Quello tra gli italiani e la longevità è un rapporto in chiaroscuro, come emerge dall’indagine realizzata da Episteme per l’Italian AXA Forum dal titolo “Longevità: tra vita reale e immaginario sociale”.
La longevità è un’aspirazione condivisa dalla maggioranza del campione (62,6%), ma la qualità della vita ne diviene il fattore fondamentale e il principale metro di giudizio: per il 25,2% degli intervistati, raggiungere la fase della “lunga vita” non significa infatti invecchiare veramente perché i progressi della qualità della vita e della medicina permettono di restare giovani molto più a lungo.
D’altra parte si registra una scarsa consapevolezza e maturità sul tema, che si concretizza nella tendenza a spostare progressivamente in avanti l’inizio di tutte le fasi della vita: gli italiani mediamente pensano che si diventi adulti a 33,4 anni; addirittura 1 italiano su 4 colloca l’ingresso nell’età adulta tra i 40 e i 50 anni. Allo stesso modo, mediamente si ritiene che l’anzianità inizi a 66,3 anni e che si diventi ‘grandi anziani’ a 80,3 anni.
In dettaglio, permangono forti resistenze, più o meno consapevoli, a riconoscersi “anziani”, se è vero che quasi il 90% degli intervistati dichiara di sentirsi più giovane della propria età anagrafica. Il rapporto con la longevità diviene a volte un modo per esorcizzare il decadimento o il suo significato tende a sfumare avendo a che fare con delle variabili mobili, come la pensione, la vecchiaia o il lavoro. L’allungamento della vita si scontra dunque con una ridefinizione del welfare e il risultato è un “corto circuito” che genera smarrimento e a volte un vero e proprio processo di rimozione.
La grande paura degli italiani: la non autosufficienza
È la perdita dell’autosufficienza la grande paura degli italiani in relazione al tema della longevità: la maggioranza del campione indica come principale elemento di preoccupazione la perdita di autonomia, declinata in chiave decisionale, fisica e mentale: il 69,6% è preoccupata di non essere mentalmente lucido, il 64,6% di non essere fisicamente autosufficiente, il 62,8% di perdere la possibilità di decidere per se stesso.
Questa paura supera addirittura quella di non poter contare su una pensione dignitosa (51,1% degli intervistati) e di non avere beni di proprietà a cui ricorrere in caso di necessità economiche (30,8%).
Longevità e generazioni: dai forever young agli eterni genitori
Ciascuna generazione proietta sul tema vissuti e significati differenti, condizionati dalla fase esistenziale e dai sistemi valoriali di riferimento. In particolare, la fase qualitativa dell’indagine ha evidenziato 5 fasi principali della vita a cui corrispondono diversi rapporti con la longevità:
1. Gli over 65 vivono uno stato segnato positivamente dai progressi della medicina e dalla generosità del welfare e per loro la longevità corrisponde alla materializzazione del mito dell’eterna giovinezza. Rifiutano le etichette di “anziano” o “vecchio”, ed è con loro che prende forma il modello dell’active aging, caratterizzato dall’affermazione di uno stile di vita iperattivo e incentrato sulla conservazione di uno stato di benessere psicofisico, ma anche sulla ricerca di nuove forme di “realizzazione del sé”.
2. I 55-65enni, vittime di un vero e proprio “corto circuito generazionale”. Sono gli “eterni genitori”, schiacciati dai problemi derivanti dal doversi prendere cura contemporaneamente sia dei figli adulti, non ancora autosufficienti economicamente, che dei genitori anziani, spesso alle prese con problemi di autosufficienza mentale e fisica. Per questa generazione la longevità diventa un ‘privilegio’ da difendere;
3. I 45-55enni, attualmente beneficiari di una relativa stabilità professionale ed esistenziale, sono intrappolati in un vissuto di precarietà dovuto alla consapevolezza di aver davanti un futuro lungo e complicato, caratterizzato da un welfare progressivamente più avaro. Per loro la longevità rappresenta un’opportunità ma anche una sfida spesso legata alla consapevolezza di disporre di risorse economiche inadeguate ad affrontarla;
4. I 35-45enni attraversano una condizione di grande difficoltà, in quanto protagonisti di un presente ancora da consolidare. La longevità è un ‘problema’ da rimandare;
5. I 25-35enni sono consapevoli di essere al centro di un processo di riconfigurazione totale dell’esistenza e per questo rimandano ad un futuro indefinito la pianificazione della loro fase di “lunga vita” e la longevità diviene pertanto una prospettiva da definire.
