Selezione di notizie assicurative da quotidiani nazionali ed internazionali

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I fatturati delle imprese italiane aumenteranno con passi diversi, sia quest’anno sia il prossimo. A fare la differenza è la diversa esposizione agli shock: dalla fine degli incentivi al calo dei redditi disponibili, dai tassi di interesse alle tensioni geopolitiche. In particolare, fanno da traino, nel 2024, i servizi, soprattutto quelli coinvolti dai processi di digitalizzazione o legati al turismo e alla ristorazione. Mentre sono in affanno la produzione industriale e le esportazioni, a causa della debolezza della domanda, sia interna che estera. Invece, il 2025 volge al bello per mezzi di trasporto, sistema moda, elettromeccanica, costruzioni (che dovrebbero beneficiare dei cantieri infrastrutturali legati al Pnrr) e per il comparto immobiliare, favorito dalla parziale discesa dei tassi e quindi dei mutui.
Dal 2016 il Gdpr è sinonimo di protezione dei dati in Europa. Ma dietro i titoli sui diritti dei cittadini, si nascondono costi maggiorati e sfide operative. La promessa di armonizzare la protezione dei dati ha lasciato spazio a una realtà ben diversa: frammentazione normativa, costi di conformità crescenti e incertezza giuridica. L’allarme arriva dall’ex presidente del Consiglio e della Bce, Mario Draghi, che lo scorso 9 settembre ha presentato a Bruxelles il report sulla competitività in Europa. La conformità non è solo una questione di buona volontà, ma richiede investimenti significativi. Per un’azienda di medie dimensioni con 500 dipendenti, il costo di adeguamento al Gdpr è stimato intorno a 1,3 milioni di euro, stando al report.
Pratiche sostenibili sempre più diffuse tra le imprese italiane, soprattutto nelle realtà più grandi. In particolare, azioni virtuose messe in campo da poco meno di sette imprese manifatturiere su dieci, mentre nel settore dei servizi sono oltre sei su dieci le imprese che si sono distinte nel campo della sostenibilità. A rilevare il trend è il monitoraggio curato da Istat che delinea anche le prospettive per i prossimi anni.
La spedizione per posta ordinaria di un assegno munito di clausola d’intrasferibilità, in caso di sottrazione del titolo e riscossione da parte di un soggetto non legittimato, configura una condotta idonea a giustificare l’affermazione del concorso di colpa del mittente. Tale condotta espone il mittente ad un rischio superiore a quello consentito dalle regole di comune prudenza, costituendo un antecedente necessario dell’evento dannoso, concorrente con il comportamento colposo eventualmente tenuto dalla banca nell’identificazione del presentatore. E’ quanto chiarito dalla Cassazione, sez. 1 civ, nell’ordinanza n. 23380 del 30.8.2024 che, nella cornice di un approfondito excursus delle disposizioni in materia, ha accolto i primi due motivi del ricorso principale, dichiarato inammissibili quelli del ricorso incidentale, cassando la sentenza impugnata e rinviando la causa alla Corte di appello di Torino
Se hanno subìto una riduzione del proprio reddito nell’anno 2023 rispetto al biennio 2021/2022, infatti, possono richiedere l’Iscro, la «indennità straordinaria di continuità reddituale e operativa». Dopo un primo triennio di sperimentazione (2021/2023), da quest’anno è entrata a regime la speciale indennità riservata ai professionisti iscritti alla gestione separata: per sei mesi, garantisce un sussidio d’importo variabile tra i 250 e gli 800 euro mensili. Per presentare le richieste c’è tempo fino al 31 ottobre. Con la domanda il professionista autorizza l’Inps ad iscriverlo al Siisl («sistema informativo d’inclusione sociale e lavorativa») ai fini della partecipazione a iniziative formative.

