“Salvare la Grecia rinunciando ad una parte del suo debito“, è la soluzione proposta da Ludger Arnoldussen, membro del board di Munich Re. In questo modo, sarebbe possibile, secondo quanto dichiarato dalla compagnia a Baden Baden a margine del rendez vous riassicurativo, trovare una soluzione durevole alla crisi della zona Euro ed evitare il rischio di inflazione.
Il debito greco e la crisi bancaria non disturbano comunque gli incontri tra riassicuratori e gli assicuratori in vista dei rinnovi, quasi che si sentissero ancora risparmiati dalle difficoltà e dalle pressioni cui sono sottoposte le banche.
È vero che vista la sinistrosità di questo 2011, soprattutto quanto a catastrofi naturali, spinge le compagnie a cercare di ristabilire i loro margini tecnici e quindi a retrocedere in riassicurazione. I riassicuratori, da parte loro, danno prova di grande solidità capitalistica, fino ad ora non intaccata dalla crisi bancaria. Ma per quanto ancora? I deboli tassi di interesse e l’andamento dei mercati finanziari hanno ovviamente un loro impatto sugli asset. Tanto è vero che anche la Bafin è preoccupata di un eventuale contagio.
“La nostra prudente strategia di investimento sta dando prova del suo valore, la diversificazione negli investimenti è ora più importante che mai”, ha dichiarato ancora Arnoldussen.
Per lui non è solo la crisi finanziaria a porre sfide al comparto, ma anche l’aumento di rischi interconnessi: a causa di catene di approvvigionamento globali maggiormente collegate, l’industria di produzione di semiconduttori e l’automotive sono esposte criticamente al rischio di danni da interruzione di esercizio. Il settore industriale del nord e ovest USA è particolarmente esposto ai terremoti, mentre le produzioni in Giappone e Taiwan sono esposte anche ai tifoni.
Per quanto riguarda i rinnovi di gennaio, Munich Re ha confermato che la situazione è diversa a seconda dei settori e dei territori, anticipando aumenti tariffari nelle zone maggiormente colpite da catastrofi naturali e grossi sinistri.
In Australia e Nuova Zealanda, per esempio, vi saranno aumenti medi del 40– 50%, negli USA e in America Latina del 10%. Il resto del portafoglio rimane sostanzialmente stabile.