Omologa, revisione, funzionamento: onere sul giudice
DI DARIO FERRARA
Per la guida in stato d’ebbrezza se l’alcoltest è positivo spetta al pubblico ministero provare che l’etilometro funziona regolarmente, risulta omologato e sottoposto a revisione. Pesa la sentenza costituzionale 113/15 che ha disposto l’obbligo di dimostrare il controllo periodico degli strumenti di misurazione della velocità a garanzia della sicurezza stradale. Un obbligo esteso dalla giurisprudenza civile anche all’etilometro, che dunque deve valere anche nel penale, pena una distonia nel sistema.
D’altronde è l’accusa a dover dimostrare i fatti costitutivi del reato, che nel caso di quello ex articolo 186 Cds è il superamento del tasso alcolemico nel sangue del guidatore previsto come soglia di rilevanza penale. Così la sentenza 38618/19, pubblicata il 19 settembre dalla quarta sezione penale della Cassazione. Razionalità pratica. Il ricorso dell’automobilista è accolto contro le conclusioni del sostituto procuratore generale. Trova ingresso la censura della difesa secondo cui l’etilometro nella specie risulta solo omologato mentre soltanto la revisione periodica prevista dal regolamento di esecuzione Cds garantisce precisione dello strumento e attendibilità del risultato. E invoca l’assimilazione al principio affermato dalla Consulta sugli autovelox.
La sentenza 113/15 enuncia un canone di razionalità pratica: qualsiasi apparecchio, specie se elettronico, è soggetto a obsolescenza e non sottoporlo a manutenzione appare «intrinsecamente irragionevole» specialmente in un settore di particolare rilevanza sociale come la circolazione stradale. Insomma: non basta la prova dell’omologazione ma bisogna anche dimostrare che l’apparecchio è stato revisionato.
Rischio paradosso. L’orientamento tradizionale riteneva sufficiente l’omologazione ha onerato il privato di dimostrare in sede sia civile sia penale che l’apparecchio di misurazione non funziona quando dà il suo verdetto contrario all’automobilista; un compito tanto più gravoso se si considera che l’apparecchio è nella disponibilità dell’amministrazione. Poi interviene la Consulta e l’obbligo di revisione e taratura periodica è esteso dalla giurisprudenza civile all’etilometro: non c’è ragione di non riconoscerlo anche nel penale.
Diversamente si rischiano effetti paradossali: l’onere della prova del funzionamento del «palloncino» sarebbe a carico dell’amministrazione nel civile e dell’imputato nel penale. E una stessa fattispecie potrebbe costituire soltanto illecito penale e non amministrativo, mentre il primo deve essere solo l’extrema ratio in base al principio di sussidiarietà. All’imputato spetta unicamente la sola contraria dopo che l’accusa dimostra le verifiche periodiche compiute sullo strumento. Parola al giudice del rinvio.
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