di Francesco Ninfole

I Paesi colpiti dalla crisi dell’Eurozona sono bloccati in una spirale negativa che riguarda non solo banche e Stati, ma anche le imprese. In Italia, Spagna e Portogallo il debito delle aziende, rispetto all’ebitda, è in media superiore a quello dei concorrenti in Francia e Germania (si veda tabella), che pagano anche interessi inferiori.

Lo ha evidenziato il Fmi nel capitolo del Global financial stability report (Gfsr) diffuso ieri. «Banche deboli hanno accentuato i problemi delle imprese deboli, e contemporaneamente le imprese deboli hanno aumentato le pressioni sulle banche deboli», ha sottolineato l’analisi Fmi. «Di conseguenza, i tassi di interesse sui prestiti alle imprese sono rimasti elevati». L’analisi del Fondo parte dal settore finanziario. Lo spread sovrano e il ridotto capitale degli istituti ha inciso sulla quantità e sul costo del credito per le aziende, soprattutto le pmi. «Se l’influenza negativa dello stress bancario e sovrano fosse rimosso, il tasso di interesse sui nuovi prestiti di piccole dimensioni sarebbe di circa l’1% inferiore in Italia e dell’1,6% in Spagna». Il Fmi ha aggiunto che «se i tassi sui prestiti scendessero sui livelli pre-crisi in termini di spread sui tassi swap a 7 anni, oggi sarebbero più bassi dell’1,5% in Italia e del 2% in Spagna». Insomma, le imprese di alcuni Paesi oggi pagano un conto salato, che ne riduce la competitività. Ma anche le aziende hanno punti deboli. In particolare, le pmi italiane e spagnole sono più indebitate di quelle francesi e tedesche. «Più di tre quarti del debito delle imprese in Spagna e in Portogallo e circa la metà di quello delle imprese in Italia è in capo a società che hanno un rapporto debito/attivo uguale o superiore al 40%», ha precisato il rapporto. Le imprese italiane hanno in media un debito pari a 3,5 volte l’ebitda, contro il multiplo di 2,5 di Germania e Francia, mentre Portogallo e Spagna sono rispettivamente a quota 6,1 e 5,5.

Sostenere un indebitamento più elevato, con interessi più alti a causa delle difficoltà degli Stati e delle banche, diventa così sempre più difficile. «Le pressioni sul debito, assieme al contesto economico debole, hanno causato un aumento delle sofferenze, che hanno peggiorato la qualità dei bilanci bancari. In risposta all’accresciuta rischiosità dei prestiti alle imprese, le banche hanno poi fatto salire i tassi di interesse, facendo ripartire di nuovo la spirale negativa», ha osservato il Fondo. Così le economie di alcuni Paesi si trovano in una condizione che peggiora nel tempo. Perlomeno fin quando il circolo vizioso non viene interrotto. «L’adozione di misure per ridurre la frammentazione finanziaria contribuirà a ridurre i tassi di interesse nelle economie stressate, ma non sarà sufficiente a risolvere l’eccesso di debito societario», ha rilevato il Fmi. «Pertanto è essenziale che gli sforzi per risanare le banche siano integrati da una strategia per affrontare il problema dell’eccesso di debito corporate».

Sulla base di queste considerazioni, gli stress test del Fmi hanno previsto l’impatto sulle banche di un mancato miglioramento delle condizioni economiche e finanziarie (uno scenario più avverso di quello stimato), nell’ipotesi di crediti non recuperati del 45%. In Italia le perdite delle banche legate all’esposizione verso aziende arriverebbero a 125 miliardi di euro nei prossimi due anni, 53 miliardi in più rispetto agli accantonamenti, che però sarebbero comunque pareggiate dagli utili operativi degli istituti. Nonostante ciò, il Fmi da tempo suggerisce agli istituti di aumentare riserve e capitale. Nello stesso stress test le banche spagnole perderebbero 104 miliardi di euro. (riproduzione riservata)