MEDIOBANCA: NEL 2021 I RICAVI DELLE AZIENDE ITALIANE A +10% RISPETTO AL PRE-COVID
di Andrea Boeris
Alla crisi pandemica del 2020, con un fatturato globale che era sceso del 12,3%, l’industria italiana ha risposto con un rimbalzo nel 2021 che ha visto i ricavi crescere del 25,6% rispetto all’anno precedente e raggiungere così un livello addirittura superiore (+10,1%) se confrontato con i livelli pre-pandemia del 2019. Una ripresa senza precedenti nel dopoguerra, sostenuta dalla domanda interna, e che potrebbe proseguire anche nel 2022, con le previsioni di fatturato che sembrano indicare ancora una decisa crescita pari al +7,5% (nominale) grazie ancora al ruolo della domanda interna e agli effetti positivi del Pnrr e delle agevolazioni fiscali. All’orizzonte però, nel sentiero stretto dell’industria italiana tra aumento dei prezzi e riduzione dei margini, ci sono rischi che potrebbero pesare sulla redditività delle imprese e generare incertezza, come l’inflazione, perché «un aumento dei costi del 10% basterebbe a mettere a rischio i margini».
Il quadro appena esposto è la sintesi dell’indagine annuale «Dati Cumulativi» pubblicata ieri dall’Area Studi di Mediobanca, che si concentra sulle società industriali e terziarie italiane di grande e media dimensione attraverso l’esame di 2.145 realtà nazionali che rappresentano il 47% del fatturato industriale e di quello manifatturiero, il 36% di quello dei trasporti e il 41% della distribuzione al dettaglio. Sono incluse tutte le aziende italiane con più di 500 dipendenti e circa il 20% di quelle di medie dimensioni manifatturiere.
A guidare la ripresa sono state le aziende pubbliche che, grazie alle attività energetiche (+32,4%) e petrolifere (+15,2%) hanno segnato un recupero del 22,9% rispetto al +6,6% messo a segno dalle aziende private, sottolinea il report. Le società industriali hanno registrato una crescita del 13,1%, che diventa un +9,1% se si escludono le energetiche e le petrolifere. La manifattura (+9,3%) «conferma le straordinarie capacità del IV capitalismo, ovvero le medie imprese (+14,3% sul 2019), che hanno doppiato i gruppi maggiori (+7,1%)». Guardando ai settori, le performance migliori le hanno messe a segno metallurgia (+35,9% sul 2019), elettrodomestici e apparecchi radio-TV (+32,2%), legno e mobili (+19,8%), chimica (+17,4%) e gomma e cavi (+15,1%).
Sul 2022 il rischio principale è rappresentato dall’inflazione sui costi degli acquisti di beni e servizi, che ammontano all’84,5% dei ricavi. Mediobanca ha calcolato che, ipotizzando un rincaro del 10%, la loro incidenza passerebbe al 93% del fatturato, mantenendo quest’ultimo costante. In termini assoluti si tratta di circa 65 miliardi di maggiori costi cui andrebbero sommati due miliardi di maggior costo del debito. Se questo ammontare venisse ribaltato sui prezzi di vendita, a volumi costanti, garantirebbe una crescita del fatturato dell’8,7%, con il margine netto che rappresenterebbe il 4,5% delle vendite. Nel caso di ribaltamento del 50% dei maggiori costi sul fatturato questo aumenterebbe, a parità di volumi, del 4,4%, ma la quota addebitata al Mon lo comprimerebbe allo 0,5% delle vendite. (riproduzione riservata)
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