Parità dei sessi anche nella previdenza integrativa. La Covip, dopo un procedimento di pubblica consultazione avviato in estate, ha approvato le specifiche «Disposizioni in ordine alla parità di trattamento tra uomini e donne nelle forme pensionistiche complementari collettive». Il provvedimento è redatto in base al Codice delle pari opportunità tra uomo e donna del 2010 dando attuazione alla direttiva europea sulla parità di trattamento fra uomini e donne in materia di occupazione e impiego. Per completezza di visione, considerandone anche la contiguità (si pensi al minimo garantito e alle tematiche del rischio-longevità e delle rendite), appare utile rammentare come nel recente passato la questione della parità dei sessi sia stata già affrontata nel settore assicurativo. Va citato in primo luogo il Regolamento Isvap n. 30 del 12 maggio 2009, in attuazione della direttiva 2004/113/CE in materia di parità di trattamento tra uomini e donne per quanto riguarda l’accesso a beni e servizi e loro fornitura. Tale direttiva ha attribuito agli Stati membri il compito di dettare disposizioni finalizzate a garantire la parità di trattamento anche nei rapporti contrattuali. Va poi rammentata la sentenza della Corte di Giustizia europea (causa C-236/09), pubblicata il 1° marzo 2011, che ha stabilito che i premi assicurativi devono essere equiparati fra uomini e donne. Bisogna dunque eliminare il sesso dai parametri di personalizzazione delle polizze.
Per quanto riguarda il provvedimento Covip, il perimetro di applicazione è quello delle forme pensionistiche collettive, quindi i fondi pensione negoziali di nuova istituzione, i fondi pensione aperti che raccolgono adesioni su base collettiva e le forme pensionistiche preesistenti iscritte all’Albo presso l’Autorità di Vigilanza. Vengono presi in considerazione tutti i profili rilevanti di un rapporto di previdenza complementare (accesso, contribuzioni e prestazioni) con divieto di discriminazione diretta e indiretta da parte sia delle fonti istitutive, alle quali compete innanzitutto la definizione dei profili contributivi e le condizioni di partecipazione, sia da parte delle stesse forme pensionistiche complementari. Non possono essere pertanto previsti eventuali disposizioni, criteri, prassi, atti, patti o comportamenti riguardanti l’area dei soggetti che possono aderire alle forme pensionistiche complementari collettive, le condizioni che ne disciplinano l’adesione, nonché le regole in materia di determinazione della misura e delle modalità di versamento della contribuzione a carico del datore di lavoro e del lavoratore, che siano tali da produrre un effetto pregiudizievole per taluni lavoratori in ragione del sesso o che potrebbero, comunque, mettere i lavoratori di un determinato sesso in una posizione di particolare svantaggio rispetto ai lavoratori dell’altro sesso. Le forme pensionistiche complementari collettive hanno l’obbligo inoltre di informare la Covip in merito alle iniziative adottate per rimuovere le situazioni ostative esistenti. Con specifico riferimento a quei fondi pensione che eroghino direttamente le prestazioni viene ribadito il divieto di operare qualsiasi discriminazione diretta o indiretta per quanto riguarda il relativo calcolo, nonché le condizioni concernenti la durata e il mantenimento del diritto alle prestazioni. Si introduce poi l’obbligo di redigere, in allegato al bilancio tecnico, un’apposita relazione nella quale attestano che l’utilizzo del fattore-sesso, determinante nella valutazione dei rischi effettuata ai fini del calcolo delle prestazioni differenziate, trova fondamento in dati attuariali affidabili, pertinenti e accurati. La relazione deve contenere un’indicazione dettagliata della tipologia e delle fonti dei dati attuariali impiegati. Nel caso in cui venga rilevato che l’utilizzo del fattore-sesso non trovi fondamento in dati attuariali affidabili, pertinenti e accurati, vanno comunicate all’Autorità di Vigilanza le iniziative assunte per eliminare le discriminazioni rilevate. (riproduzione riservata)