di Andrea Montanari

 

Tutti chiedono rapidità e chiarezza di decisioni. Sia la politica locale, sia quei consiglieri che vogliono la testa del presidente della Fondazione Carige, l’imprenditore Flavio Repetto.

Perché dalle sorti dell’ente dipendono, direttamente e indirettamente, quelle della banca.

Così se ancora il numero uno della Fondazione, che ha il 46,66% dell’istituto di credito, non ha dato risposta alla richiesta di convocazione urgente del consiglio d’indirizzo per la decadenza dello stesso presidente, 14 dei 17 consigli firmatari della mozione chiedono la riunione decisiva in tempi brevissimi, al più tardi entro sabato 19. Questo perché per mercoledì 23 è fissato in calendario il consiglio d’amministrazione dell’ente, convocato da Repetto, per formulare le risposte da inoltrare al ministero dell’Economia che ha chiesto formalmente lumi sulla gestione patrimoniale e finanziaria, sul peso dell’unica partecipazione in portafoglio, quella nella banca, e sull’operazione di compravendita di diritti e obbligazioni con lo Ior costata oltre 100 milioni alle casse della Fondazione.

Tra l’altro, bisogna ricordare che il cda dell’ente è formalmente scaduto lo scorso 20 settembre e non è stata chiesta, così sostengono i consiglieri d’indirizzo anti-Repetto, la prorogatio.

Un atto obbligato ma che il presidente finora ha deciso di non fare, perché il board può proseguire nella gestione ordinaria. «Ma siamo sicuri che dare risposte al Tesoro sulla gestione della Fondazione sia un atto d’ordinaria amministrazione?», si domandano i consiglieri d’indirizzo. Dubbio che per il momento resta senza risposta e lascia con il fiato sospeso una città come Genova la cui vita economica, politica e sociale, ruota per la gran parte attorno alla banca e i cui poteri forti (Pd, Pdl e curia) da sempre determinano i programmi della Fondazione. Non per nulla, per ben 25 anni, l’ex presidente Giovanni Berneschi ha potuto governare tenendo sempre in equilibrio questa sorta di trilaterale del potere.

E che la classe politica non è disposta a stare lontana dal futuro dell’ente e dell’istituto di credito, che non è affatto nel mirino della maggioranza dei consiglieri che hanno chiesto la decadenza di Repetto, lo dimostra la chiamata alle armi promossa ieri dal presidente della Regione Liguria Claudio Burlando. «È in atto uno scontro violento che può avere come effetto la perdita della banca. Perciò facciamo appello ai consiglieri di indirizzo a valutare le conseguenze delle loro scelte per evitare di arrecare danni all’istituto che sta attraversando un momento delicato», ha dichiarato il governatore al termine della riunione con tutti gli enti e istituzionali locali e regionali. «Ammesso che ci siano sfumature nelle diverse posizioni, siamo tutti concordi nell’affermare che il momento scelto per questa azione non è dei più felici», ha proseguito Burlando. «La banca deve fare un aumento di capitale di 800 milioni e ne ha 100, non sa se riesce a vendere le assicurazioni e in tempi molto rapidi deve nominare un amministratore delegato, che vista la situazione potrebbe non essere molto invogliato. Per questo facciamo appello affinché le scelte dei consiglieri non arrechino danno». Gli ha fatto eco il sindaco di Genova, Marco Doria, per il quale «la stabilità di Carige è garantita anche dalla stabilità della Fondazione. Le due cose non sono facilmente separabili: qualunque elemento di instabilità dell’ente si riflette in una difficoltà per l’istituto. Ritenere che in Fondazione possa accadere di tutto e la banca ne sia immune è uno scenario assolutamente fuori dalla realtà».

Tra l’altro c’è chi fa notare che se il presidente Repetto dovesse dimettersi anche dalla carica di consigliere d’indirizzo, toccherebbe alla figura dell’arcivescovo metropolita della città, il potente presidente della Cei Angelo Bagnasco tracciare l’identikit sostituto. Un processo di non rapida definizione e che coinvolgerebbe la Chiesa ai suoi più alti livelli. (riproduzione riservata)