OK DELLE COMMISSIONI AI DECRETI ATTUATIVI DELLA RIFORMA DELLA GIUSTIZIA
di Iacopo Buriani
La riforma del processo civile punta sulla mediazione. Rispettivamente, il 13 ed il 15 settembre, le commissioni giustizia del Senato e della Camera hanno espresso parere positivo, seppure con talune osservazioni, allo schema di decreto legislativo di riforma del processo civile (Ag 407). «Il parere delle commissioni era richiesto dalla stessa legge delega allo scopo di valorizzare il ruolo del parlamento nell’adozione del decreto delegato» spiega il presidente nazionale Lapet Roberto Falcone. Il testo ora torna all’esame del governo che dovrà recepire le osservazioni ed esercitare la delega entro il 24 dicembre 2022. Dunque, si avvia a conclusione il processo di riforma del contenzioso civile, iniziato con l’approvazione della legge delega 206 del 26 novembre 2021, che ha recepito le proposte della commissione Luiso, insediata per iniziativa del ministro Cartabia nel marzo dello stesso anno. «Nonostante le osservazioni, che ad ogni modo non incidono in maniera sostanziale sul provvedimento, si tratta di un passo decisivo verso l’attuazione della riforma Cartabia, peraltro necessaria per l’ottenimento dei fondi del Pnrr» commenta il presidente. La riforma del processo civile, infatti, è uno degli obiettivi concordati con l’Unione europea per accedere alle risorse del Piano nazionale di ripresa e resilienza. «L’impegno assunto in sede comunitaria è quello di ridurre del 40% la durata dei processi civili entro il 2026» ricorda Falcone. Per raggiungere questo obiettivo l’Italia ha inteso potenziare gli strumenti alternativi al processo per la risoluzione delle controversie. A tal fine la legge delega prevede di estendere l’ambito di applicazione della mediazione nelle controversie civili e commerciali ed introduce strumenti che ne incentivano l’applicazione. Prima di tutto viene esteso l’ambito delle controversie per le quali il previo tentativo di mediazione è condizione di procedibilità del giudizio. Non solo, la delega impegna il governo ad aumentare gli incentivi fiscali, ad applicare alla mediazione l’istituto del gratuito patrocinio, a favorire la partecipazione delle parti anche con modalità telematiche ed a potenziare la formazione e l’aggiornamento dei mediatori e la conoscenza di questi strumenti presso i giudici. In particolare, l’obbligo di previo esperimento del tentativo di mediazione viene esteso alle liti in materia di contratti di associazione in partecipazione, consorzio, franchising, opera, rete, somministrazione, subfornitura e di società di persone. Inoltre, vengono estesi i casi in cui la mediazione può essere demandata dal giudice e si prevede espressamente che anche la mediazione contenuta in apposita clausola contrattuale o statutaria costituisca condizione di procedibilità della domanda giudiziale.
Il presidente ribadisce che «il testo di riforma del processo civile ha assunto come cardini del progetto i principi che la nostra associazione sostiene da tempo». Infatti, la Lapet ha creduto nella mediazione fin dai suoi esordi, tanto da avere dato vita all’organismo di mediazione AdrMedilapet, autorizzato dal Ministero della giustizia nel 2011, e da avere inserito il tentativo obbligatorio di mediazione nel modello di mandato professionale.
«Proprio il riferimento al contratto d’opera è di particolare interesse per i tributaristi» osserva Falcone. Si tratta, chiarisce il vicepresidente Antonio Amendola «di una forma particolare di rapporto di lavoro autonomo, con il quale un soggetto si obbliga a compiere un’azione o un servizio in favore di un altro, in cambio di un corrispettivo e senza vincoli di subordinazione». In particolare, il contratto che lega i tributaristi ai propri clienti è un contratto d’opera intellettuale, disciplinato dall’articolo 2230 del Codice civile, in base al quale «il professionista, accettando l’incarico conferitogli dal cliente, si impegna a fornire la propria opera intellettuale in cambio di un compenso» precisa Amendola. Anche se la legge non prevede l’obbligo di registrazione in termine fisso del contratto d’opera intellettuale e neppure richiede la sua forma scritta, «consigliamo di stipulare il contratto o il mandato professionale per iscritto per avere la certezza dei reciproci diritti ed obblighi. – suggerisce Falcone – Nel contratto occorre indicare con precisione la prestazione professionale richiesta, i termini di esecuzione, i tempi di pagamento e le modalità di recesso. È opportuno, inoltre, adeguare i mandati alla prassi già adottata dalla Lapet, ossia inserire la clausola di mediazione nel contratto d’opera intellettuale, perché consente una definizione dell’eventuale lite in modo rapido, economico, riservato ed efficace». La procedura, infatti, spiega Amendola «ha un termine di conclusione di soli 90 giorni, i relativi costi sono predeterminati ed inferiori ad un ordinario procedimento giudiziale e l’accordo sottoscritto ha lo stesso valore di un titolo giudiziale anche da un punto di vista esecutivo». Non da ultimo, rimarca Falcone «è previsto un credito d’imposta rispetto alle indennità concesse all’organismo di mediazione». Ora l’auspicio, chiosa il presidente, è «che anche la recente riforma della giustizia tributaria segua l’esempio della giustizia civile, e riesca a rafforzare la mediazione, in primo luogo attribuendone la competenza ad un ente distinto dall’Agenzia delle entrate».
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