GIURISPRUDENZA
Autore: Marco Rossetti
ASSINEWS 345 – ottobre 2022
Quali oneri per assicuratori e intermediari?
1.Un manager infedele.
Una nota e robusta compagnia telefonica, vari anni fa, lanciò una tambureggiante campagna pubblicitaria in cui una altrettanto nota e pneumatica soubrette ripeteva adorante, parlando al telefono: “Quanto ce piace da chiacchiera’!”.
L’innocente battuta fu presaga d’un infausto destino per quella compagnia telefonica: vari anni dopo, infatti, piacque molto chiacchierare anche ad uno dei manager della società, membro del consiglio di amministrazione, il quale in un’intervista radiofonica rivelò notizie molto riservate: che la società stava per deliberare un aumento di capitale, e che per questa ragione il presidente del consiglio di amministrazione aveva in animo di svalutare per due miliardi di euro il valore dell’avviamento iscritto nel bilancio consolidato.
Naturalmente il giorno dopo le azioni della società subirono un tracollo in tutti i mercati finanziari.
Altrettanto naturalmente da questi fatti scaturirono molti giudizi: l’Autorità di vigilanza irrogò al manager chiacchierone una sonora sanzione, impugnata dall’interessato dinanzi al TAR; parallelamente, il manager venne sottoposto a procedimento penale.
Per difendersi nel procedimento disciplinare, nel processo amministrativo ed in quello penale il nostro manager spese la bellezza di centonovantaduemila euro. E qui comincia la nostra storia.
2. Una clausola ambigua.
Il caso volle che la società di cui il nostro era amministratore aveva stipulato con due primarie compagnie una coassicurazione a favore dei propri manager.
Il contratto obbligava l’assicuratore a tenere indenni gli amministratori della società stipulante dalle spese legali che avessero dovuto sopportare per resistere in giudizi scaturenti da “condotte, anche di natura illecita, poste in essere dagli amministratori per conto e nell’interesse della contraente”.
Non si chieda il lettore se quella in questione fosse una normale assicurazione della responsabilità civile, una assicurazione di tutela legale od una polizza c.d. “D&O”: per i nostri fini ciò come vedremo è irrilevante.
Ovviamente il manager chiese ai coassicuratori la rifusione delle spese legali sostenute per difendersi nei tre giudizi sopra indicati (disciplinare amministrativo, penale), per quasi 200.000 euro.
Gli assicuratori tuttavia rifiutarono l’indennizzo, eccependo che la condotta tenuta dal manager, e dalla quale erano scaturiti i processi nei quali aveva dovuto difendersi, non rientrava nel rischio assicurato, in quanto non era stata tenuta a causa e nell’esercizio delle proprie funzioni.
2.1. Nel successivo giudizio civile proposto dall’assicurato nei confronti dell’assicuratore si cominciò dunque a discutere su come dovesse interpretarsi il contratto, per stabilire se questo coprisse o non coprisse il rischio di dover pagare un avvocato per difendersi dall’accusa di rivelazione di notizie riservate nel corso d’una intervista radiofonica.
Il giudice di merito concluse per la soluzione negativa, e tra i vari argomenti a sostegno di tale soluzione spese anche il seguente: il rischio non era coperto – egli disse – perché la società contraente non poteva avere alcun interesse a stipulare un contratto che coprisse le spese legali sostenute dai propri manager in conseguenza di atti compiuti al di fuori dell’esercizio delle proprie funzioni.
L’assicurato impugnò per Cassazione (anche) questo punto di decisione, osservando che nell’assicurazione per conto altrui l’unico interesse che deve sussistere, ai fini della validità del contratto, è l’interesse dell’assicurato.
L’interesse del contraente – sostenne il manager dinanzi alla Corte di cassazione -, quale che esso sia, è giuridicamente irrilevante, e se è giuridicamente irrilevante non poteva nemmeno essere valorizzato dal giudice di merito ai fini dell’interpretazione del contratto e della delimitazione del rischio.
3. L’intervento della Corte.
La Corte di Cassazione, con la sentenza pronunciata da Cass. civ., sez. III, sentenza 17.1.2022 n. 1166, ha rigettato sul punto qui in esame il ricorso del (preteso) assicurato, affermando che “l’assicurazione per conto altrui esige la sussistenza di un duplice e diverso interesse: l’interesse dell’assicurato, che è il tipico interesse contrario all’avverarsi del sinistro di cui all’art. 1904 c.c.; e l’interesse del contraente, che non necessariamente deve avere carattere di giuridicità, ma può anche essere solo morale o di fatto”.
