di Luca Gualtieri
Mediobanca tira dritto sulla governance in vista dell’assemblea del prossimo 28 ottobre. Ieri il consiglio di amministrazione di Piazzetta Cuccia ha presentato la rosa di candidati per il prossimo board e le modifiche statutarie che saranno sottoposte al voto dei soci. Come anticipato da MF-Milano Finanza, la lista (stilata con l’ausilio di Spencer Stuart) è nel solco della continuità, anche per dare un segnale forte al mercato in una fase di cambiamento degli assetti azionari. A uscire sono stati soltanto Marie Bolloré (figlia di Vincent e in cda dal rinnovo del 2014) e il vice presidente Alberto Pecci (entrato nel 2012 su indicazione della famiglia Pesenti, ma non più candidabile per raggiunti limiti d’età). Al loro posto il board ha candidato Laura Cioli (ex amministratore delegato di Gedi, Rcs e Cartasì e oggi consigliere di Autogrill, Brembo e Sofina) e la francese Virginie Banet (ex managing director di Nomura e di Deutsche Bank e recentemente candidata da Vivendi nel consiglio di sorveglianza di Lagardère). Confermati invece tutti gli altri consiglieri, a partire dal presidente Renato Pagliaro, dal ceo Alberto Nagel e dal direttore generale Francesco Saverio Vinci. Nuovo mandato in vista anche per l’altro attuale vice presidente Maurizia Angela Comneno, Elisabetta Magistretti (entrambe in passato in quota Unicredit), Costa (Fininvest), Maurizio Carfagna (famiglia Doris), Valerie Hortefeux (Bolloré), Gabriele Villa (docente all’università Cattolica arrivato alla fine del primo mandato), Maximo Ibarra e Vittorio Pignatti-Morano (cooptati in consiglio nel 2018 al posto dell’ex presidente di Telefonica Cesar Alierta e del banchiere Massimo Tononi).
Come detto, la scelta della continuità va letta anche alla luce delle trasformazioni avvenute negli assetti di controllo dell’istituto, con la Delfin di Leonardo Del Vecchio pronta a balzare oltre il 9,9% verso il 20%.
Sempre ieri, il board ha approvato le modifiche statutarie sulle quali ha lavorato intensamente. Si prevede in particolare di eliminare il vincolo che l’amministratore delegato e il direttore generale vengano scelti fra i dirigenti del gruppo e di graduare il numero di dirigenti membri in consiglio in funzione della dimensione dell’organo consiliare. Nel caso in cui il cda sia composto da un numero uguale o inferiore a 13 il numero di dirigenti si ridurrà da 3 a 2 per garantire un miglior bilanciamento tra funzione esecutiva e di supervisione strategica all’interno dell’organo consiliare. «Le modifiche, autorizzate dalla Bce», spiega una nota, «sono principalmente relative a profili di governance legati all’evoluzione degli assetti proprietari e sono finalizzati a un maggior allineamento alle best practice dell’industria bancaria». Il nuovo statuto introduce inoltre il vincolo che gli amministratori indipendenti rappresentino la maggioranza del consiglio, allineando i criteri d’indipendenza al nuovo codice di corporate governance. C’è infine una modifica relativa al meccanismo di nomina del board: qualora la lista di maggioranza non avesse sufficienti candidati, gli amministratori mancanti non saranno eletti dall’assemblea ma estratti dalle altre liste. Il codicillo è pensato per gestire un eventuale sorpasso della rosa del board da parte di quella di minoranza (presentata da Assogestioni o da un altro investitore) che è poi uno degli esiti possibili dell’assemblea del 28 ottobre. Forte del suo 9,9% o di una quota superiore, Delfin potrebbe infatti sostenere una lista di minoranza, incalzando così la maggioranza uscente. In Piazzetta Cuccia comunque l’appuntamento di ottobre non desta preoccupazione. Al contrario, anche alla luce del lavoro svolto in passato con Luxottica, c’è fiducia sulla possibilità di instaurare una proficua collaborazione con il primo socio. (riproduzione riservata)
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