Fatta la riorganizzazione interna, ora l’attesa del mercato è tutta per il piano industriale preannunciato dal neo ad Mario Greco (succeduto a Giovanni Perissinotto la scorsa estate) già al suo insediamento. Il business plan dovrebbe centrare l’obiettivo di ritornare alla leadership tramite la razionalizzazione degli asset non core e la focalizzazione sui mercati a più alto potenziale di crescita, Italia compresa. Inizialmente le attese erano per l’autunno, ma ogni decisione pare ormai slittata a gennaio. Con la trimestrale dell’8 novembre, fanno sapere da Trieste, sarà svelata solo la data in cui il cda presenterà le linee strategiche che saranno portate avanti nei sucessivi tre anni. Sempre che ovviamente qualcosa non cambi prima: con l’approvazione del bilancio 2012, a fine aprile, scadrà infatti l’intero consiglio di amministrazione. E il recente fermento di salotti e salottini di Piazza Affari potrebbe far pensare a qualche movimento dei pesi e degli equilibri anche nella cassaforte friulana.
Nel frattempo il primo passo nella nuova direzione è già stato dato con la decisione della scorsa settimana di lasciare un uomo solo, appunto Greco, al comando. D’ora in poi tutti i top manager del Leone riporteranno solo a lui, incluso l’ex co amministratore Sergio Balbinot, ora chief insurance officer. A neppure tre mesi dalla nomina, quindi, Greco ha già posto la parola fine al dualismo con un struttura semplificata che passa da una suddivisione geografica a una funzionale. Inoltre, anche se il nuovo group management committee composto dai dieci top della compagnia si riunirà settimanalmente, Greco sarà l’unico manager a sedere nel cda del Leone. Balbinot alla luce del nuovo ruolo, assegnerà infatti le dimissioni dal cda con l’approvazione della trimestrale. Senza considerare poi che gli interim di chief investment officer e chief operating officer assunti da Greco (gli analisti si attendono le nomine entro fine anno) sottolineano una volta in più il suo ruolo di vertice.
Ma l’attenzione è evidentemente puntata sull’appuntamento con il piano industriale. Uno dei temi che, secondo le attese, dovrebbe essere all’ordine del giorno è la ristrutturazione sul mercato italiano, dove le tante compagnie del gruppo potrebbero condividere l’attività di back office. Non sono invece previste fusioni integrali tra le singole compagnie con la perdita dei marchi e della loro entità visto che Greco, dieci anni fa ai tempi di Allianz, era contrario all’integrazione tra Ras, Lloyd Adriatico e Subalpina.
Un altro tema sono le dismissioni e le relative indiscrezioni, come quelle sulla ticinese Bsi, secondo cui valori chiesti da Generali sarebbero decisamente superiori rispetto alle più recenti operazioni nel settore, come l’acquisizione del wealth management non americano di Bofa Merrill Lynch da parte di Julius Baer. Per la compagnia svizzera, per la cui valorizzazione è stato dato mandato a JP Morgan, si parla di una stima di 2 miliardi di euro (2,2-2,4 miliardi di franchi svizzeri). E in effetti per Bsi si era parlato di un interesse proprio di Julius Baer, che tuttavia avrebbe messo sul piatto l’1% delle masse gestite, ovvero circa un miliardo di franchi. Gli ultimi rumors di mercato vedrebbero invece una pista asiatica nel futuro di Bsi: c’è chi parla di un non meglio precisato istituto cinese e chi invece vuole tra gli interessati le due banche giapponesi, Sumitomo e Mitsubishi Bank. In via di finalizzazione anche la vendita del 69,13% nella israeliana Migdal, dopo che il compratore, secondo la stampa locale, ha chiesto la revisione al ribasso del prezzo inizialmente fissato a 835 milioni di euro. A settembre il prezzo è stato rinegoziato al ribasso a 705 milioni di euro con una clausola compromissoria : se Eliahu Insurance Company non concluderà la transazione entro la fine di ottobre, dovrà pagare una penale di 125 milioni di euro. Gli asset Usa del Leone, Generali Usa Life Reinsurance attiva nel settore vita, sono ritenuti invece più attraenti e potrebbe fruttare alle Generali tra 800 milioni e un miliardo di dollari. Tra gli interessati, secondo le indiscrezioni di mercato, ci sarebbero Berkshire Hathaway (la holding finanziaria di Warren Buffett che già controlla General Re). Complessivamente le cessioni dovrebbero riuscire a evitare l’incubo di una ricapitalizzazione che da tempo aleggia sul Leone. Fino a qualche tempo fa si parlava di una cifra intorno a 5 miliardi per mettere in sicurezza il Leone che a fine luglio aveva un margine di solvibilità del 133% contro il 120% consigliato dall’Isvap. Il tempo stringe: nel 2014 scadrà infatti la put di Petr Kellner, che siede nel cda di Generali, che controlla il 49% nella joint venture assicurativa Generali Ppf, per cui si parla di una valutazione tra 2,5 e 3 miliardi.