Dalla ricerca della Consulta emerge un quadro poco incoraggiante per tutto il territorio
Quasi 2 milioni di famiglie in fallimento per debiti
Pagina a cura di Sabrina Iadarola
Cresce il numero delle famiglie schiave dell’indebitamento in Italia e, di conseguenza, anche il rischio usura. A certificarlo è la ricerca annuale della Consulta nazionale antiusura che, quest’anno, si basa sul modello di quattro classi di indicatori: criminalità, rischio finanziario, sicurezza sociale, economia. Le province più esposte sono tutte nel meridione e nelle isole. Ma i risultati sono tutt’altro che incoraggianti su tutto il territorio nazionale: nel corso degli 11 anni della crisi finanziaria, in tutto il Paese, il numero delle famiglie in fallimento economico, per debiti accumulati e per bilancio deficitario, è passato da circa un milione 277 mila unità a quasi due milioni(1.959.500).
La minore esposizione all’usura riguarda 9 province del Nordest, 11 del Nord-ovest, 6 del Centro-nord e la Capitale. In questo gruppo di territori a minore esposizione, tra la prima in classifica (con punteggio pieno di 1.000) e l’ultima c’è una differenza inferiore a 250 millesimi. Incidono l’omogenea diffusione dei sistemi di sicurezza sociale e la più contenuta stagnazione economica. Ma anche questo gruppo si differenzia al suo interno per due gruppi di indicatori: quelli finanziari e quelli criminologici. Tre province venete (Treviso, Padova e Belluno) hanno un punteggio basso per la salute dei conti finanziari (tra i 499 e i 556 punti). Per l’incidenza degli indicatori criminologici, ben nove hanno valori compresi tra 510 e 335, rispettivamente a Brescia e a Bologna. A salvare le province «meno esposte» sono le offerte di welfare a sostenere il peso della crisi e quindi a supportare una relativa tenuta dell’economia: a beneficio di un minor rischio finanziario. E questo nonostante l’esposizione al costo materiale, sociale e umano della locale questione criminale. Più esposte all’usura, preceduta o accompagnata dalla vasta diffusione dell’indebitamento patologico pur non delinquenziale, sono tutte le province calabresi (Reggio e Crotone in modo particolarmente drammatico), 7 province siciliane, quelle pugliesi e Potenza per la Basilicata. Solo Benevento e Avellino restano fuori dal campo delle maggiori crisi, pur collocandosi la provincia irpina appena fuori dell’area del rischio estremo. Nell’ordine gli indicatori che gettano il meridione nell’area dell’usura sono quelli criminologici (con incidenza sul totale in un range tra l’80 e il 51% dei fattori), seguiti da quelli economici (tra il 63 e il 42%) e quindi dai «finanziari» (tra 63 e 45 %). Da tale suddivisione dei pesi si possono ottenere informazioni utili a orientare le priorità nelle politiche pubbliche: contrasto alla criminalità, interventi sociali, misure di stimolo all’economia, tutela e assistenza finanziaria. «Diventa per questo necessario e urgente individuare azioni di politica economica accompagnate da procedure giuridiche di sostegno, rivolte a trattare le debitorie di una popolazione per le quali non esiste la possibilità di raggiungere con le proprie forze l’equilibrio, se non con l’impiego di strumenti appropriati», ha sottolineato monsignor Alberto D’Urso, presidente della Consulta nazionale antiusura Giovanni Paolo II, «È una esigenza avvertita non solo da una coscienza cristiana, ma anche da una visione civile di umanità. Sarebbe un’azione di esdebitazione, non solo di economia politica efficace, ma anche rispettosa della dignità della persona, propedeutica al reinserimento di tante famiglie nel sistema economico del Paese. Bisogna focalizzare l’attenzione sul futuro delle giovani imprese e famiglie». In quest’ottica si posizionano il convegno del 4 ottobre a Roma promosso dal Dipartimento del tesoro del Mef su «Educazione finanziaria, micro credito e fintech alleati contro l’usura per l’inclusione finanziaria: nuove partnership e rinnovate sinergie con il Fondo Mef di prevenzione dell’usura» e l’evento promosso su suggerimento di Papa Francesco ad Assisi dal 26 al 28 marzo 2020 «The Economy of Francesco», mons D’Urso ha concluso con un’esortazione: «Non facciamoci rubare la speranza, il futuro».
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