I DATI CONTENUTI NEL RAPPORTO DEL CENTRO STUDI DI UNIMPRESA SULL’IMPATTO DELLA PANDEMIA
di Antonio Longo
Fuga degli investitori esteri da Piazza Affari durante la pandemia. Cala, infatti, dal 49% al 45% la percentuale del capitale delle spa italiane quotate detenuta da soggetti esteri. Ma dal 2019 al 2022 è cresciuta di 43 miliardi la capitalizzazione complessiva della società presenti sul listino milanese, da 522 miliardi a 565 miliardi. È quanto si rileva dalla lettura del rapporto del Centro studi di Unimpresa sul valore delle società per azioni e la ripartizione delle quote in base al quale, tra la fine del 2019 e il primo trimestre del 2022, relativamente alla percentuale del capitale delle società italiane quotate in Borsa, è salita lievemente sia quella in mano alle imprese (dal 3,8% al 4,7%) sia quella in capo alle famiglie (dall’11,7 al 12,2%). «I disinvestimenti dei fondi esteri sono una spia che dovrebbe da un lato far scattare l’allarme rosso nel mondo economico-finanziario, dall’altro sollecitare i partiti che formeranno la nuova maggioranza di governo a promuovere, senza indugi, tutti gli interventi necessari a invertire la tendenza e trattenere i capitali dentro i nostri confini, evitando massicci disinvestimenti» commenta il presidente di Unimpresa, Giovanna Ferrara, «è necessario varare, con la massima urgenza, un pacchetto di misure in campo fiscale, per snellire la burocrazia, per migliorare i tempi della giustizia civile, per abbassare il costo del lavoro e, più in generale, occorre rendere meno incerto il quadro normativo per chi fa impresa».

Nel periodo preso in esame dagli analisti, la capitalizzazione totale delle spa presenti sul listino di Borsa è salita, come anticipato, di quasi 43 miliardi (+8%). Per quanto riguarda, invece, l’universo complessivo delle società per azioni (sia quelle quotate sia quelle non quotate), il valore è salito di oltre 236 miliardi (10%), passando da 2.322 miliardi a 2.558 miliardi. In particolare, si segnala il valore delle quote delle società in mano alle famiglie, salito di oltre 201 miliardi (+23%).

In aumento il valore complessivo delle società quotate. Secondo il rapporto del Centro studi, che ha elaborato le statistiche pubblicata dalla Banca d’Italia, il valore complessivo delle società quotate in Borsa è aumentato, durante i due anni di pandemia, di 42,9 miliardi di euro (+8,20%), salendo dai 522,9 miliardi di dicembre 2019 ai 565,8 miliardi di marzo 2022. Per quanto riguarda le quote di possesso, il valore delle partecipazioni di aziende presenti sul listino di Piazza Affari, detenute dalle imprese, è passato da 90,8 miliardi a 121,9 miliardi, in crescita di 31,9 miliardi (+35,41%).

La quota delle partecipazioni detenute dalle banche è passata da 80,7 miliardi a 84,6 miliardi, in crescita di 3,8 miliardi (+4,78%). Il valore delle spa quotate in mano ad assicurazioni e fondi pensione è salito di 2,08 miliardi (+48,78%), da 4,2 miliardi a 6,3 miliardi.

In calo, invece, il valore delle quote detenute dallo Stato centrale e quelle degli enti locali, rispettivamente di 2,6 miliardi (-10,17%) e di 170 milioni (-5,26%), nel primo caso passando da 26 miliardi a 23,3 miliardi, nel secondo caso da 3,2 miliardi a 3,06 miliardi.

Flessione anche sul versante degli enti di previdenza, con il valore delle quote diminuito di 43 milioni (-7,89%), da 545 milioni a 502 milioni. È significativamente cresciuto il valore di Piazza Affari in mano alle famiglie, più 7,9 miliardi (+12,92%), da 61,4 miliardi a 69,3 miliardi.

