La Consulenza statistico attuariale dell’Inail ha pubblicato uno studio sul lavoro notturno che analizza la normativa vigente, i lavoratori occupati e  gli infortuni ricorrenti e gli indici di rischio in questo ambito specifico

Le probabilità di incorrere in un infortunio per chi lavora di notte sono complessivamente inferiori rispetto a quelle a cui sono sottoposti coloro che svolgono la propria attività professionale nel periodo diurno, secondo lo studio svolto dalla Consulenza Statistico Attuariale dell’Inail che ha curato la redazione di un opuscolo consultabile sul portale dell’Istituto nel quale vengono esaminate le denunce (compresi gli eventi mortali) e i casi definiti positivamente del quinquennio 2018-2022, con aggiornamento al 31 ottobre 2023.

A corollario, considerazioni sulle differenze rispetto agli infortuni in generale e sulle specificità di rischio del lavoro notturno.

Il lavoro notturno garantisce servizi primari come quelli attinenti alla sanità e ai servizi assistenziali, alla sicurezza tramite le forze dell’ordine e la vigilanza, al trasporto di beni di base, ai processi industriali a ciclo continuo. Oltre a quanto previsto dalla disciplina contrattuale collettiva, viene considerato lavoratore notturno chi svolge nel periodo notturno almeno tre ore del tempo giornaliero di lavoro per un minimo di 80 giorni l’anno.

I dati

I dati Istat sulle forze di lavoro forniscono per il 2022 una stima di oltre 2,5 milioni di lavoratori con turno notturno; in pratica l’11,1% degli intervistati (il 12,1% nel caso dei soli lavoratori dipendenti).

La maggioranza dei lavoratori notturni è dipendente (85,6%, contro il 78,5% degli occupati totali); oltre otto su dieci con contratto a tempo indeterminato e solo il 17% ha un  contratto a termine. Il 14,4% è un autonomo (è il 22,4% per il complesso degli occupati).

Inoltre, sono prevalentemente di sesso maschile, poco meno del 70% del totale, con una differenza rilevante rispetto al caso dei lavoratori che non effettuano l’attività in notturna, per i quali la percentuale è inferiore di ben 13 punti, a dimostrazione che le attività svolte al crepuscolo sono prevalentemente ad appannaggio degli uomini. Tra le lavoratrici emerge che è più elevata la quota delle dipendenti 88,7% rispetto all’84,1% maschile.

Per età si evidenzia che il 39,4% ha tra i 35 e i 49 anni, il 33,6% dai 50 anni in su (in generale la fascia di età a maggior occupazione); i giovani sono il 27% (contro il 22,1% di chi fa lavoro diurno); probabilmente la diversa composizione per età fa pensare che con l’avanzare dell’età si sia meno disposti a svolgere turni notturni o nella ricerca di lavoro si
prediligano attività in orario diurno. Gli stranieri rappresentano il 12,4%, oltre due punti in più rispetto a chi non fa il turno notturno.

Poco meno della metà dei lavoratori è in possesso di diploma, il 30% ha la licenza media, mentre i laureati, anche in possesso di altro titolo superiore, rappresentano il 21,3%; in generale, nel confronto con i lavoratori diurni è più bassa l’incidenza del livello formativo più qualificante (24,7%).

Il lavoro in orario notturno è più diffuso in alcuni settori produttivi, in particolare nei servizi, tra cui spiccano la sanità che raccoglie il 20,6% di tutti i lavoratori notturni, le strutture ricettive come alberghi e ristoranti (16%), la pubblica amministrazione (10% nella quale rientrano anche la difesa e l’ordine pubblico) e il trasporto e magazzinaggio (9,8%). Rilevante anche la quota nell’industria in senso stretto (20,3%), per via della presenza di unità produttive a ciclo continuo o impegnate in notturna (metalmeccaniche, alimentari, industrie della stampa, ecc.).

È interessante osservare che alcuni comparti hanno una quota significativa di lavoratori impiegati in orario notturno, emergono in tal senso la sanità con il 28% degli occupati totali impegnati anche di notte, gli alberghi e ristoranti col 29,2%, la pubblica amministrazione col 22,5% e il trasporto e magazzinaggio col 21,6%.

A livello territoriale si rileva che il 48,3% dei lavoratori notturni è collocato nel Nord,
il 30,2% nel Mezzogiorno e il resto al Centro. Il confronto col complesso degli occupati mostra una maggior diffusione del lavoro notturno nel Sud e Isole, infatti, l’incidenza riferita a tutti i lavoratori è inferiore di circa quattro punti percentuali. Nel dettaglio regionale la distribuzione in valore assoluto vede ai primi posti Lombardia (16,5%), Lazio (11,6%) e Veneto (8,7%).

I profili professionali più coinvolti nel lavoro notturno sono quelli dell’area del commercio e servizi (31,9%), i conduttori di impianti, operai di macchinari e conducenti e le professioni tecniche (nelle quali rientrano anche lavoratori della sanità come medici e infermieri, entrambi col 17% circa). Emerge anche che il 43% delle forze armate svolge lavoro notturno, così come il 23,5% dei conduttori di impianti, operai di macchinari e conducenti di veicoli e il 18,9% del personale dell’area del commercio e servizi.

