Paolo Possamai
Giovanni Perissinotto dall’aprile scorso, dopo la traumatica detronizzazione da capo delle Generali, passa un bel po’ del suo tempo nello studio di casa, lungo la riviera di Barcola, alle porte di Trieste, e viaggia tra Londra, New York, Milano, Venezia. Valuta le proposte che gli arrivano da fondi di investimento e finanziarie varie. Ma una chiamata l’ha colta nei giorni scorsi: alla richiesta del sindaco triestino Roberto Cosolini (Pd) di entrare nel consiglio di amministrazione di Hera, ha risposto come Garibaldi a Teano. “Trieste è una città nobile, che ha dato molto al Paese. Bisogna impegnarsi contro la sua marginalizzazione. La mia è soltanto una scelta dettata da spirito civico” ha detto al Piccolo l’ex amministratore delegato della compagnia del Leone. La storia è interessante, perché dimostra che non è obbligatorio – nemmeno nelle ex municipalizzate – che le nomine siano sempre targate e di norma inclini alla celebre massima: “Mona, purché mio”. Alla fusione tra la triestina Acegas-Aps e l’emiliana Hera, che darà vita dal primo gennaio prossimo alla seconda multiutility italiana, nel comitato esecutivo si ritroveranno dunque Tommaso Tomasi di Vignano (da capo-azienda) e appunto Perissinotto, che già avevano condiviso tra l’altro il board di Telecom una decina d’anni fa.