Mutata la “geografia” finanziaria italiana. L’aumento della capitalizzazione complessiva di Piazza Affari ha consentito di rimescolare le percentuali di possesso e di conseguenza la “geografia” finanziaria italiana risulta assai differente nel primo trimestre del 2022 se confrontata con il quadro di fine 2019. Durante i due anni di pandemia, dunque, i fondi esteri hanno visto calare il valore dei loro asset societari italiani di 30 milioni (-0,01%), da 256,54 miliardi a 256,51 miliardi, ma in termini percentuali è sceso ancora di più il loro peso su Piazza Affari: se, infatti, a fine 2019, i soggetti stranieri detenevano il 49,06% delle quote di società quotate, questa percentuale è scesa al 45,34% a marzo scorso. Un percorso negativo del quale hanno approfittato soprattutto le imprese, passate dal 3,88% al 4,77%, e le famiglie, passate dall’11,75% al 12,26%. Assicurazioni e fondi pensioni sono passati dallo 0,82% all’1,12%. In discesa, invece, le quote di partecipazioni detenute dalle banche (dal 15,45% al 14,96%), dallo Stato centrale (dal 4,97% al 4,13%), dagli enti locali (dallo 0,62% allo 0,54%), dagli enti di previdenza (dallo 0,10% allo 0,09%).

Spostando il focus, invece, verso l’universo delle società per azioni italiane, i dati rivelano che il valore complessivo è salito di 236,1 miliardi (+10,17%), dai 2.322,2 miliardi di dicembre 2019 ai 2.558,4 miliardi di marzo 2022. Saldo positivo per le imprese, il cui patrimonio societario ha registrato una crescita di 30,03 miliardi (+8,49%), da 353,7 miliardi a 383,7 miliardi. Bilancio negativo per le banche, le loro quote in società per azioni sono scese, infatti, di 14,5 miliardi (-4,84%), da 301,6 miliardi a 287,08 miliardi. Positivo anche l’andamento del patrimonio societario detenuto da assicurazioni e fondi pensione, da 61,08 miliardi a 72,2 miliardi, in crescita di 11,1 miliardi (+18,25%). Positivo il bilancio per lo Stato centrale che registra un incremento del valore delle sue imprese di 4,8 miliardi (+4,30%), da 111,8 miliardi a 116,6 miliardi. Negativo, invece, il bilancio degli enti locali, con le società di comuni e regioni, infatti, che hanno bruciato valore per 1,04 miliardi (-7,48%), scendendo da 14 miliardi a 12,9 miliardi. Più vistoso il decremento sul patrimonio societario degli enti di previdenza, calato di 12,8 miliardi (-65,19%), da 19,7 miliardi a 6,8 miliardi. È boom, invece, del valore delle quote delle società in mano alle famiglie, salite di 201,5 miliardi (+22,95%), da 878,2 miliardi a 1.079,7 miliardi. Per i fondi esteri, invece, il valore delle società per azioni è salito di 17,1 miliardi (+2,95%), da 581,9 miliardi a 599,1 miliardi. Nel quadro generale delle società per azioni, sono le famiglie ad avere la più alta percentuale di possesso, salita dal 37,82% di fine 2019 al 42,30% di marzo 2022, mentre quella dei fondi stranieri è scesa dal 25,06% al 23,42%. Stabile la percentuale in mano alle imprese (dal 15,23% al 15%) e quella di assicurazioni e fondi pensione (dal 2,63% al 2,82%), mentre è in lieve calo quella delle banche (dal 12,99% all’11,22%). Nessuna variazione significativa anche per lo stato centrale (dal 4,82% al 4,56%), per gli enti locali (dallo 0,60% allo 0,51%), per gli enti di previdenza (dallo 0,85% allo 0,27%).

Crollano anche gli investimenti degli stranieri in Italia. A conferma dei precedenti dati, Unimpresa evidenzia anche che gli investimenti esteri in Italia sono crollati negli ultimi anni, dagli oltre 23 miliardi di euro del 2016 e dai quasi 38 miliardi del 2018 ai circa 12 miliardi del 2021. Se si prende in considerazione il solo periodo coincidente con l’ultima legislatura, a partire dal 2018 si è registrato un crollo superiore al 68%, pari a quasi 25 miliardi.

Secondo i dati del Centro studi di Unimpresa, che ha analizzato anche in questo caso le statistiche della Banca d’Italia, nel 2016 l’ammontare complessivo degli investimenti esteri in Italia era pari a 23,5 miliardi di euro, cifra calata a 10,4 miliardi nel 2017, poi salita a 37,9 miliardi nel 2018 e di nuovo calata a 27,8 miliardi nel 2019. Nel 2020, anno di inizio della pandemia da Covid, si è registrato un disinvestimento totale di 18,7 miliardi, mentre nel 2021 si è invertita la tendenza, grazie a 11,9 miliardi entrati nei confini nazionali. Quest’anno, la quota di investimenti esteri, nei primi quattro mesi, ha già raggiunto i 10,2 miliardi, ma il saldo finale annuo potrebbe subire gli effetti negativi di un’eventuale e non improbabile recessione economica.
Fonte:
logoitalia oggi7