Crescono gli italiani “formica”, che accumulano ricchezza, rispetto a quelli “cicala”, che preferiscono spendere senza preoccuparsi del futuro. E’ questa la fotografia scattata dall’indagine ‘Gli italiani e il risparmio’, realizzata da Acri e Ipsos e presentata in occasione della 87a giornata mondiale del risparmio.
Nel dettaglio, gli italiani continuano ad avere una forte propensione al risparmio: il 44% non riesce proprio a vivere tranquillo senza mettere da parte qualcosa (era il 41% nel 2010), mentre un altro 44% (era il 46%) risparmia se ciò non comporta troppe rinunce. Diminuisce lievemente il numero di chi preferisce spendersi tutto senza preoccuparsi del futuro (sono il 10% contro l’11% del 2010).
Chi è riuscito a risparmiare si trova soprattutto nel Nord del Paese (43%), dove le percentuali si discostano in misura trascurabile dai valori dello scorso anno. Sono, invece, sempre più in affanno i risparmiatori del Sud (risparmia il 25% delle famiglie, 5 punti percentuali in meno rispetto allo scorso anno). Nel Centro e’ un po’ aumentato il numero di coloro che sono riusciti effettivamente a risparmiare (il 36% nel 2011 contro il 32% nel 2010), ma c’è un’attesa negativa sul 2012: la percentuale di coloro che pensano di risparmiare meno l’anno successivo è passata dal 29% del 2010 al 45%. Coloro che sono in una situazione di equilibrio, ossia non riescono ad accumulare risparmio ma nemmeno devono decumulare o ricorrere a prestiti, sono all’incirca il 35% degli Italiani, dato coerente con il 37% del 2010 (senza particolari accentuazioni tra aree geografiche).
Sulla volontà di risparmiare convergono vari elementi: il desiderio di ricostruire le proprie scorte di risparmio per dare maggiore sicurezza all’avvenire (ciò vale soprattutto per quelle famiglie che sono state costrette a ridurre lo stock di risparmio accumulato nel passato o che si sono indebitate); il timore per l’incertezza sul futuro economico personale e del Paese, insieme alle preoccupazioni circa il proprio reddito dopo la pensione.
Per quanto riguarda il futuro, il 42% gli italiani teme di non riuscire a risparmiare nel 2012 come in passato (36% nel 2010) e solo il 13% spera di risparmiare di più: “il dato più basso mai registrato al riguardo da questa indagine” (nel 2010 era il 15%, nel 2009 il 19%).
Si registra, dunque, un peggioramento generale della reale capacità di essere risparmiatori: oltre al calo significativo di chi è in una prospettiva positiva circa l’accumulo di risparmio (poco più di una famiglia su 5) diminuiscono gli italiani che in termini di risparmio “galleggiano”, aumentano le famiglie “in discesa” e in crisi e, soprattutto, si innalza il numero di chi vede una seria difficoltà a risparmiare in futuro (crescono dal 32% del 2010 al 37% del 2011).
La difficoltà di risparmio sembra colpire maggiormente nel pieno dell’età lavorativa, fra i 31 e i 64 anni; inoltre nel Nord Est si registra una forte concentrazione di italiani che galleggiano o sono in discesa.
Gli italiani preferiscono puntare i proprio risparmi su titoli di Stato, grazie all’aumento dei rendimenti, che sul “mattone”, anche se resta l’investimento preferito. Nel 2011, in controtendenza rispetto al 2010, aumenta dal 21% al 24%, la percentuale di italiani che preferisce investire una piccola parte dei propri risparmi a discapito di chi li tiene a casa o sul conto corrente (scendono dal 68% al 64%). La causa potrebbe essere individuata nell’aumento dei rendimenti dei titoli di stato e delle obbligazioni, ma anche nella ripresa dell’inflazione.
Il “mattone” resta l’investimento “preferito” dagli italiani, ma la percentuale di chi lo sceglie crolla di oltre dieci punti percentuali in un solo anno (dal 54% al 43%), tornando sui livelli del 2001. Il decremento è più evidente nel Nord Est e nel Centro, dopo che nel 2010 c’era stato un calo significativo nel Nord Ovest, che oggi si mostra più stabile. Tra coloro che hanno effettivamente risparmiato nel 2011, e che quindi esprimono un giudizio molto prossimo alle effettive intenzioni, il crollo delle preferenze per gli immobiliari è ancora più evidente: dal 58% al 41%, a tutto vantaggio di investimenti considerati più sicuri (titoli di stato e obbligazioni). Gli strumenti finanziari più speculativi si mantengono in ultima posizione, con una percentuale sempre intorno al 5%.
In conclusione, gli italiani continuano a ritenere fondamentale la bassa rischiosità e la solidità dell’investimento nel “mattone”, anche perché pensano che gli strumenti esterni (leggi, regolamenti, controlli) di tutela del risparmio siano a oggi poco efficaci (59%) e anche per il futuro le prospettive non sono rosee: oltre la metà del campione ritiene che nei prossimi 5 anni il consumatore sarà meno tutelato, con un incremento di 10 punti percentuali rispetto al 2010 (56% vs 46%).