di Roberta Castellarin e Paola Valentini

La stagione dei dividendi 2014 si apre lunedì prossimo con l’anticipo della cedola relativa al bilancio in corso di Snam. Il gruppo staccherà un acconto di 10 centesimi per azione.

Considerando il saldo pagato a maggio scorso, pari a 15 centesimi, relativo all’utile 2012, Snamquest’anno ha un rendimento di circa il 7% (in base ai prezzi dei primi sei mesi del 2013). E la società ha confermato che il dividendo del 2013 sarà pari a quello relativo al 2012, ovvero 25 centesimi. D’altra parte «il settore a più alto rendimento si conferma quello delle utility che nel 2013 ha distribuito dividendi mediamente pari al 4,7% e per i quali, nel 2014, è prevista una crescita fino a circa il 5%», spiega Silvio Olivero, responsabile dell’ufficio studi di Cellino e Associati sim che, sulla base di dati di consensus dei dividendi che saranno distribuiti nel 2014 a valere sui bilanci 2013, ha analizzato i dividend yield (ovvero il rapporto tra dividendo atteso e prezzo attuale) delle blue chip del Ftse Mib di Piazza Affari e di un campione di società quotate italiane a media capitalizzazione.

E il titolo con il rendimento più elevato risulta non a caso l’utilityAscopiave con il 6,62% seguita proprio da Snam(6,47%) e daEni (6,22%). Ma la media è più bassa a causa delle banche che hanno stretto i cordoni della borsa. «Escludendo Impregiloe Sias che hanno distribuito un dividendo straordinario, i titoli del campione, nel corso del 2013, hanno staccato cedole che hanno offerto uno yield, calcolato in relazione all’attuale prezzo di borsa, del 2,6%. Sulla base delle previsioni degli analisti, gli stessi titoli nel 2014 dovrebbero offrire un rendimento del 2,7%. Una crescita così contenuta delle cedole è dovuta soprattutto al modesto incremento della distribuzione di utili da parte delle banche, ancora impegnate nel processo di rafforzamento patrimoniale imposto dalle autorità di vigilanza: il rendimento medio dei titoli bancari, infatti, passerà dall’1,2 all’1,6%», spiega Olivero.

 

Senza dimenticare che anche «l’azzeramento della cedola da parte di Saipem, una delle società tradizionalmente più generose, contribuisce a mantenere stazionario lo yield dei titoli del campione», aggiunge Olivero.

Ma qualche azienda, con ogni probabilità, tornerà a remunerare i soci lasciati a secco quest’anno. «Sono sei le società che, partendo da una distribuzione nulla nel 2013, offriranno una cedola ai propri soci nel corso del prossimo anno.

Stando alle previsioni degli analisti, infatti, torneranno a incassare cedola gli azionisti di Fondiaria Sai, Banca popolare dell’Emilia Romagna, Banca popolare di Milano,Banco Popolare, Gas Plus e Gemina», prosegue Olivero. E alcune società dovrebbero aumentare la cedola: «Saranno Generali, il cui dividendo raddoppierà, eParmalat, con una distribuzione di quasi quattro volte quella precedente,» sottolinea Olivero.

Discorso a parte meritano poi le scommesse sui dividendi straordinari. In alcuni casi sono già stati annunciati, in altri si tratta solo di una speranza da parte degli azionisti. È il caso di Ima: il cda, considerando il significativo miglioramento della posizione finanziaria del gruppo al 30 giugno scorso, ha deciso di proporre all’assemblea la distribuzione di un dividendo straordinario di 1,25 euro.

