In Europa c’è una forte discriminazione ai piani alti delle aziende, sia per quanto riguarda la presenza di quote rosa, che la diversa nazionalità del top management aziendale. E in Italia?
Uno studio condotto in Italia dalla società di consulenza Simon-Kucher & Partners, svolto sulle 40 imprese quotate sul FTSE MIB, rivela che, nel 2011, vi sono state solo 23 donne su un totale di 517 tra presidenti, amministratori e membri dei cda, ossia solo il 4,5%. Una donna fa parte del comitato direttivo in meno della metà delle aziende. Esempi positivi sono Pirelli e Fondiaria, che vantano di 3 donne ai piani alti. Gli stranieri invece rappresentano il 12%.
Guardando ad altri paesi europei, si vede che la quota degli stranieri è spesso più alta di quella delle donne: in Germania la presenza femminile è pari a 3,7%, gli stranieri rappresentano invece il 28% (DAX 30). In Spagna, la quota femminile è dell’11%, quella degli stranieri è del 15% (IBEX 35). Secondo lo studio ‘Women On Boards 2011’, invece, nelle aziende quotate in borsa in Inghilterra lavorano il 14,2% di donne (FTSE 100).
“I 64 stranieri, presenti nel bacino dei 517 top manager delle principali aziende italiane, provengono da 20 delle 40 aziende quotate”, sintetizza Danilo Zatta, Senior Director in Simon-Kucher & Partners. “Per prepararsi al meglio alla globalizzazione in forte crescita ed essere pronti a cogliere opportunità di mercato nei paesi emergenti, i grandi gruppi italiani devono aprirsi maggiormente ed accogliere gli stranieri nel loro management team. Tuttavia, le aziende italiane che promuovono la diversità di nazionalità o di genere sono poche e/o spinte esclusivamente dalla necessità di allinearsi a normative del lavoro”, afferma Zatta. In effetti, la metà di queste aziende è popolata da top executives interamente italiani, si vedano, ad esempio, il caso di Autogrill, Banca Popolare, Fondiaria, Impregilo o Pirelli. In altri casi, invece, gli stranieri presidiano diverse posizioni come in Fiat, Prysmian o Unicredit, dove il presidente del CdA è tedesco, il vice presidente è libico e ben sei amministratori sono di diverse nazionalità, ossia due austriaci, due tedeschi, un inglese e uno spagnolo.
Nonostante vi siano 18 nazionalità, nelle aziende FTSE MIB il 51% dei top manager stranieri proviene da tre paesi: dalla Francia (14), dalla Germania (12) e dagli USA (7). La maggior parte dei manager, ossia 45, provengono da nazioni europee, mentre coloro che provengono dal resto del mondo sono solamente 19.
“La sfida è questa: il top management in Italia è maschile e poco internazionale. D’altra parte, però, c’è il mercato, che registra per i fatturati delle aziende italiane un forte incremento al di fuori dell’Europa, con una crescente capacità d’acquisto femminile. In definitiva, per poter affrontare con successo le sfide competitive globali, le aziende italiane devono disporre, anche a livello dirigenziale, di un team manageriale variegato”, conclude Zatta.