A LUGLIO LA RACCOLTA VITA FRENA A 5,8 MILIARDI DI EURO (-19%), IL MINIMO DA INIZIO ANNO
di Anna Messia
La domanda che si fa chi si occupa di assicurazioni è se si tratti di un dato spot, quindi destinato a durare poco, o piuttosto di un trend che resterà per mesi. Un interrogativo che per ora è senza risposta. Di certo la frenata della raccolta registrata a luglio dalla polizze vita in Italia è stata una sorpresa poco piacevole. La nuova produzione, come segnalato nell’ultimo report dell’Ania, è stata di 5,8 miliardi e si tratta dell’ammontare più basso da inizio anno, in calo del 19% rispetto allo stesso mese del 2021. A pesare, commenta qualche esperto, potrebbe essere stata anche l’incertezza legata alla crisi del governo Draghi di fine luglio, sta di fatto che il dato ha avuto inevitabilmente l’effetto di aumentare l’attenzione sul settore assicurativo. La frenata della raccolta avviene proprio mentre le assicurazioni sono già alle prese con l’aumento degli spread – ieri a oltre 228 punti il Btp-Bund -, che provoca un calo degli indici di solvibilità), e l’aumento dei tassi d’interesse, che ha invece effetti negativi sulle riserve. Anche in un orizzonte più lungo, guardando alla raccolta dall’inizio dell’inizio anno, i nuovi rami vita emessi sono stati pari a 46,7 miliardi, il 12,3% in meno rispetto allo stesso periodo del 2021, quando si osservava invece un incremento del 21,2%, rilevano ancora da Ania. E il dato che riguarda i nuovi afflussi di risparmio è chiaramente un elemento cruciale per il settore.

Non a caso l’Ivass per monitorare lo stato di salute delle assicurazioni tra le altre cose considera anche il rapporto tra riscatti e nuovi incassi, il cui ultimo valore comunicato al mercato prima dell’estate era pari al 54%. Dato che in questi mesi potrebbe essere aumentato, considerato appunto anche il calo della raccolta di luglio. La situazione resta comunque ampiamente sotto controllo, visto che a fine maggio il Solvency II medio del settore assicurativo (l’indice di solvibilità del comparto) era del 234%, ovvero 2,3 volte il minimo richiesto, e nessuna impresa era sotto il 100%. Il dato si sta muovendo in discesa visto che a marzo 2021 quel valore era del 257% ma, come detto, colloca comunque le assicurazioni italiane in territorio di sicurezza.

A preoccupare è però lo scenario economico, tra il possibile ulteriore aumento dei tassi da una parte e la frenata della ripresa economica per la crisi energetica dall’altra. Trend in atto proprio mentre a livello europeo si sta definendo una partita cruciale per l’Italia con la discussione della revisione delle regole per la definizione del Solvency II. L’ultimo passaggio c’è stato al Parlamento Europeo prima dell’estate. Il relatore alla norma, l’eurodeputato tedesco Markus Ferber, ha espresso un parere positivo alle richieste arrivate dal settore assicurativo in tema per esempio di trattamenti riservati agli investimenti di lungo periodo. A questo punto entro ottobre è attesa la proposta definitivo del Parlamento Europeo per poi passare il fascicolo al cosiddetto trilogo: oltre al Parlamento, quindi, anche il Consiglio e la Commissione Europea dovranno quindi pronunciarsi sulla riforma con un accordo. Questa partita per l’Italia riguarda in particolare la revisione del volatility adjustment, ovvero lo strumento che serve per evitare effetti prociclici in caso di tensioni sullo spread dei titoli di Stato. Anche l’Ivass ha sottolineato in più occasioni la necessità di modificarlo, visto che lo strumenti al momento risulta complesso e poco efficace. Prova ne è il fatto negli ultimi mesi, con lo spread sui Btp passato da 150 a oltre 250 punti base e poi di nuovo a meno di 200, la componente «nazionale», che serve per mitigare gli effetti della volatilità, non si è attivata. Tanto che il presidente dell’Ivass Luigi Federico Signorini ha chiesto di rendere l’attivazione più tempestiva e graduale.

Tale compromesso è già stato in parte accolto dal Consiglio Europeo e ora anche dal Parlamento, ma l’attenzione rimane alta considerando che le compagnie italiane restano molto esposte allo spread e continuano a detenere 310 miliardi di euro di Btp (erano 336 a fine 2020). Le revisioni proposte non sarebbero in particolare in grado di mitigare gli effetti in caso di spread particolarmente elevati, superiore ai 300 punti. Si tratta di una partita delicata, viste le incertezze politiche ed economiche, e a seguirla con attenzione sarebbe anche il ministero dell’Economia, dal momento che il settore assicurativo è uno dei principali sottoscrittori del debito pubblico italiano. (riproduzione riservata)
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