Nell’Unione Europea si stima che nel 2025 i lavoratori di età compresa tra i 50 e i 64 anni saranno il 35%, ponendo problemi di sostenibilità economica anche sotto il profilo sanitario e pensionistico, con un incremento della durata della vita lavorativa.
Secondo l’Organizzazione mondiale della Sanità, la definizione di “lavoratore che invecchia” è quella di un addetto che supera l’età di 45 anni, mentre è denominato “lavoratore anziano” chi ha oltre 55 anni.
Il tema dell’anzianità della popolazione lavorativa è divenuto centrale nelle analisi di esperti e osservatori per l’impatto che esso ha sulle dinamiche occupazionali e sociali. Su di esso si è ampiamente riflettuto proprio di recente con la campagna 2016-2017 dell’Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro (Eu-Osha), dedicata all’invecchiamento attivo dei lavoratori e alla sensibilizzazione sull’importanza del lavoro sostenibile nel corso dell’intera vita professionale.
A rioccuparsi delle conseguenze dell’invecchiamento e delle loro ripercussioni sull’andamento infortunistico in Italia è ora un report redatto dal Dipartimento di medicina, epidemiologia, igiene del lavoro e ambientale (Dimeila) dell’Inail, consultabile nell’area “comunicazione” del sito dell’Istituto. Nel documento vengono analizzati, dal 2011 al 2015, i dati infortunistici dei lavoratori anziani, di età pari o superiore ai 55 anni, presenti nella banca dati Infor.MO, ed esaminati secondo i seguenti criteri: attività svolte dall’infortunato; attività compiute da soggetti terzi; utilizzo di utensili, macchine, impianti; uso di materiali; fattori ambientali; utilizzazione di dispositivi di protezione ambientale. Nel repertorio Infor.MO, che è il sistema nazionale di sorveglianza degli infortuni mortali e gravi sul lavoro, sono riportati dati sintetici e analisi delle dinamiche correlate in un flusso temporale che va dall’inizio dell’incidente fino alle sue fasi definitive.
In agricoltura la percentuale maggiore di incidenti mortali.
Sul totale dei 1.256 casi registrati nel quinquennio preso in esame, nell’archivio sono segnalati 442 infortuni mortali di lavoratori anziani, avvenuti principalmente nel settore agricolo (44%) e nelle costruzioni (24%), seguiti dal comparto manifatturiero, dal terziario e dai trasporti. Per quanto riguarda la tipologia di impresa, gli infortuni sono accaduti essenzialmente nelle micro imprese (80%), mentre risulta bassa (7%) la quota di casi avvenuti in aziende medio grandi, cioè da cinquanta addetti in su.
Frequenti i ribaltamenti da trattore.
La scheda poi passa ad analizzare i fattori di rischio presenti nei cinque comparti esaminati. Le modalità di accadimento più frequenti negli infortuni mortali risultano essere le cadute dall’alto (34%) e la perdita di controllo dei mezzi utilizzati (25%), molto spesso con il loro ribaltamento. Un dato, quest’ultimo, che le cronache registrano di frequente in agricoltura, in particolare con la segnalazione di incidenti con l’uso di trattori. L’attività svolta dal lavoratore agricolo nel cagionare l’incidente è presente nel 59% dei casi, ed è dovuta ad azioni estemporanee o a pratiche abituali non corrette, legate al cosiddetto ‘fattore dell’esperienza’ che caratterizza il settore agricolo, nel quale è più difficile mutare comportamenti tramandati per tradizione nonostante la loro pericolosità.
Nel comparto edilizio le cadute dall’alto (71%) si confermano come la causa più ricorrente, con l’attività dell’infortunato presente al 42% e il contesto ambientale al 20%. Nel settore manifatturiero, gli eventi mortali più frequenti tra i lavoratori over 55 sono dovuti a caduta dall’alto dei gravi (29%) e a caduta dall’alto degli infortunati stessi (21%). Anche in questo settore le attività svolte dalla persona mostrano il loro peso nel verificarsi dell’evento incidentale, causato specificamente per il compimento di azioni estemporanee (38%), pratiche abituali non idonee (33%), carenze nella formazione o nell’addestramento (26%). Le stesse osservazioni possono dirsi anche per il terziario e per il settore dei trasporti.
Necessario un approccio biopsicosociale nella valutazione dei rischi.
“Dalle analisi riportate – scrivono gli autori nelle considerazioni conclusive – emerge che i lavoratori anziani sono una parte crescente della forza lavoro, dal momento che si lavora più a lungo, per cui la gestione della salute e sicurezza sul lavoro per la forza lavoro in età avanzata è divenuta una priorità”. E’ necessario quindi – proseguono i ricercatori del Dimeila – avviare “un approccio biopsicosociale nella valutazione dei rischi e nella connotazione sociale della popolazione lavorativa”, in grado di riequilibrare la prestazione professionale con le capacità individuali del lavoratore anziano.
Nella scia di quanto già affermato dalla campagna Eu-Osha, va quindi cambiato l’atteggiamento verso l’invecchiamento, introducendo aggiornamenti periodici e permanenti, adattando il lavoro all’età e rendendolo più flessibile. E’ necessario infine rimodulare i servizi sanitari alle esigenze di una popolazione che avanza nell’età coinvolgendo di più la figura del medico competente nella definizione dei compiti lavorativi e dei rischi correlati.
Fonte: INAIL