«La crisi ha raggiunto una dimensione sistemica». Con queste drammatiche parole il presidente della Banca Centrale Europea Jean-Claude Trichet ha iniziato la sua relazione sulla situazione finanziaria e debitoria dell’eurozona al Comitato per gli Affari Economici e Monetari del Parlamento europeo a Bruxelles.
Parlava anche come chairman dell’European Systemic Risk Board, il gruppo di lavoro recentemente creato sul rischio sistemico in Europa. Il governatore ha dipinto un quadro pieno di mostri come quelli del «Sonno della ragione» di Francisco Goya. Ha descritto l’intreccio letale tra la crisi del debito sovrano e il sistema delle banche e delle borse soprattutto nel vecchio continente. Dopo tre anni si ritorna ad ammettere che al centro di un nuovo «sisma» vi sono le banche troppo esposte con i titoli pubblici dei paesi in difficoltà come la Grecia. La loro situazione è aggravata dalla quasi totale paralisi dei meccanismi di credito interbancario.
Invece di prestarsi soldi tra di loro, le banche infatti preferiscono depositarli presso la Bce. L’ammontare attualmente parcheggiato è di circa 270 miliardi di euro. Di conseguenza rubinetti del credito, da tempo già chiusi per gli imprenditori e le famiglie, adesso lo sono anche nei confronti delle stesse banche. Trichet ha denunciato i rischi insiti nei prodotti innovativi, i derivati finanziari, che sono tornati a crescere alla grande anche nelle banche europee.
Alcuni asset-backed securities (Abs) sono tanto complessi da non essere compresi nemmeno dai grandi investitori istituzionali. Figuriamoci dai singoli cittadini! In pratica siamo di fronte ad una nuova crisi bancaria simile a quella del 2007-08. Però questa volta soprattutto in Europa. Oggi al centro delle discussioni e delle decisioni anche della Commissione europea vi sono perciò le capitalizzazioni delle banche. Per aumentare il capitale primario (azioni e riserve di bilancio) delle banche europee, il cosiddetto Core Tier 1, dall’attuale 5% al 7% e a oltre il 9% per le più grandi, ci vorrebbero tra i 100 e i 250 miliardi di euro. Somme rilevanti, tanto che Trichet ha ventilato «la possibilità che l’European Financial Stability Facility (Efsf, cioè il fondo salva-stati) conceda dei prestiti ai governi per aiutare la capitalizzazione delle banche»! Si vorrebbe quindi trasformare il fondo salva-stati in un salvagente delle banche private e non degli stati a rischio di default. Sarebbe una iattura e sicuramente sarebbe molto difficile far accettare tale decisione dai cittadini europei, siano essi lavoratori o piccoli imprenditori. Come noto l’Efsf conta 440 miliardi di euro. Si tratta di un contributo notevole per tutti i paesi europei impegnati a stabilizzare le situazioni economiche più instabili del continente. Sono soldi che escono dai bilanci dei singoli stati. Non sono stampati e creati dal nulla come spesso ha fatto la Federal Reserve americana. Sono fondi, quindi, sottratti ad altri capitoli di spesa, come quelli per i trasporti, per la sanità, per l’istruzione e al sostegno della crescita e al welfare. Si consideri che già oggi i sacrifici richiesti con tagli e manovre finanziarie, imposti dagli obblighi comunitari di riduzione del deficit e del debito pubblico, sono tanti. Perciò i cittadini non potrebbero accettare che i loro sacrifici servano a salvare le banche. Tale ricetta porterebbe inevitabilmente ad una diffusa esplosione sociale. Non solo degli indignados. Fin dall’inizio della crisi noi sostenevamo la necessità di regole stringenti per il sistema bancario e finanziario globale. Invece tutto è continuato come prima, nonostante i tanti vertici internazionali. Ancora gli stessi titoli tossici, la stessa opacità dei mercati, le stesse banche-ombra, gli stessi rischi, gli stessi bonus. Perché non si è intervenuti sulle cause. Si continua a gridare al pericolo ma si vorrebbe aiutare il lupp! Molti chiedono un dicastero europeo per l’economia. E’ giusto. Ma è un processo complesso e rischia di venire alla luce troppo tardi. Ora si potrebbe pensare da subito a un Ministero europeo per la «difesa economica» con pochi e precisi compiti, quali la difesa dalla speculazione e la stabilizzazione dei debiti sovrani. Basterebbe imporre un adeguato deposito di garanzia per le operazioni finanziarie rischiose, per quelle allo scoperto e non collegate alla realtà economica per mettere fuori gioco la speculazione. La Merkel propose simili misure oltre un anno fa. In una recente conferenza internazionale svoltasi nell’isola ellenica di Rodi, cui gli autori hanno partecipato, anche qualche banchiere illuminato ha sostenuto la stessa urgenza.