Le forti perdite sui listini hanno scoraggiato le famiglie italiane, i cui risparmi sono fuggitiverso altri prodotti. Le quotazioni dei titoli sono così precipitate, anche sotto il valore del patrimonio, con conseguenze negative per le imprese. Il progetto lanciato ieri punta ariavvicinare alla borsa gli investitori scottati. Panerai: è ora di ricollegare il mondo della finanza con quello dell’economia reale. Jerusalmi: dare più spazio a fondi pensionee alle pmi. Tra le proposte, quella di rivedere la comunicazione con i risparmiatori 

di Oscar Bodini e Francesco Ninfole

Un’iniziativa per rilanciare il ruolo del mercato azionario di Piazza Affari come canale di finanziamento per le imprese e come investimento per i privati. Class Editori, in collaborazione con Borsa Italiana, ha presentato ieri a Palazzo Mezzanotte a Milano La borsa c’è, un progetto per favorire il ritorno della fiducia sul listino milanese, dove sono quotati i gioielli dell’industria italiana. «È necessario ricollegare il mondo finanziario con quello dell’economia reale», ha spiegato Paolo Panerai, editore diClass Editori (gruppo che controlla questo giornale). «Non è un’operazione semplice, perché occorre innescare un movimento profondo, come quello che si è generato ai tempi delle privatizzazioni: in quell’occasione, riuscendo a mobilitare sistema bancario e interessi degli intermediari, si riuscì a convincere gli italiani a destinare i loro risparmi verso l’investimento azionario».

L’iniziativa parte dalla constatazione che le forti oscillazioni dei mercati hanno avuto conseguenze significative sull’atteggiamento degli italiani.

La percentuale di azioni possedute dalle famiglie è al minimo storico: una ragione per dare una scossa al sistema, anche cambiando il modo di comunicare verso gli investitori privati, che negli anni si sono dimostrati investitori di lungo periodo e che ora però sono disorientati, dopo le recenti scottature.

Numeri alla mano, la progressiva disaffezione dei piccoli risparmiatori nei confronti della borsa è evidente: il peso delle azioni sul totale delle attività finanziarie detenute dalle famiglie italiane è franato a un misero 2%.

Il numero delle famiglie italiane che detengono direttamente azioni è sceso dal 18% del 2000 al 7% di gennaio: oggi si attesta attorno al 4%. A ciò si aggiungono deflussi da inizio anno per 15 miliardi di euro dal sistema fondi. «L’obiettivo è muovere le acque per riuscire a far riemergere il valore sociale ed economico degli investimenti», ha proseguito Panerai. «Un concetto che nella testa degli italiani non c’è più».

Sulla medesima lunghezza d’onda anche l’amministratore delegato di Borsa Italiana, Raffaele Jerusalmi, che ha evidenziato: «Nonostante la perdita di valore delle società italiane quotate in borsa sia proseguita anche negli ultimi tre mesi, il trend è iniziato molto tempo fa, nel maggio del 2007, quando l’indice Ftse Mib valeva tra 43 mila e 44 mila, mentre oggi il suo valore è sceso a 15 mila punti». Un andamento che ha portato la capitalizzazione di Piazza Affari a ridursi a 335 miliardi, vale a dire circa un quinto del pil nazionale: per acquistare tutte le società quotate basterebbe il patrimonio degli 800 uomini cinesi più ricchi.

Il simbolo di questa flessione è il settore bancario, il cui valore di borsa complessivo (57 miliardi) è inferiore a quello che avevano singolarmente Intesa Sanpaolo o Unicredit prima dell’esplosione della crisi nel giugno 2007.

Gli analisti hanno rilevato che una caduta dei prezzi così rilevante ha generato squilibri nelle valutazioni: il rapporto prezzo/utile si attesta oggi attorno a 9,4, dopo essere stato a 12 in media negli ultimi 5 anni e su livelli ancora più elevati negli anni precedenti. Ma soprattutto è indicativo il fatto che quasi tutte le società del paniere principale Ftse Mib abbiano un prezzo di mercato inferiore al patrimonio, con alcuni gruppi (specialmente quelli finanziari) su livelli al di sotto della metà del valore di libro. Le cifre perciò suggeriscono che, assieme alle ragioni economiche, ci sono anche fattori di natura psicologica a frenare gli investimenti in borsa. Per lo stesso motivo, nelle ultime settimane le imprese hanno accelerato gli acquisti di azioni proprie e i manager hanno aumentato le operazioni di internal dealing. Ma la fiducia dei dirigenti nelle aziende che guidano non è stata al momento seguita da quella degli investitori.

