Il presidente dell’Anasf, Bufi, lancia l’allarme sul futuro della professione. Solo il 3% ha meno di 30 anni. Bisogna aiutare i giovani a iniziare. Solo così anche l’industria del risparmio gestito eviterà di chiudere 

di Anna Messia

Bisogna rovesciare la piramide. Subito. Altrimenti la professione di promotore finanziario rischia di affondare. E con essa anche tutta l’industria del risparmio gestito. Maurizio Bufi, che dallo scorso maggio si è insediato alla guida dell’Anasf, l’associazione dei promotori finanziari, non usa mezzi termini e lancia l’allarme sulla categoria che rappresenta.

La piramide da rovesciare, o quanto meno da riequilibrare, è quella dell’età media dei promotori finanziari. «Solo il 3% dei nostri colleghi ha meno di 30 anni», spiega Bufi, «fare questo mestiere è diventato sempre più difficile e per un giovane è dura resistere alle crisi che si susseguono. Ma bisogna intervenire per rendere la professione più attraente e trovare soluzioni al ricambio generazionale», aggiunge, «altrimenti con noi rischia di affondare un altro pezzo fondamentale dell’industria finanziaria: quella dei fondi comuni e del risparmio gestito in generale».

D. Partiamo dalla fine, dottor Bufi. Cosa c’entra la professione del promotore con l’industria dei fondi e il risparmio gestito?

R. Basta guardare i dati di raccolta che mensilmente pubblicano le società di risparmio gestito per spiegare il legame. Ad ogni crisi di liquidità, come quella attuale, le banche smettono di collocare fondi comuni e gestioni, e riprendono a vendere obbligazioni o conti correnti. E quando chiudono i rubinetti ai fondi, tutta la raccolta del settore affonda. Insomma, fanno il brutto e il cattivo tempo.

D. Sì, ma che cosa c’entra questo con voi promotori?

R. Anche nei periodi più difficili noi promotori abbiamo continuato a consigliare ai nostri clienti prodotti di risparmio gestito. Dal 2000 a oggi, con il susseguirsi di quattro crisi finanziarie, dalla bolla internet a Enron, fino ai subprime e alle difficoltà attuali, la nostra raccolta in fondi è sempre stata positiva. Con un’unica eccezione, quella del 2008. Se l’intenzione del sistema è quella di salvare l’industria del risparmio gestito, che da inizio anno ha perso altri 8 miliardi, bisogna quindi sostenere la professione di promotore finanziario.

D. Come? Non si può nascondere che oggi fare il promotore è molto meno remunerativo rispetto al 2000, quando c’è stato il boom della professione.

R. Da allora è cambiato il mondo e in questi dieci anni circa 10 mila persone hanno lasciato l’attività. Oggi i promotori sono 23 mila e per alcuni versi la selezione è stata utile. In quegli anni erano stati raggiunti degli eccessi anche nella nostra attività. Ma ora bisogna ritrovare la stabilità e avvicinare i giovani a questo mestiere, reintroducendo per esempio l’obbligo del praticantato. Un contratto che possa aiutare economicamente i neo promotori nei primi due o tre anni di attività che, come dimostrano le statistiche, sono i più difficili da superare. Altrimenti si rischia di tramandare la professione solo di padre in figlio, chiudendo il sistema in se stesso. Alcune società di promozione hanno già accolto le nostre richieste. Ma serve una risposta di sistema e l’Organismo di tenuta dell’Albo dei promotori finanziari, che rappresenta al suo interno anche banche e sim, può fare molto in questa direzione.

D. Questa nuova crisi non rischia però di provocare nuove defezioni tra i promotori?

R. Non le nascondo che le difficoltà sono aumentate. Ad ogni crisi vengono messi in discussione nuovi paradigmi della finanza. Oggi, per esempio, è molto difficile spiegare a un cliente che uno Stato può fallire. Non è preparato psicologicamente a un’ipotesi del genere. Ma non è questo che ci spaventa. La categoria già in passato ha dimostrato di saper superare momenti difficili come quello attuale e le selezioni naturali sono positive per il sistema. Anzi, proprio in questi periodi possono spuntare delle opportunità.

D. A che cosa pensa?

R. Per esempio alla riforma della tassazione delle rendite finanziarie in via di definizione in questi mesi. L’intenzione del legislatore sembra essere quella di favorire con una tassazione agevolata del 12,5% (rispetto ad altri prodotti che vedranno l’aliquota salire al 20%, ndr) i prodotti di risparmio a lungo termine. I promotori, che da sempre hanno un approccio consulenziale con i propri clienti, potrebbero essere avvantaggiati da una misura del genere, che favorisce l’ottica di lungo termine.

D. Ma in un momento di crisi come quello attuale non sarà più difficile riuscire a convincere il cliente a congelare i propri risparmi per cinque anni o più?

 

R. Io guarderei l’aspetto positivo. Si tratta di prodotti che potrebbero evitare ai risparmiatori i comportamenti emotivi che in passato li hanno portati, a ogni crisi finanziaria, a vendere ai prezzi minimi e a comprare sui massimi. Starà ai promotori spiegarne i vantaggi. (riproduzione riservata)