Da questo principio ha tratto la conclusione che l’interesse del contraente, nell’assicurazione per conto altrui, non solo non è irrilevante (e dunque ben può essere preso in esame dal giudice al fine di interpretare le clausole contrattuali), ma addirittura è “requisito di validità” dell’assicurazione per conto di chi spetta.
In estrema sintesi, secondo la S.C. l’assicurazione per conto altrui esige per la sua validità un duplice interesse: sia un interesse dell’assicurato, sia un interesse del contraente. Il primo è un “normale” interesse giuridicamente rilevante, ai sensi dell’articolo 1904 c.c.
Il secondo, invece, non deve necessariamente essere un interesse giuridico, né necessariamente patrimoniale, ma può consistere anche soltanto in un “interesse morale, di immagine o di mero fatto”.
Questa affermazione non ha affatto un valore puramente teorico, ma è gravida di conseguenze sul piano pratico: e non solo per le parti del contratto, ma anche – come vedremo – per gli intermediari.
4. Un contratto dalla natura discussa.
La natura del contratto di assicurazione per conto altrui è da tempo discussa in dottrina. Il problema è quello di stabilire se si tratta di una particolare ipotesi del contratto a favore di terzo, previsto in via generale dall’art. 1411 c.c.; oppure di una figura speciale ed autonoma.
Se si optasse per la prima tesi, allora sarebbero applicabili all’assicurazione per conto altrui le previsioni dell’art. 1411 c.c., e quindi anche quella secondo cui la stipulazione a favore di un terzo è valida “qualora lo stipulante vi abbia interesse”. Un esempio varrà a descrivere la caratura pratica del problema.
Se Tizio assicura contro il rischio di incendio la vettura di Caio, senza essere né proprietario del veicolo, né utilizzatore, né conduttore, né creditore di Caio, ed anzi senza nemmeno conoscere Caio, questo contratto sarà valido se si ritenesse che l’art. 1891 deroga all’art. 1411 c.c.; ed invalido nel caso opposto.
In dottrina, come si accennava, un primo orientamento ritiene che l’assicurazione per conto altrui costituisce una ipotesi di contratto a favore del terzo, di cui all’art. 1411 c.c., pur distinguendosene sotto vari profili1. Un secondo orientamento, invece, nega che l’assicurazione per conto altrui costituisca una ipotesi di contratto a favore del terzo.
Si sostiene, al riguardo, che nel contratto a favore di terzi è necessario che lo stipulante abbia un interesse alla prestazione a pro del terzo (art. 1411, 1° co., c.c.), mentre nell’assicurazione per conto altrui non è rilevante che sussista un interesse del contraente, ma è necessario che sussista un interesse dell’assicurato, in assenza del quale il contratto sarebbe nullo ex art. 1904 c.c..
Inoltre, mentre nello schema di cui all’art. 1411 c.c. basta la stipulazione tra stipulante e promittente per fare acquistare al terzo il diritto alla prestazione, nell’assicurazione per conto altrui la mera conclusione del contratto non sarebbe sufficiente ad attribuire al terzo il diritto all’indennità, se questi non fosse titolare dell’interesse assicurato. Secondo questa tesi, pertanto, l’assicurazione per conto altrui va inquadrata nell’ambito della rappresentanza indiretta, o sostituzione gestoria.
Detto altrimenti, le particolari regole dettate dall’art. 1891 c.c. rappresenterebbero il necessario adattamento al contratto assicurativo dell’istituto del mandato senza rappresentanza (art. 1705 c.c.)2. Da questa impostazione l’orientamento in esame fa discendere, come già accennato, l’inapplicabilità dell’art. 1891 c.c. all’assicurazione sulla vita, poiché per quest’ultima la legge non richiede il presupposto dell’interesse (art. 1904 c.c.), che costituisce invece il fondamento di tutta la disciplina dettata dall’art. 1891 c.c..
4.1. Anche nella giurisprudenza di legittimità la individuazione della natura dell’assicurazione per conto altrui ha dato luogo a vari contrasti. In alcune isolate decisioni, l’assicurazione per conto viene inquadrata tout court nello schema del contratto a favore del terzo di cui all’art. 1411 c.c.. Da ciò è stata fatta discendere la conseguenza che, là dove l’assicurato rinunci all’indennizzo (ad esempio, perché già risarcito da altri), il contraente potrà pretenderne il pagamento (Cass., 25-5-1995, n. 5747, in Foro it. Rep., 1995, Assicurazione (contratto), n. 68).
In altre decisioni l’assicurazione per conto altrui è stata ritenuta “una forma speciale di contratto a favore di terzo”, caratterizzata dalla mescolanza dell’interposizione gestoria e dal contrarre a favore altrui. Per l’esattezza, nell’assicurazione per conto lo stipulante sarebbe un interposto che agisce per conto altrui.