Soprattutto fra le generazioni più giovani si osservano elementi di debolezza che evidenziano una rappresentazione dell’invecchiamento più pessimistica rispetto a quella dell’anziano “non anziano” e primo fra tutti, il venir meno della fiducia nella sostenibilità del mito forever young, che si scontra con una insostenibilità a 360°, ovvero fisica, legata ai limiti del corpo, socioculturale, dovuta alla ridefinizione del ruolo sociale dell’anziano e del patto intergenerazionale, e infine economica, legata sia ai costi delle cure e delle tecnologie a sostegno dell’età che all’impoverimento del welfare.
Segnali di consapevolezza e responsabilizzazione individuale e nuovi luoghi di protezione sui temi della “lunga vita”
È ancora forte negli italiani la necessità di far riferimento all’ombrello dello Stato, soprattutto sul tema della non autosufficienza (il 71,8% degli intervistati ritiene che dovrebbe essere lo Stato a prendersi cura dei non autosufficienti) ma questa richiesta si declina soprattutto come domanda di maggiore efficienza dei servizi, e questo vale per l’87% del campione.
1 italiano su 3 è consapevole dell’importanza di attivarsi individualmente per la pianificazione della “fase di lunga vita” ed emerge un’apertura verso il settore privato e, nello specifico, verso le assicurazioni, quali interlocutrici sulle tematiche legate alla longevità, ruolo riconosciuto loro dal 51,3% campione.
Nello specifico delle soluzioni per proteggere la fase della seconda vita, l’84,6% del campione dichiara un interesse nei confronti della LTC, seguito dalle polizze malattia senza limiti di età (82,6%). Seguono forme di previdenza integrativa, finanziate con la nuda proprietà (49%) o con la casa di proprietà (40,5%).
La nuova edizione dell’Italian AXA Forum ha scelto di focalizzare in modo innovativo sulla (ri)-evoluzione della longevità, un fenomeno affrontato nel dibattito politico-economico soprattutto in chiave di spesa pubblica, e ancora poco come potenziale volano di sviluppo e come sfida a costruire una società che coniughi efficienza ed equità nei sistemi lavorativi, pensionistici, nella sanità partendo da una realtà in profondo mutamento.
La longevità come rischio-opportunità coinvolge una pluralità di attori, dalla società al settore privato, fino allo Stato, con un’assunzione di responsabilità individuale e collettiva. Anche il settore assicurativo, in linea con la sua mission di protezione nel lungo periodo, può giocare un ruolo nella risposta alle tendenze in atto come abilitatore dei sogni della “seconda vita” e questa decima edizione ha fornito dunque anche l’occasione per lanciare proposte innovative per un nuovo welfare della longevità.
Secondo Frédéric de Courtois, amministratore delegato di AXA MPS – “E’ arrivato il momento di fare della longevità un volano di sviluppo e di crescita per il Paese, promuovendo la diffusione di una rete di servizi dedicati alle nuove esigenze della popolazione anziana sia in buona salute che bisognosa di assistenza medico sanitaria e l’affermazione di una cultura della cosiddetta “ergoterapia” per portare gli anziani a raggiungere il più alto grado di autonomia nelle attività della vita quotidiana, per rispondere al contempo ad un potenziale problema sociale e ristabilire “ponti” tra generazioni. Altro tema cardine, che coinvolge sia il pubblico che il privato, la necessità di rispondere sia in termini di protezione che di maggiore consapevolezza ai nuovi bisogni legati alla non autosufficienza, la grande paura degli italiani”.
La sostenibilità sociale ed economica di un nuovo welfare della longevità dipenderà da uno sforzo collettivo tra pubblico e privato – ha proseguito Andrea Rossi, amministratore delegato e direttore generale di AXA Assicurazioni. Per costruire un nuovo welfare del futuro è arrivato il momento di mettere al passo con la realtà demografica temi cardine come la pensione e l’active aging, focalizzando sul concetto chiave di “flessibilità” all’evoluzione delle esigenze nelle diverse fasi della vita. Occorre inoltre scrivere un patto tra tutti gli attori coinvolti sul tema della prevenzione dei rischi: dal pubblico, a partire dai sistemi educativi con le sue campagne di sensibilizzazione su larga scala, al privato, in particolare il settore assicurativo, sino alla società nelle sue diverse declinazioni”.