di Anna Messia
L’operazione Cattolica-Generali incassa il bollino dell’autorità di controllo ed entra nella fase esecutiva, allontanando i rischi legati ai ricorsi. Ieri l’Ivass ha approvato la trasformazione in società per azioni della compagnia assicurativa veronese e ha dato il via libera al testo del nuovo statuto della spa che entrerà in vigore dal 1 aprile, quando il passaggio societario avrà inizio operativamente. Una notizia che ha spinto in alto le quotazioni di Cattolica in borsa, dove durante la seduta ha superato 5,17 euro (+5,6%), avvicinandosi al valore di 5,47 euro che i soci potrebbero incassare in caso di recesso previsto per il passaggio da cooperativa a spa, che potrà essere esercitato nei prossimi 15 giorni. Il via libera dell’autorità di controllo guidata da Daniele Franco toglie però incertezza all’operazione perché blinda il passaggio a società per azioni al quale era condizionato l’ingresso di Generali nel capitale con il 24,4% che appare a questo punto irreversibile anche davanti alle possibili azioni di soci contrari. Azioni che nei mesi scorsi, come noto, non sono mancate. L’ultima in ordine di tempo è stata la diffida di lunedì 7 al board da parte di un gruppo di soci raccolti in Casa Cattolica che hanno citato l’articolo 2527 del Codice civile invitando il cda a non favorire la sottoscrizione dell’aumento di capitale da parte del Leone di Trieste fino a che la compagnia veronese resterà cooperativa, ovvero fino al 31 marzo. Azioni che a questo punto appaiono spuntate alla luce delle modifiche statutarie approvate da Ivass, come pure l’esposto presentato le scorse settimane in Consob da parte dell’associazione dei soci Api per evidenziare che gli effetti derivanti dall’esecuzione dell’aumento di capitale riservato a Generali sono paragonabili a quelli di un’opa. Anche in questo caso, a fare fede, sarebbe l’articolo 106 del Tuf che fissa al 25% la prima soglia rilevante ai sensi dell’offerta pubblica mentre il Leone si fermerà al 24,4%.
In ballo c’è poi l’indagine della Procura di Verona che ad agosto ha notificato informative di garanzia al presidente del Paolo Bedoni, all’amministratore delegato Carlo Ferraresi e al segretario del cda Alessandro Lai sull’ipotesi di reato di illecita influenza sull’assemblea. Ma a prescindere dalle evoluzione di questa vicenda, il passaggio di Cattolica a spa e l’ingresso di Trieste nel capitale appaiono ormai irreversibili. Scenario che ieri ha messo le ali alle azioni Cattolica, anche se il valore del titolo non è ancora allineato al recesso. Ma le previsioni della società guidata da Ferraresi è che saranno decisamente pochi gli azionisti che vorranno liberarsi delle azioni Cattolica perché l’operazione con Generali, che prevede lo sviluppo di sinergie nel business assicurativo, porterà valore alla società e ovviamente, a cascata, al titolo, e non meno attraente è la prospettiva di una possibile opa di Generali che il mercato immagina nel medio termine. Difficile che gli investitori istituzionali che detengono il 60% del capitale Cattolica, a partire dalla Berkshire Hathaway di Warren Buffett, primo socio con il 9%, non vadano a vedere le carte della nuova Cattolica.
Intanto si parte con l’ingresso del Leone nel capitale della società con una quota del 24,4% tramite la sottoscrizione di 300 dei 500 milioni di ricapitalizzazione complessiva chiesta da Ivass a Cattolica per risollevare il Solvency II. Già la prossima settimana è atteso l’invio del prospetto in Consob, poi a ottobre il Leone sottoscriverà la sua quota ad un prezzo di 5,55 euro per azioni e, a cascata, a novembre (dopo la pubblicazione di un secondo prospetto) altri 200 milioni saranno messi sul mercato con Banca Imi, Mediobanca e Goldman Sachs pronti a scendere in campo per l’operazione. Intanto venerdì 11 la compagnia presieduta da Paolo Bedoni comunicherà i risultati del primo semestre con gli occhi puntati sull’utile, ma inevitabilmente anche su quell’indice di solvibilità dal quale tutto ha preso avvio. (riproduzione riservata)
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