La conseguenza di tale impostazione è, da un lato, che al contratto di assicurazione per conto altrui sono ritenute applicabili sia le norme di cui all’art. 1411 c.c., sia quelle del contratto di assicurazione, nella parte in cui derogano ai principi generali in tema di contratto a favore di terzo3; e dall’altro che per la stipula di questo tipo di assicurazione è necessario che il contraente vi abbia interesse4.
Per un terzo orientamento, condiviso anche dalle sezioni unite, il contratto di assicurazione “per conto” (di cui all’art. 1891 c.c.) sarebbe invece strutturalmente e funzionalmente diverso dal contratto a favore di terzo (di cui all’art. 1411 c.c.). In particolare: (-) ai fini della validità dell’assicurazione per conto non è necessario che lo stipulante vi abbia interesse, al contrario di quanto previsto per il contratto a favore di terzi dall’art. 1411, primo comma, c.c.; (-) nell’assicurazione per conto manca la possibilità di revoca della stipulazione a favore del terzo (art. 1411, secondo comma, c.c.); (-) nell’assicurazione per conto è previsto il rimborso a favore del contraente dei premi da lui pagati all’assicuratore e delle spese del contratto, con il privilegio del contraente sull’indennità pagata dall’assicuratore all’assicurato (ultimo comma dell’art. 1891 c.c.), il che rende quest’ultimo non un mero beneficiario dell’assicurazione, ma parte del rapporto assicurativo; (-) l’assicurazione per conto altrui è valida a prescindere dalla dichiarazione del terzo di volerne profittare.
4.2. Se si aderisse a questo ultimo orientamento, dalla eterogeneità tra assicurazione per conto altrui e contratto a favore di terzo discenderebbe, tra le altre, l’importante conseguenza che nell’assicurazione per conto altrui non è necessario che il contraente abbia un proprio interesse alla stipula dell’assicurazione, ai fini della validità del contratto.
Ma è proprio su questo punto che la giurisprudenza di legittimità, senza avvedersene, sembra essere incorsa in un contrasto. Secondo l’opinione per lungo tempo unanime, l’unico interesse rilevante ex art. 1904 c.c., ai fini della validità del contratto, è quello dell’assicurato5, al punto che l’assicurazione per conto altrui potrebbe avvenire anche donandi causa, ove il contraente fosse mosso unicamente da spirito di liberalità.
Questo principio venne recepito dalla Corte sinanche a sezioni unite. Queste ultime, chiamate a stabilire se l’assicurazione per conto altrui di cui all’articolo 1891 c.c. fosse o no una particolare ipotesi di contratto a favore del terzo ex articolo 1411 c.c., conclusero per soluzione negativa, e tra gli argomenti utilizzati per negare la assimilabilità delle due fattispecie, le sezioni unite affermarono espressamente che nel contratto a favore di terzo “non è richiesto l’interesse dello stipulante previsto dall’art. 1411, primo comma c.c.” (Cass. sez. un. 18 aprile 2002 n. 5556, in Assicurazioni, 2002, II, 2, 129).
Negli ultimi anni, tuttavia, la S.C. ha abbandonato questo principio, come dimostra proprio la sentenza ricordata nell’incipt del presente articolo. La prima decisione in tal senso aveva ad oggetto il caso di una scuola che aveva stipulato un contratto di assicurazione contro gli infortuni, in favore dei propri allievi. Verificatosi un sinistro, i genitori del minore infortunato non provvedevano a denunciare l’infortunio nei termini contrattualmente previsti, perdendo così il diritto all’indennizzo.
I genitori dell’infortunato, nondimeno, convenivano in giudizio il direttore didattico, cercando di sostenere che quello di specie non poteva ritenersi un contratto a favore di terzo, perché la scuola non aveva alcun interesse ex art. 1904 c.c. a stipularlo, ma era un contratto di assicurazione della responsabilità civile della scuola (con la conseguenza che l’obbligo di denuncia del sinistro gravava sulla scuola, e non sull’infortunato, e dunque era colpa di quest’ultima se gli attori avevano perduto il diritto all’indennizzo).
La Corte di Cassazione ha negato che quello in questione fosse un contratto di assicurazione della responsabilità civile della scuola, ed ha aggiunto che la scuola aveva un effettivo interesse all’assicurazione “per conto” degli allievi, interesse ravvisato “nel ruolo pubblico dell’istituzione didattica, sollecita nell’apprestare (…) una forma di tutela patrimoniale dei rischi attingenti la persona dei piccoli scolari”.
