Walter Galbiati
Milano Non amano la pubblicità. Per loro, la riservatezza è più che un comandamento. Ma sembra che di questi tempi in cui la fiducia nei mercati e nelle istituzioni finanziarie siano ai minimi storici stiano diventando più che una moda, una necessità per preservare i propri capitali. E con il loro proliferare, si torna a parlare di family office, piccole società di investimento in grado di soddisfare le richieste delle famiglie dei paperoni. Un modello di business vincente, che ha stimolato anche un big bancario del calibro di Unicredit a buttarsi nei servizi per il settore in cui sono solite operare le piccole boutique finanziarie. Dalla riorganizzazione delle attività della banca, è nata Cordusio sim advisory & family office, dal nome della piazza in cui si trova la sede storica dell’istituto, e i servizi sono iniziati questa estate. La mossa ha seguito quella dei concorrenti d’Oltralpe. Anche Société Générale ha deciso di creare una nuova divisione al servizio delle holding imprenditoriali familiari e dei family office, che coordini in maniera più mirata quanto già il gruppo offre con le attività di private banking. L’espansione del settore trova una giustificazione non solo nella volontà delle famiglie di tenere meglio sotto controllo le proprie ricchezze, ma anche dalle capacità dei business familiari di resistere meglio alla crisi. Molti studi empirici condotti negli Stati Uniti e in Europa, dimostrano che le aziende familiari in realtà tendono a sovraperformare nettamente il mercato. Anderson & Reeb, nel loro studio del 2003 autorevole in questa materia, hanno evidenziato che negli Stati Uniti le aziende familiari hanno un rendimento delle attività che supera del 6,5% la media, con risultati nettamente migliori in termini di crescita dei ricavi e degli utili, e di redditività totale per gli azionisti («Total Shareholder Return»). Secondo uno report di Syz & Co, i migliori risultati ottenuti dalle aziende familiari derivano in particolare dal fatto che il management può operare in un’ottica temporale più lunga, la quale consente loro di realizzare investimenti importanti anche se, a breve termine, il loro impatto sulla redditività è negativo. Le società familiari hanno bilanci più solidi e la loro contabilità è gestita con criteri prudenziali. E proprio dalle attività imprenditoriali delle famiglie, si genera, basandosi sugli stessi criteri, il business dei family office. I modelli sono vari. La società di consulenza Cambridge, specializzata in servizi di private banking, ne ha ricostruiti diversi, passando in rassegna una quarantina di family office che insieme possiedono una ricchezza globale di 31 miliardi di dollari di asset. Sono per lo più americani, ma alcuni di questi hanno sede a Ginevra, Londra, Vaduz e Zurigo. La maggior parte sono identificati come family office “tradizionali o maturi”, altri si presentano come family office “virtuali”. Le altre cinque categorie sono un po’ meno rappresentate. I family office “maturi” sono il 46% del campione. Operano da oltre dieci anni e in genere collocano i propri investimenti in hedge fund o in operazioni di private equity e di venture capital. Sono costituiti al di fuori della famiglia, hanno diversi uffici, spesso in diversi Paesi. Gestiscono molti servizi da sé, ma utilizzano una consulenza esterna per investimenti, affari legali e tributari. I “virtuali” sono il 21% del campione: hanno come impiegate una o due persone, sono molto focalizzati sulla strategia di investimento e sulla gestione come nelle altre attività che fanno capo alla famiglia. Hanno una forte propensione all’outsourcing, anche nei servizi immobiliari, bancari e di contabilità finanziaria, ma tengono a definire indipendentemente la strategia del portafoglio di investimenti, cosi come per le altre voci economiche rilevanti per la famiglia. Lo stesso discorso vale per le scelte nel private e nel venture capital. Il 13% dei Family office, invece, presenta una quota rilevante nel business originario della famiglia o comunque sono concentrati nell’azionariato delle holding. Gli asset sono investiti quasi esclusivamente con una strategia di lungo termine. I Family office di “recente formazione” sono circa il 10%. Sono in genere legati alle famiglie che hanno da poco avuto fortune finanziarie e la maggior parte del personale è esterno al nucleo familiare. Tendenzialmente si orientano agli investimenti con un’ottica di lungo periodo e sono molto impegnati a gestire la liquidità, cercando di differenziare l’asset allocation. Lo staff è nuovo ed è composto da professionisti, ma con poca esperienza nei family office. I Family office che non hanno una focalizzazione sugli investimenti sono circa l’8%. Si occupano soprattutto dei servizi alle famiglie, delle fondazioni e delle attività filantropiche, così come degli investimenti e degli aspetti bancari. Il personale è ridotto e in genere vi lavora da molti anni. Le funzioni più semplici sono seguite internamente, i professionisti esterni si occupano del resto.