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Addio a multa e taglio dei punti patente perché l’autovelox si trova a meno di un chilometro dal cartello con la velocità massima. E il principio vale anche se il segnale ripete il limite precedente. Non conta, infatti, che lo spazio minimo fra il cartello e l’apparecchio di rilevamento elettronico serva a consentire al conducente del veicolo di ridurre l’andatura del mezzo senza rischi: il segnale contiene comunque un’imposizione al di là dell’esistenza di un precedente limite e della relativa entità. Così la Cassazione nell’ordinanza 25544/23, pubblicata il 31 agosto dalla seconda sezione civile.
Nessuna responsabilità professionale del notaio per omessa indicazione dell’esistenza di vincoli limitativi sulla proprietà trasferita, se la parte contraente interessata ne era a conoscenza: lo hanno chiarito i giudici della III sezione civile nell’ordinanza n. 25278/2023, rigettando il ricorso di una parte avverso la decisione della corte d’appello. Nei fatti era accaduto che con atto di citazione era stato chiamato in giudizio un notaio responsabile, stando alla ricostruzione del ricorrente, di non aver effettuato correttamente, in sede di stipula di un contratto di compravendita, le visure sull’immobile oggetto di trasferimento: il professionista non si era pertanto avveduto dell’esistenza di una trascrizione di una domanda giudiziale sullo stesso. Nel merito se ne chiedeva la condanna al risarcimento dei danni, che venivano individuati nel prezzo di vendita da restituire all’acquirente, ed al pagamento delle spese del giudizio di esecuzione.
Più pesanti gli indennizzi per il danno biologico. A partire dal 1° luglio, infatti, gli importi sono rivalutati dell’8,1%, quant’è stata la variazione percentuale dei prezzi Istat tra l’anno 2021 e il 2022. Lo stabilisce il decreto 105/2023 a firma del ministro del lavoro, che approva la delibera Inail 116/2023.
Uno dei vanti del welfare italiano è la sanità. La sua ramificazione territoriale e la sua sostanziale gratuità hanno contribuito in modo decisivo al benessere sanitario di tutta la popolazione. È vero che col tempo la macchina si è appesantita, la politica è entrata brutalmente nel settore, la forbice tra aree diverse del territorio si è allargata, è mancata quella manutenzione di cui un’organizzazione così complessa non può fare a meno.
Il treno — 11 carrozze in trasferimento logistico — è arrivato a cento all’ora nella piccola stazione di Brandizzo, vicino a Chivasso. Era sulla linea Milano-Torino e andava in direzione di Torino, ore 23.47 di mercoledì. Gioffrè e Pugliese si sono accorti di quel gruppo di operai al lavoro quando ormai era troppo tardi e frenare, a quel punto, non è servito a nulla. Il treno si è fermato decine di metri più avanti rispetto al punto dell’impatto ed è inutile, qui, descrivere i dettagli di quel che è rimasto dei corpi dei lavoratori. Quando il rumore della ferraglia in frenata ha taciuto, l’aria si è riempita delle parole disperate dei sopravvissuti, dei commenti di orrore di chi ha visto o sentito qualcosa, delle urla di chi si è ritrovato davanti a quello spettacolo indecente. C’erano due uomini, sulla banchina, con la faccia bianca come un cencio, con le parole che non trovavano la via per uscire. Erano i due sopravvissuti. Uno di loro parlava al telefono con qualcuno, non si capacitava di quel che era appena successo, diceva qualcosa su quel treno che non doveva passare da lì in quel momento. Perché invece è passato? Com’è potuto succedere?
Nel 2022 i decessi sono stati 1.090 e 697.773 gli infortuni, nei primi sei mesi del 2023 già 450 vittime e 296.665 feriti. Cifre pesantissime, quelle certificate dall’Inail: operai, muratori, magazzinieri, marinai, agricoltori, camionisti che non tornano a casa nel Paese che la Costituzione fonda sul lavoro. I giovani al primo impiego, l’esercito sconfinato dei precari, le donne penalizzate da una disparità di genere combattuta solo a colpi di proclami, gli anziani costretti a salire sulle impalcature dei cantieri perché la pensione è una chimera o è troppo povera per continuare a tirare avanti senza lavorare, i penultimi e gli ultimi della filiera degli appalti.
Costano tanto e rendono poco. Sono le linee garantite dei fondi pensione complementari italiani. Uno speciale comparto di investimento della previdenza integrativa che forse andrebbe profondamente ristrutturato. A confermare i costi eccessivi è la stessa Covip, l’authority di vigilanza dei fondi pensione, che sottolinea il fenomeno nei suoi documenti ufficiali. Nonostante le deboli performance, i comparti garantiti della previdenza complementare italiana sono ancora tra i più richiesti dai lavoratori italiani con il 38% degli iscritti, secondi soltanto ai comparti bilanciati (39,7%). Mentre è ben più esiguo il peso delle linee azionarie: 9,2 per cento.