Che fare dunque, per sottrarsi alle secche dei mercati? Naturalmente una parte rilevante delle flessioni sui listini dipende dai problemi dell’Eurozona, che possono essere risolti solo in ambito europeo. Tuttavia ci sono alcuni segnali che possono essere inviati subito agli investitori. Nelle prossime settimane, hanno ricordato i promotori di La borsa c’è, verranno avviate alcune iniziative per cercare di riavvicinare i piccoli risparmiatori alle tematiche dell’investimento, mettendo nella giusta luce le insidie dello scenario congiunturale, così come l’infondatezza di alcuni timori. Il 27 e il 28 ottobre, Borsa Italiana ha organizzato Trading Online Expo, mentre il 17 novembre si terrà a Milano un Forum sulla Consulenza Finanziaria, organizzato da MF-Milano Finanza, Progetica e Uni. «Pensiamo anche all’opportunità di portare in Italia un Salone delle quotate, sulla scia dell’analoga iniziativa francese», ha sottolineato Jerusalmi.

Panerai ha inoltre proposto un’iniziativa semplice, che potrebbe essere attuata in tempi brevi e contribuire a riavvicinare al mondo della borsa la vasta platea di investitori scottati. «Sarebbe utile introdurre la cerimonia della campanella come quella che negli Usa sancisce l’apertura e la chiusura di ogni seduta borsistica. In questo modo ci sarebbe la possibilità di far entrare nei telegiornali e nelle televisioni un’immagine concreta della borsa, con personaggi in carne e ossa, che sostituiscano grafici impersonali e mettano in evidenza le storie aziendali», ha concluso il patron diClass Editori. Inoltre, c’è anche da segnalare Dietro il titolo, un format di comunicazione multimediale che propone di descrivere la vita delle società, senza focalizzarsi soltanto sull’ultima trimestrale, ma con l’obiettivo di più ampio respiro di raccontare gli obiettivi e i piani dei gruppi quotati: informazioni dunque rilevanti per chi vuole essere investitore a lungo termine. Qualcosa dovrà cambiare anche sul fronte degli operatori: Jerusalmi in particolare si è soffermato sull’importanza di una partecipazione più estesa dei fondi pensione e di altri investitori interessati anche al bacino delle piccole e medie imprese: «Borsa Italiana sta lavorando per ridisegnare i mercati dei capitali per le pmi, creare un significativo miglioramento in questo ambito e poi eventualmente accedere a qualche forma incentivi», ha aggiunto. «Il piano verrà presto presentato alla Consob». Inoltre nella discussione a Palazzo Mezzanotte è stato sottolineato che alcune decisioni dei regolatori per rendere più stabili i mercati, come quelle proposte dal Financial Stability Board guidato da Mario Draghi riguardo alla limitazione nell’uso dei rating, potranno ridurre la volatilità dei listini e favorire il ritorno di alcuni soggetti delusi dalle recenti perdite. Infine, per favorire l’immagine della borsa, è arrivata dal pubblico in sala la proposta di rafforzare la campagna per togliere da Piazza Affari il discusso Dito di Cattelan.

 

Sebbene lo scenario resti difficile, Jerusalmi ha sottolineato che Piazza Affari ha una solida base da cui partire. Il panorama non è stato del tutto nero, neppure negli anni della crisi. A fronte di un calo dei prezzi marcato, si sono moltiplicati gli impegni per promuovere il listino italiano anche oltre confine, come testimonia per esempio il fatto che oggi «il 96% degli investitori istituzionali che investono nelle società del Ftse Mib è internazionale», ha sottolineato il numero uno di Borsa Italiana. Jerusalmi ha ricordato anche il successo della quotazione di Ferragamo, che ha fatto meglio del 35% rispetto a Prada, altro gruppo del comparto moda che ha deciso di quotarsi a Hong Kong. Un altro elemento positivo, secondo quanto sottolineato dal manager, è anche la quota di mercato conservata sugli scambi di titoli italiani (83%), rispetto a quanto accade sul listino francese e tedesco (attorno al 70%) o in quello inglese (60%): i limitati flussi negoziati nelle piattaforme alternative, per Jerusalmi, consentono una maggiore liquidità e concentrazione delle negoziazioni sul listino milanese. L’ad di Borsa Italiana ha anche rivendicato l’aumento dei clienti e dei risultati economici dopo l’aggregazione con il London Stock Exchange nel 2007. Sono tutti segnali di vitalità per Piazza Affari, ma resta da affrontare il problema spinoso di aziende che oggi quotano a forte sconto. Una flessione dei valori di mercato, se prolungata nel tempo, può dar luogo a conseguenze negative non solo per i possessori dei titoli ma per tutto il sistema (si veda anche box in pagina): tra questi effetti, ci sono ad esempio la contendibilità delle aziende, la caduta della reputazione delle aziende agli occhi di fornitori e clienti, la difficoltà a emettere nuove azioni sul mercato (il che genera difficoltà a effettuare investimenti) e ad attuare sistemi di incentivazione per i manager. Ecco perché è più che mai necessario invertire rotta e ridare a Piazza Affari il ruolo che le spetta all’interno dell’economia italiana. (riproduzione riservata)