasformare un problema in un’opportunità, seguendo un modello che qui, negli Stati Uniti, ha funzionato. Adottare politiche inclusive può diventare uno degli asset da utilizzare a livello europeo per dare maggiore intensità a una ripresa che ancora mostra segnali troppo timidi per una forte sostenibilità nel lungo periodo. È un modello che qui ha funzionato, quindi un tema a loro particolarmente caro. L’ad di Western Union, per esempio, spiegava quanto del loro business è costituito da flussi migratori gestiti in maniera proattiva e non subiti.
D. Avete parlato di responsabilità sociale proprio in un momento in cui in Europa si allarga lo scandalo Volkswagen. Quanto rischia la ripresa europea?
R. Noi italiani abbiamo la tendenza a mitizzare quello che avviene all’estero. La mitologia dell’industria tedesca, della sua efficienza è evidente e ci sono tanti aspetti da imitare, ma questo non li rende indenni dai comportamenti scorretti. Se posso trarne una conclusione, quanto accaduto ci dovrebbe insegnare che bisogna sempre avere un occhio critico, ci sono pratiche che è opportuno importare ma l’Italia deve costruire un modello di impresa, di business, un modello sociale che sia adatto alle sue caratteristiche. Sotto questo profilo, non abbiamo da farci insegnare assolutismi o dogmi da nessuno.
D. Veniamo al piano industriale di UnipolSai che presenterete ad aprile.
R. Ci stiamo lavorando, mancano pochi mesi alla fine del piano che era incentrato sul salvataggio del gruppoFondiaria. A dicembre si chiude una fase e se ne apre un’altra. È una fase di consolidamento, di sviluppo, di specializzazione e di innovazione. Sono i filoni su cui ci stiamo focalizzando.
D. Come sono andati i settori danni e vita nel terzo trimestre e come vi aspettate di chiudere il 2015?
R. Confermando i trend dei primi sei mesi di quest’anno. Forte competizione del settore auto con conseguente compressione dei prezzi, sostanziale tenuta della frequenza dei sinistri. Anche in prospettiva, conferma dei nostri obiettivi. Ci muoviamo verso un periodo di maggiore selettività nel comparto auto, non riscontriamo per lo meno a livello assicurativo una ripresa dei consumi per i prodotti non auto e quindi non obbligatori. Forte domanda del vita da gestire, con grande oculatezza in presenza di tassi così bassi.
D. Quale ruolo giocherà Unipol Banca nel processo di consolidamento delle popolari? Si sta procedendo a un passo troppo lento secondo lei?
R. In questi processi di aggregazione siamo spettatori, anche se interessati, ovviamente, a verificare se nelle discussioni in corso possano maturare progetti industriali che abbiano significato per gli azionisti e che meritino di essere valutati in una prospettiva di ritorno sugli investimenti. In questo contesto, da un lato osserviamo e dall’altro continuiamo a lavorare con intensità su Unipol Banca per renderla sempre più solida. Se nell’ambito di questi percorsi di aggregazione ci saranno opportunità saremo pronti a coglierle, ma intanto lavoriamo sui nostri asset.
D. Dopo aver ricordato l’ingresso della holding Ugf nel paniere dell’indice FtseMib, parliamo anche del titoloUnipolSai: è in calo a doppia cifra da inizio anno, anche se il dividend yield è tra i più alti a Piazza Affari. Quale messaggio per gli azionisti?
R. Il dividend yield elevato di UnipolSai, all’8%, fa parte degli impegni che avevamo preso con il mercato nel precedente piano industriale, impegni che ovviamente confermiamo anche per l’anno in corso. Per quanto riguarda l’andamento del titolo, è stato influenzato da diversi fattori come lo scandalo di Volkswagen che ha finito per dato una forte scossa a tutta la credibilità dell’azionario, anche se non vi era una correlazione diretta con titoli di altri settori. Un ruolo hanno avuto poi le frustranti attese di un rialzo dei tassi da parte della Fed. Come tutti lavoriamo su due versanti: cerchiamo di creare valore, ed è la cosa più importante in un’ottica di sostenibilità per i nostri azionisti, nello stesso tempo siamo esposti alle dinamiche del mercato. (riproduzione riservata)