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L’addio a quota 100, la stretta sulle rivalutazioni legate all’inflazione, gli incentivi per chi resta al lavoro. Gli ultimi anni sono stati caratterizzati da numerose iniziative a livello normativo e nuovi interventi sono all’orizzonte con l’obiettivo di frenare la crescita della spesa pubblica legata alle pensioni. Eppure il sistema pensionistico italiano non solo risulta tra i peggiori a livello internazionale, ma addirittura peggiora da un anno all’altro. È quanto emerge dalla lettura del Global Retirement Index 2024, curato da Natixis Im, che è stato costruito esaminando 18 voci, dal benessere materiale, alla salute, dalla qualità della vita alle finanze di chi è in quiescenza. Il risultato è che su 44 Paesi analizzati, l’Italia si piazza al 31esimo posto, tre gradini più in basso rispetto all’indagine condotta lo scorso anno.
Sempre meno italiani si dicono propensi a comprare nuove vetture nei prossimi mesi. A metterlo nero su bianco sono i dati dell’instant survey “Acquisto dell’auto e incentivi statali”, condotta nel mese di giugno da Areté – azienda che opera nella consulenza strategica – dopo l’entrata in vigore dei nuovi ecoincentivi promossi dal Governo. Secondo lo studio, infatti, oltre 6 persone su 10 giudicano le misure non sufficienti a stimolare l’acquisto: i prezzi dei nuovi modelli, in costante crescita, restano il principale ostacolo al cambio della vettura con una meno inquinante. L’analisi evidenzia come il 62% del campione intervistato preveda di cambiare la propria auto nei prossimi 12 mesi, ma solo il 7% dice di volerlo fare nel breve periodo. Si tratta di 5 punti percentuali in meno rispetto a quanto rilevato dall’ultima survey di questo tipo, risalente al mese di ottobre 2021.
L’andamento dell’industria automobilistica è un’ottima spia dello stato di salute dell’economia tedesca e le indicazioni che stanno arrivando in questo momento non sono per niente confortanti. In Germania le immatricolazioni di autovetture sono ancora al di sotto dei livelli pre-Covid (2019) – una situazione comune a tutti gli altri Paesi europei, con la differenza che il gap rispetto al 2019 è molto più ampio che altrove. All’appello mancano infatti 750 mila unità, ovvero la metà di quanto immatricolato in Italia ogni anno. Il settore dell’autonoleggio offre un quadro ancora più preoccupante: la Germania è l’unica nazione nel gruppo ristretto di Francia, Spagna, Italia e Gran Bretagna a mostrare ancora un calo per quel che riguarda le immatricolazioni del noleggio a lungo termine e a breve termine. Nel 2019 gli operatori del lungo termine avevano acquistato ben 410 mila autovetture e l’anno scorso si sono fermati a 299 mila; le difficoltà del breve periodo sono ancora più evidenti (su questo fronte anche gli altri grandi Paesi mostrano però analoghe difficoltà): circa 1 milione di immatricolazioni nel 2019 1,014 milioni per la precisione – e solo 635 mila nel 2023. In Italia, dove pur mancano all’appello complessivamente 350 mila autovetture rispetto al 2019, gli acquisti da parte degli operatori del lungo termine hanno raggiunto le 377 mila unità, a fronte delle 282 mila del 2019. Si tratta quindi di un balzo in avanti di quasi il 35%, che ha portato questo canale a valere circa un quarto (24%) delle immatricolazioni totali.
La frenata nelle immatricolazioni di vetture per il noleggio; la crescita del segmento a breve termine; lo sviluppo della flotta circolante. È il contesto in chiaroscuro che caratterizza il settore delle flotte. «Nel primo semestre dell’anno abbiamo avuto un calo di immatricolazioni, dovuto alla flessione registrata nel segmento del lungo termine (meno 9,8% sullo stesso periodo del 2023, ndr)», racconta Alberto Viano, presidente di Aniasa, l’Associazione che all’interno di Confindustria rappresenta il settore dei servizi di mobilità. «Va però considerato», prosegue, «che il noleggio a lungo termine si sta confrontando con una annata record come il 2023, che aveva beneficiato di un solido portafoglio ordini legato anche alle ritardate consegne del 2021 e del 2022». Inoltre, aggiunge, «a incidere è stata anche la politica discriminante portata avanti sul fronte degli incentivi destinati all’acquisto di auto a basse emissioni ». Le vetture a uso noleggio sono state infatti in un primo momento escluse dagli incentivi e, solo a partire dallo scorso maggio, le agevolazioni sono entratein vigore anche per il settore, lasciando però nel frattempo alla finestra molte aziende e privati.
L’innovazione e l’ampliamento dell’offerta; la personalizzazione dei servizi; lo sviluppo di soluzioni orientate alla mobilità alternativa. Sono alcuni dei trend sui quali sta puntando il noleggio a lungo termine per conquistare ulteriori fette di clientela, dopo i numeri record messi a segno lo scorso anno. Gli ultimi dati Aniasa, relativi ai primi sei mesi dell’anno, vedono un incremento della flotta circolante rispetto allo stesso periodo del 2023 (più 6,8%, a quota 1,28 milioni di veicoli) e un balzo delle vetture green sul fronte delle alimentazioni. Le auto circolanti ibride elettriche – Hev sono infatti cresciute del 44,4%, quelle ibride elettriche plug-in (Phev+Rex) del 21,7% e le elettriche Bev del 35,1%. Mentre hanno visto un calo le alimentazioni a Gpl (meno 18%), a metano (meno 24,1%) e diesel (meno 6,7%). Queste ultime continuano comunque a detenere la maggiore quota di mercato (48,2%), seppur in significativo calo dal 55,2% del primo semestre 2023.
Combinano un tradizionale motore a benzina a un motore elettrico a batteria senza prese di ricarica, offrendo un buon compromesso tra consumi, emissioni e prestazioni. Ed è forse per questo che crescono le immatricolazioni di vetture full hybrid nel settore del noleggio. Gli ultimi dati Aniasa, l’Associazione che all’interno di Confindustria rappresenta il settore dei servizi di mobilità, evidenziano che nei primi sei mesi dell’anno le nuove immatricolazioni nel comparto hanno visto un calo del 2,33%, dovuto alla flessione registrata nel segmento del lungo termine (meno 9,78%). Mentre la performance è risultata positiva per il noleggio a breve termine, che ha visto un balzo delle immatricolazioni del 25,84%.