Gli infortuni sul lavoro denunciati nel periodo 2018-2022

Nel 2022, gli infortuni sul lavoro denunciati complessivamente all’Inail, al netto dei casi inerenti gli studenti di scuole di ogni ordine e grado, sono stati 640.251, di questi 18.054 sono occorsi tra la mezzanotte e le 6. Gli infortuni in orario notturno rappresentano una quota molto contenuta, il 2,8% nel 2022, quota che si è mantenuta abbastanza stabile nel quinquennio 2018-2022, a meno del calo osservato nell’anno della pandemia.

Sempre nel 2022 i decessi complessivi sono stati 1.243, di cui 96 avvenuti in orario notturno. Più elevata l’incidenza per i casi mortali: il 7,7% nel 2022, la più alta nel quinquennio, a fronte di un dato medio del 5,5% che è quasi doppio rispetto a quello osservato sugli infortuni in complesso.

Gli infortuni denunciati durante il lavoro notturno nel quinquennio 2018-2022 mostrano un andamento altalenante negli anni in analisi, con un dato pressoché costante tra il 2018 e il 2019, un calo importante negli anni 2020 e 2021 le cui motivazioni sono certamente legate alla pandemia, e una ripresa nel 2022, con 18.054 casi, +10,8% rispetto il 2018. Dato quest’ultimo in linea con gli infortuni in complesso avvenuti nel periodo di riferimento che presentano un aumento tra il 2018 e il 2022 del 13,5%.

I casi mortali, invece, che avevano registrato una costante diminuzione tra il 2018 e il 2021, mostrano una risalita nel 2022, con 96 casi, +14,3% dal 2018, in controtendenza rispetto agli infortuni mortali in complesso che nel quinquennio hanno fatto registrare un decremento del 3,8%.

Le modalità di accadimento

Gli infortuni in orario notturno avvengono per oltre i tre quarti in occasione di lavoro (76,9%, media dei cinque anni), il resto in itinere (23,1%). Evidenti le differenze per genere: più elevata la quota di infortuni in itinere per le lavoratrici (27,7% contro 21,4%), in coerenza con quanto si osserva anche per le denunce in complesso.

Per i casi mortali la quota degli in itinere sale al 38,5%, mentre il 61,5% è in occasione di lavoro. Le due modalità di accadimento si pareggiano nel caso di vittime femminili.
In generale, nel raffronto con il complesso delle denunce (e dei mortali) emerge che è sempre più elevata la percentuale degli eventi in itinere per gli infortuni notturni di di 7 punti percentuali per i casi in complesso e di 16 per i mortali, probabilmente il percorso casa lavoro e viceversa diventa più rischioso quando viene effettuato da un lavoratore notturno per la minor concentrazione legata anche al maggior affaticamento fisico e alla perdita di ore di sonno.

Risulta più elevata l’incidenza della componente in itinere notturna sulla stessa riferita a tutti gli infortuni (4,1%) rispetto all’analoga per l’occasione di lavoro (2,6%) e se si considera l’ulteriore dettaglio dell’uso o dell’esclusione del mezzo di trasporto si osserva sempre una quota più elevata quando vi è il concorso di un mezzo di trasporto. Ancora più accentuate le differenze per i casi mortali.

In effetti, gli infortuni notturni con mezzo di trasporto coinvolto rappresentano, nel quinquennio, il 21% delle denunce e ben il 60% dei casi mortali. Le stesse percentuali riferite a tutti gli infortuni (diurni e notturni) sono inferiori e pari al 14% e al 36%. L’uso del mezzo di trasporto per lavorare o per tornare/andare al lavoro risulta particolarmente rischioso nei casi più gravi che esitano in decesso.

La quasi totalità degli infortuni è avvenuta nell’ambito della gestione assicurativa
dell’industria e servizi: 97,3% dei casi in complesso e 95,1% degli eventi mortali.

Conclusioni

L’incidenza infortunistica annua, relativa al 2022, ottenuta come rapporto tra le denunce di infortunio sul lavoro e gli occupati, produce due indicatori pari rispettivamente a 27,7 per mille per il complesso delle denunce e 7,0 per mille per i soli lavoratori notturni. Si riconferma dunque quanto già evidenziato nella pubblicazione del 2011, ossia un rischio più elevato per il complesso dei lavoratori rispetto ai soli notturni, mantenendo ancora valide ed attuali le motivazioni fornite allora. Molte lavorazioni ad alto rischio non concorrono, infatti, alla determinazione del rischio infortunistico notturno perché svolte quasi esclusivamente in orario diurno, come le costruzioni o alcuni comparti dell’industria manifatturiera. I lavori crepuscolari trovano invece maggiore spazio nelle attività del terziario, che sono generalmente caratterizzate da una rischiosità più bassa di quella delle attività a carattere industriale.

Qui lo studio integrale