Nei primi sei mesi dell’anno, in conseguenza di fallimenti e liquidazioni volontarie sono stati persi persi 81.000 posti di lavoro e oltre 1 miliardo di euro di valore aggiunto (oltre a 2,5 miliardi di debiti finanziari e 1,8 di debiti commerciali). È quanto rileva lo studio “Le chiusure di impresa nel secondo trimestre 2023 e gli impatti sull’economia reale” realizzato da Cerved, la tech company che aiuta le imprese e il Paese a gestire il rischio di credito e a crescere in maniera sostenibile. In particolare, lo studio evidenzia come tra aprile e giugno, i fallimenti delle imprese italiane sono tornati a crescere per la prima volta dopo un anno e mezzo (+1,5% rispetto allo stesso periodo del 2022, 2.070 contro 2.039), mentre le liquidazioni volontarie hanno visto un’impennata del 26% (10.446 contro 8.282).
A soffrire maggiormente sono state le imprese piccole e medie (ma non le piccolissime), che si rivelano sempre più in difficoltà, come già evidenziato nel 2022 dalla crisi di liquidità e dall’allungamento dei tempi di pagamento verso i fornitori, che spesso sfocia in ritardi e mancati pagamenti.
A guidare i fallimenti sono soprattutto le ditte individuali (+27.7%); le società di capitali fanno registrare nel complesso un lieve aumento (+0.3%), trainato in particolare dalla fascia di aziende tra i 2 e i 10 milioni di euro di fatturato (+44,8%).
I comparti più colpiti sono l’industria (+5,2%) e i servizi (+1%), in particolare prodotti da forno (+84,6%), alberghi (+50,0%) e ingrosso costruzioni (+36%), che già nel 2022 avevano registrato livelli elevati di indebitamento e un peggioramento delle abitudini di pagamento. Nel Nord-Est (+12,1%) e al Centro (+11,6%) la crescita maggiore.
“Nel triennio 2020-22, gli effetti delle crisi e del rallentamento congiunturale non si sono tradotti in un aumento delle uscite dal mercato e delle chiusure di impresa, che hanno registrato sei trimestri consecutivi di riduzione mantenendosi su livelli ampiamente inferiori al pre-Covid”, spiega Andrea Mignanelli, amministratore delegato di Cerved. “Tuttavia, i dati del 2023 fanno emergere una chiara inversione di tendenza: l’impennata dell’inflazione e il conseguente forte rialzo dei tassi di interesse, si è manifestata in modo asimmetrico sulle imprese. Intercettare tempestivamente segnali di allarme e gestire situazioni di crisi, avvalendosi di dati, algoritmi predittivi e tecnologia, è sempre più fondamentale”.