di Anna Messia
Per Aviva il processo di riorganizzazione partito due anni fa con l’arrivo di Patrick Dixneuf è stato profondo e impegnativo. Il turnaround non è ancora concluso, ma l’anno scorso il gruppo assicurativo è tornato a distribuire alla casamadre un dividendo di 14 milioni di euro (cui si è aggiunto il rimborso di un prestito di 6 milioni) e quest’anno le cose stanno andando decisamente bene (88 milioni di utile operativo nei primi sei mesi), tanto che probabilmente arriverà una cedola più ricca.
Ne è convinto David McMillan, chief executive officer di Aviva Europe (e da 11 anni nel gruppo assicurativo inglese), che nel suo ruolo coordina oggi oltre all’Italia, anche Lituania, Spagna, Polonia e Turchia ed è anche presidente di Aviva Francia e della Global Health Insurance. In questi giorni in Italia, McMillan riferendosi alla ristrutturazione realizzata da Dixneuf in poco più di due anni parla di una manovra di grande successo. «Il riassetto dell’Italia può essere visto come un microcosmo della riorganizzazione che l’intero gruppo ha realizzato in questi ultimi anni, con il nuovo management impegnato a sistemare il bilancio e i problemi finanziari», dice il ceo. «Il profondo cambiamento è stato premiato dal mercato, tanto che il titolo Aviva quest’anno è tra i migliori del listino francese, e in Italia ha riguardato la vendita delle attività considerate poco profittevoli, come Eurovita, e la risistemazione delle partnership bancarie, come Unicredit e Ubi, che sono state prolungate e rafforzate, senza trascurare l’importanza della rete degli agenti», osserva in manager. A fine aprile scorso Aviva Italia ha aumentato in particolare l’investimento nelle joint venture bancassicurative con Ubi, salendo dal 50 all’80%, e ha allungato la durata della partnership dal 2015 al 2020. Mentre nel caso di Unicredit è stato siglato un nuovo accordo di cinque anni. Manovre che per Aviva hanno comportato un esborso di 25 milioni di sterline e sono state al contempo la prova di come il gruppo sia pronto a investire ancora sull’Italia, oltre che sulle partnership bancarie che da tempo rappresentano una parte importante della strategia di Aviva in Italia. Nonostante le profonde riorganizzazioni che anche gli istituti di credito, alle prese con i riassetti delle loro filiali, stanno sperimentando in questo periodo. «Si tratta di riorganizzazioni che accomunano le banche di tutti i Paesi e sono dettate dall’evoluzione del mercato finanziario verso il digitale», dice McMillan, «ma in questo processo il nostro gruppo ha molta esperienza, considerando per esempio che nel Regno Unito il 70% delle vendite di polizze Auto viene avviato sul web, dove il cliente confronta le offerte, e di esse il 50% si conclude online, mentre il 20% restante si rivolge a un canale fisico per la firma conclusiva». Esperienza che Aviva è pronta a utilizzare anche in Italia, supportando le reti di vendita. «In Italia è partita la seconda fase di Aviva. Dopo la riorganizzazione il gruppo punta ora a migliorare la penetrazione e a crescere rispetto all’undicesima posizione occupata nel Paese», dice McMillan. «Ciò potrà avvenire anche tramite acquisizioni e Aviva Italia comincia ad avere risorse sufficienti per finanziare da sola lo sviluppo». In ogni caso l’importante sarà crescere in maniera profittevole. «È facile aumentare i premi assicurativi, più difficile è crescere con profitto e noi oggi guardiamo a questo secondo obiettivo», conclude McMillan. (riproduzione riservata)