Nella stessa sentenza, sia pure incidenter tantum, la Corte di Cassazione ha altresì osservato che, nell’assicurazione per conto altrui, l’interesse della parte stipulante “non dovrebbe difettare”, trattandosi di species del contratto a favore del terzo6. In tal modo, la Corte parrebbe ritenere che l’interesse del contraente, nell’assicurazione per conto, sia presupposto essenziale del contratto7. Ancora più esplicita è la motivazione di Cass. 4 maggio 2005 n. 9284, in Assicurazioni, 2006, II, 2, 28, ove si afferma – sul presupposto che anche l’assicurazione per conto rientri nel genus del contratto a favore di terzi di cui all’art. 1411 c.c. – che nell’assicurazione per conto altrui anche il contraente deve, ai fini della validità del contratto, essere titolare di un interesse alla stipula; tuttavia tale interesse, a differenza di quello dell’assicurato, non necessariamente deve avere natura giuridica, ma può essere anche di mero fatto, puramente morale o solo “di immagine”8.
5. E gli intermediari?
Anche per gli intermediari non è senza conseguenze lo stabilire se nell’assicurazione per conto altrui debba o non debba sussistere un interesse “anche morale” del contraente.
Ciò per due ragioni. La prima ragione è che, come noto, l’intermediario non può proporre la stipula, o favorire la stipula, di contratti in punto e se è vero, come afferma la sentenza qui in commento, che nell’assicurazione per conto altrui un interesse “anche morale” del contraente e richiesto “a pena di invalidità” del contratto, la conclusione scontata: l’intermediario, richiesto della stipula di un contratto di assicurazione per conto altrui, avrebbe l’obbligo giuridico di accertarsi se esista un interesse del contraente a stipulare il contratto.
Se non lo facesse, avrebbe proposto la stipula di un contratto invalido ne sarebbe personalmente responsabile. La seconda ragione è che, come parimenti è noto, è obbligo dell’intermediario proporre unicamente contratti idonei a “soddisfare l’interesse” delle parti intermediate. Ma “parte intermediata”, nell’assicurazione per conto altrui, non è l’assicurato: è ovviamente il contraente.
Se dunque dovesse consolidarsi orientamento adottato dalla sentenza qui in rassegna, l’intermediario avrebbe il duplice onere di sindacare non solo se il contratto che sta proponendo sia conforme all’interesse dell’assicurato, ma anche se sia conforme ad un interesse “anche morale” del contraente. E qui sorgerebbero i problemi, perché non sempre è possibile che “di fuor si legga com’io dentro avvampi”, e l’interesse del contraente potrebbe divenire qualcosa di così impalpabile e sfuggente, da far supporre nell’intermediario vere e proprie capacità divinatorie.
Così, ad esempio: un padre avrà un “interesse morale” a stipulare un’assicurazione contro il rischio di incendio della casa della figlia? Una moglie avrà un “interesse morale” a stipulare un’assicurazione contro il rischio di furto dell’automobile del marito? Una società commerciale ha un “interesse morale” a stipulare un’assicurazione contro il rischio che i propri manager debbano pagare avvocati per difendersi in giudizio penale? Insomma, l’opinione secondo cui il contratto di assicurazione per conto altrui di cui all’articolo 1891 c.p.c. non è valido se non sussista un interesse “anche morale” del contraente sembra condurre la giurisprudenza lungo una strada tortuosa e pericolosa, in particolare per le responsabilità cui, a condividere questo principio, andrebbero incontro agli intermediari.
1 SCALFI, Assicurazione (contratto di), in Digesto comm., I, Torino 1987, 350-351; DONATI, Trattato del diritto delle assicurazioni private, Milano 1953, II, 80. In argomento
si veda anche MASI, L’assicurazione per conto di chi spetta e il contratto a favore di terzo, in Riv. dir. comm., 2004, 1187.
2 DONATI-VOLPE PUTZOLU, Manuale, cit., 1999, 131; FANELLI, Le assicurazioni, cit., 417 e 439.
3 Cass. 4 maggio 2005 n. 9284, inedita.
4 Cass., sez. III, 05-06-2007, n. 13058, in Danno e resp., 2008, 479.
5 Cass. 24-3-1977, n. 1150; Cass., 26-7-1967, n. 1983.
6 Cass., 20-8-1997, n. 7769, in Arch. civ., 1997, 1210.
7 Tale opinione, in dottrina, è condivisa da CHINDEMI, Polizza furto di autovettura di proprietà di terzi, stipulata dal possessore del veicolo in proprio: assicurazione
per conto altrui o nell’interesse proprio?, in Nuova giur. civ. comm., 1999, I, 171; e da MAJELLO, L’interesse dello stipulante nel contratto a favore di terzi, Napoli, 1962, 75.
8 Nello stesso senso Cass. civ., sez. III, 05-06-2007, n. 13058, in Danno e resp., 2008, 479.
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