Gianluca Stancati
Le polizze collettive di previdenza integrativa che il datore, con oneri a suo carico, stipula nell’interesse di suoi dipendenti, con lo scopo di garantire agli stessi un beneficio aggiuntivo della retribuzione, rappresentano, agli effetti fiscali, componente del reddito di lavoro (fringe benefit). Le somme successivamente riscosse dal beneficiario della polizza dovranno essere assoggettate al regime tributario tipico dei capitali rinvenienti dai contratti di assicurazione sulla vita. In tal senso si è espressa l’Agenzia delle entrate con la risposta n. 383 del 18 settembre.
L’istanza di interpello era stata presentata dal dipendente di un comune in relazione a contratti da quest’ultimo stipulati a favore degli agenti di polizia municipale. Secondo lo schema negoziale, la liquidazione delle prestazioni sarebbe avvenuta tramite il contraente (il comune) che avrebbe ricevuto i relativi ammontari dalla compagnia assicurativa, con successivo onere di operare le ritenute di legge e, quindi, versare le somme nette ai beneficiari. L’istante riteneva non corretto l’iter prospettato dal comune, nel senso di applicare un regime di tassazione separata equiparando la polizza ad una forma di previdenza complementare. Di contro, proponeva una diversa qualificazione, invocando il regime dei contratti di «risparmio e investimento».
L’amministrazione, dunque, oltre a puntualizzare il trattamento delle prestazioni a valle, benché non oggetto del quesito, si sofferma anche sugli effetti fiscali «dell’attribuzione» dello strumento, evidenziandone l’aspetto di reddito in natura, quale vantaggio riservato ad alcuni e beni individuati lavoratori.
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