Diverso è il caso di Cir: gli analisti si aspettano che possa erogare un premio agli azionisti dopo i 494 milioni ottenuti da Fininvest come risarcimento per la vicenda del Lodo Mondadori. Ad esempio Mediobanca securities ipotizza il pagamento di un importo straordinario fino al 50% dell’ammontare, che significherebbe un rendimento del 16% ai prezzi attuali. Mentre Marco Polo Holding, l’azionista di maggioranza relativa di Save (la società che gestisce gli aeroporti di Venezia e Treviso) ha chiesto la convocazione dell’assemblea ordinaria, per discutere e deliberare sulla «distribuzione straordinaria di riserve disponibili». Marco Polo Holding, in particolare, propone la distribuzione straordinaria di riserve disponibili per un circa 100 milioni.

 

Ma quali sono le azioni che meritano un buy dai gestori? «Ci concentriamo su aziende che operano in settori come quello industriale, dell’energia e dei beni di consumo, dove i dividendi sono ben coperti, come ad esempio Eni, Gtech e Pirelli», dice Luca Bottiglione, gestore di Nemesis. Gli fa eco Gabriele Zaninetti, responsabile degli investimenti di JP Morgan private bank: «Il tema delle azioni ad alto dividendo è stato ampiamente cavalcato negli ultimi due anni e lo manteniamo come tema strategico, ma da un punto di vista della tattica preferiamo i settori ciclici». Ma quali sono le ragioni? «Se si analizza storicamente la performance dell’investimento azionario si scopre che la componente dividendi è sempre stata importante. Per esempio dagli anni 70 al 2011 la componente dividendo è stata del 2,2% medio annuo, mentre la componente di capital gain è stata del 6,1%», risponde Zaninetti che sottolinea come negli ultimi due anni il ruolo dei dividendi sia stato ancora più rilevante. Non solo. Proprio le azioni ad alto dividendo possono aiutare gli investitori come ponte dai bond all’equity. «Dopo 30 anni di discesa dei tassi, oggi la parte obbligazionaria perde appeal e le azioni ad alto dividendo possono rappresentare un buono strumento per avvicinarsi alle borse perché offrono un flusso cedolare come i bond», dice Zaninetti. D’altro canto, però, proprio il rialzo dei rendimenti offerti dai bond rende un po’ meno appetibili le cedole; da qui la scelta di non considerare i titoli ad alto dividend yield come una componente tattica del portafoglio. Zaninetti riflette sul fatto che il tasso di crescita dei dividendi è stato diverso a seconda delle aree geografiche: negli ultimi dieci anni negli Stati Uniti il tasso di crescita è stato del 5,5%, nel mercato globale dell’8,7% e nei Paesi emergenti del 14%. «È quindi molto importante diversificare anche su alcune aree emergenti dove il tasso di crescita è più sostenuto», dice Zaninetti. Che ricorda quanto sia importante privilegiare le società generose nel dare i dividendi, ma mantenendo un basso payout.

 

Uno studio che analizza il rendimento di un paniere di azioni ad alto dividendo su un arco di 25 anni partendo dal 1990 ha rivelato che il paniere avrebbe dato la stessa performance dell’indice, ossia il 200%. Ma se, invece, nel paniere si inseriscono le azioni con alto dividendo e basso payout la performance sale al 300%. «Un’ulteriore dimostrazione che non bastano i dividendi alti, ma bisogna cercare società solide che restituiscano una crescita dei dividendi in linea con la crescita degli utili», dice Zaninetti. E avverte Gabriele Roghi, responsabile della consulenza agli investimenti di Invest Banca: «È fondamentale capire la stabilità e la sostenibilità di un flusso cedolare atteso. Quindi è giusto guardare ai dividendi ma più che con il fai da te è consigliabile farlo attraverso fondi o Etf che utilizzano metodi flessibili ed elaborate per scegliere i titoli da inserire in portafoglio in modo da evitare sorprese». Passando, poi ai singoli titoli Zaninetti guarda con interesse a Saint Gobain e Carrefour che potrebbero trarre beneficio da una ripresa dei consumi in Europa. In Italia un nome è Atlantia che potrebbe riservare sorprese positive nella prossima trimestrale. Un altro nome è la francese Vinci che da anni garantisce una crescita del dividendo in linea con quella dell’utile. (riproduzione riservata)