SCONGIURATA LA BUFERA POST-ELETTORALE, IL RAFFORZAMENTO PUÒ RIVELARSI PIÙ SEMPLICE
di Luca Gualtieri
L’aumento di capitale di Mps sarà la prima, delicata partita finanziaria a svolgersi dopo le elezioni politiche italiane. La banca senese si sta preparando all’operazione da 2,5 miliardi di euro e ieri ha raggruppato le azioni nel rapporto di cento a una: i soci hanno ricevuto ieri un nuovo titolo ogni cento posseduti. Un’iniziativa che ha riportato il prezzo da 0,30 a circa 30 euro per azione, anche se ieri il titolo, che non è stato scambiato, ha segnato un -34% per un valore di circa 20 euro.

IL raggruppamento (deliberato dall’ultima assemblea straordinaria) è uno degli ultimi passaggi tecnici prima del lancio dell’offerta. Il ceo, Luigi Lovaglio, del resto ha imposto alla banca un calendario serrato. Secondo quanto risulta, l’obiettivo sarebbe avviare l’aumento lunedì 10 ottobre, dopo aver incassato il via libera della Consob al prospetto informativo al termine di un’istruttoria lampo. «I tempi sono cruciali: l’operazione deve essere fatta entro il 30 novembre, da qui l’urgenza», aveva spiegato Lovaglio nel corso dell’ultima assemblea, facendo riferimento alla necessità di finanziare entro novembre i 3.500 esuberi previsti dal piano.

IN queste settimane il ceo sta incontrando molti investitori per provare a blindare una quota consistente dell’offerta a mercato, di quella cioé che non potrà essere sottoscritta dal Tesoro (primo socio di Mps al 64%). La scorsa settimana Bloomberg riportava di incontri avvenuti a Londra, sebbene ancora in fase preliminare. In questi giorni i top manager dovrebbero vedersi di nuovo per definire gli impegni e tracciare un quadro più chiaro degli impegni. «Guardiamo con interesse a opzioni relative all’ingresso di investitori per dare stabilità all’azionariato. L’ingresso di questi soggetti» in fase di aumento «dovrà avvenire alle medesime condizioni previste per gli altri investitori», aveva commentato Lovaglio nel corso dell’assemblea della scorsa settimana. «Del resto il vantaggio che Anima e Axa in questa fase possono offrire è proprio questo: dare una mano per la riduzione della necessità di capitale», ha spiegato una fonte all’agenzia MF-DowJones. «Anima tuttavia – proseguono le fonti – non avrebbe un ruolo di anchor investor nell’operazione. Si tratta di un investitore che mette dei soldi a supporto della società, ma l’anchor investor è un soggetto con natura diversa: si tratta di uno specialista che entra nell’operazione a supporto del management e dell’operazione e lo fa di mestiere».

PArallelamente, sempre a Londra, Lovaglio avrebbe incontrato i rappresentanti di diversi fondi di investimento e si starebbe delineando una rosa di investitori a supporto dell’operazione. I contatti riguarderebbero soprattutto alcuni dei soggetti che negli anni scorsi hanno investito nel Creval, dall’imprenditore francese Denis Dumont al fondo inglese Toscafund, da BlackRock a Hosking Partners. Le adesioni degli investitori saranno una variabile essenziale soprattutto per le scelte del consorzio che nei prossimi dieci giorni sarà chiamato a dare o meno la garanzia. Il pool di banche (che a giugno ha concesso al Monte una pre-garanzia) è stato progressivamente allargato nel corso dell’estate e oggi comprende, oltre a Mediobanca, BofA, Credit Suisse e Citi, anche Sch, Barclays, SocGen e Stifel. Se per il momento le elezioni politiche non hanno determinato il temuto aumento della volatilità, la condizione posta da un paio di banche estere sarebbe comunque quella di poter contare sulla copertura di circa la metà dell’offerta ai privati prima del lancio dell’operazione, per un controvalore di 400/450 milioni. «Si tratta di un obiettivo ambizioso, ma – spiega una fonte – raggiungibile alle attuali condizioni di mercato». (riproduzione riservata)
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