Nicola Carosielli
Tra pochi anni per comprendere quanto sarà cambiato il nostro modo di vivere basterà alzare la testa. Quasi sicuramente ci sarà un drone intento a consegnare l’ultimo pacco ordinato su Amazon o il pranzo prenotato da Mc Donald’s e consegnato da Uber. A quel punto si capirà come questi quadricotteri abbiano abbattuto i confini dell’uso militare (nell’ambito del quale comunque il loro utilizzo è sempre più importante, come dimostrano la tragica vicenda afghana di queste settimane), dismettendo anche i panni di semplice oggetto ludico per pochi appassionati. I più attenti però si sono già resi conto di quanto i droni siano una delle forme più tangibili della quarta rivoluzione industriale. Tanto da aver allargato il proprio campo di utilizzo a settori come l’agricoltura di precisione, la fotografia, l’edilizia, l’energia, il monitoraggio delle reti e delle autostrade. Una crescita notata tempo fa da Goldman Sachs, secondo cui a fine 2020 la spesa per i droni non militari avrebbe dovuto superare i 100 miliardi di dollari e, secondo le previsioni del gruppo di ricerca specializzato Drone II, arriverà a generare per le aziende coinvolte nella filiera un giro d’affari di 43 miliardi di dollari entro il 2025.
Il settore con il passare del tempo inizia a trovare sempre più spazio anche nei mercati finanziari, con la presenza di un crescente numero di attori che scelgono di quotarsi, nonostante l’assenza di strumenti alternativi come gli Etf. Tale fermento sembra aver creato le condizioni per lo sbarco in borsa del più grande player del settore, il gruppo di Shenzhen Dji. Il colosso cinese detiene il 74% del mercato globale dei droni (che gli garantisce circa 2 miliardi di dollari di ricavi con un cagr del 19,41%) ed è stato valutato (per la gioia degli azionisti Accel Partners e Sequoia Capital) 18 miliardi di dollari, che saliranno a 24 una volta suonata la campanella.
In attesa che parta ufficialmente il dossier molti altri big del comparto già quotati (ovviamente a Wall Street) stanno riscontrando ottime performance. Tra questi spicca Ambarella, gruppo californiano attivo nella progettazione di semiconduttori, specializzato in processori a bassa potenza, alta definizione e compressione video Ultra HD, che negli ultimi 12 mesi ha messo a segno una performance di oltre il 164% raggiungendo una capitalizzazione di 4,79 miliardi di dollari. La società ha anche all’attivo una partnership con Amazon per la creazione di un ecosistema di dispositivi di machine learning.
Un’altra performance di rilievo è stata messa a segno da EHang, cresciuta in un anno del 194% per una capitalizzazione di 1,47 miliardi di dollari grazie anche alle voci circa una possibile partnership con Volkswagen in scia ai vari accordi stretti da altre case dell’auto, come Stellantis, Hyundai, Audi, GM, Porsche.
Accanto ai titoli più strettamente legati al comparto vi sono poi quelli della difesa come Leonardo, che oltre a collaborare con molti governi e sviluppare nuovi impieghi dei quadricotteri (come il trasporto di merci pesanti) ha anche dato vita al Drone Contest per innovare questa branca dell’air mobility. Un altro attore è il gigante della difesa statunitense Lockheed Martin e AeroVironment, cui si aggiungono player del calibro di Boeing e GoPro fino ad arrivare a big tech come Amazon e Alphabet (tramite la controllata Wing).
Nei prossimi mesi infine i listini dovrebbero arricchirsi di altre startup dei droni: da Archer Aviation (tra i cui investitori figura Stellantis), che dovrebbe approdare al Nyse tramite una business combination da 3,8 miliardi con la spac Atlas, alla tedesca Lilium, unica società non americana ad aver annunciato la quotazione (sul Nasdaq) nel 2021 (con una valutazione di 3,3 miliardi $) tramite la spac Qell Acquisition Corp.
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