corsera

Sale a otto vittime il bilancio della tempesta Boris che da giovedì flagella l’Europa Centrale. Cinque i dispersi, migliaia invece le persone evacuate in tutto il continente. È infatti da giovedì che vaste zone dell’Austria, della Repubblica Ceca, dell’Ungheria, della Romania e della Slovacchia sono colpite da venti e da piogge intense. «Solidarietà a tutti coloro che sono stati colpiti dalle inondazioni», ha scritto la presidente della Commissione von der Leyen su X, aggiungendo che l’Ue è pronta a offrire sostegno.

Ci sono voluti 1.054 giorni d’attesa, ma alla fine la zampata è arrivata. Era il 23 ottobre 2021 quando Andrea Orcel ritrasse le unghie della tigre, con cui si apprestava a stringere il Monte dei Paschi di Siena, abbandonando il tavolo delle trattative con il ministero dell’Economia dopo tre mesi in intensissimi colloqui. Un colpo di scena difeso in ogni occasione dall’amministratore delegato di Unicredit, che richiamava il superiore interesse dei propri azionisti. Da allora le tesi sul suo operato si sono moltiplicate. Unicredit, a differenza di Intesa Sanpaolo che ha già una posizione estremamente forte sul mercato creditizio della Penisola, aveva (ed ha) spazio per operare in Italia: può comperare, aggregare, crescere. Così, tra mosse accennate e speculazioni di Borsa Unicredit in questi tre anni scarsi è stata indicata come protagonista di ogni possibile partita.