di Antonio Satta
Occhio ad approvare con il disegno di legge di Stabilità la Tobin tax. Il rischio serio è di vedere migrare i capitali verso altre piazze (Londra per esempio) dove la transazioni finanziarie continueranno ad essere esentasse. Parola di Giuseppe Vegas, presidente della Consob, che per la verità non ha usato frasi così nette, ma il senso del discorso pronunciato ieri a Pisa, in occasione del simposio per il 202° anniversario della fondazione della Scuola Normale Superiore, appare molto chiaro. Vegas parte dalla constatazione che il quadro regolamentare europeo nel sistema finanziario e creditizio va verso un «livellamento del campo di gioco (level playing field)», ma legislatori e autorità «hanno il dovere di evitare che l’innovazione, nonostante aspetti positivi, si trasformi in un meccanismo che mette a repentaglio i risparmi delle famiglie e rende complessa l’individuazione delle possibili ricadute sistemiche». In quest’ottica sarà quindi bene proseguire sulla linea adottata a livello europeo, per limitare gli effetti negativi che possono determinare strumenti finanziari come Credit default swap (Cds), High frequency trading (Hft), Exchange traded funds (Etf). Bisogna però ricordare che «la decisione di proibire alcune tipologie di pratiche commerciali, ovvero di vietare o restringere la distribuzione di prodotti finanziari ritenuti nocivi, non neutralizza tuttavia tutti i rischi che emergono in un mercato finanziario strettamente interconnesso a livello mondiale». Non si può, insomma, andare avanti da soli, e già il fatto che solo 11 dei 27 stati dell’Ue abbiano avviato la procedura di cooperazione rafforzata per tassare le rendite finanziarie, dimostra «quanto si sia ancora lontani dal raggiungimento di un accordo su alcune fondamentali norme anche all’interno di un novero ristretto di Paesi». In questo quadro, per esempio, va benissimo costituire l’Unione bancaria, proprio per favorire «la creazione di un comune level playing field per le banche europee», ma anche questa importante novità non sarà di per sé risolutiva, visto che «non potrà prescindere da una piena integrazione delle politiche fiscali ». E qui arriva il passaggio cruciale del ragionamento di Vegas, che aggiunge significativamente: «l’illusione, nutrita da molti, che il risparmio si possa tutelare semplicemente dotandosi di regole le più rigorose possibili, scritte sulla carta, è spesso in contrasto con il fatto che l’apertura globale dei mercati e la disomogeneità delle prassi di vigilanza possono vanificare del tutto l’efficacia delle regole e, di conseguenza, determinare la fuga del risparmio verso piazze finanziarie più “amichevoli”». La conclusione di Vegas, dunque, è che «qualora ciò si avverasse, verrebbe meno l’oggetto della nostra tutela, cioè il risparmio. La difficoltà delle scelte cui sono chiamati legislatori e regolatori consiste, oggi, proprio in questo. Nel trovare una posizione di “ottimo” tra tutela del risparmiatore e attrazione del risparmio e, contemporaneamente, nel garantire un consistente flusso di formazione del risparmio stesso. È da qui che occorre partire, dalla capacità del sistema di creare benessere e, quindi, di formare risparmio». (riproduzione riservata)