Tempi duri in tema di responsabilità anche per i sindaci. Sentenza dopo sentenza, la Cassazione sta tracciando un percorso che vede al centro della corporate governance amministratori e sindaci chiamandoli a responsabilità a cui prima non erano abituati. Infatti, con la sentenza n. 21566, depositata lo scorso 18 settembre, la Cassazione ha ampliato i confini dell’attività di vigilanza esercitata dal collegio sindacale, che nelle società di capitali è incaricato di vigilare sulla legalità e correttezza della gestione sociale, sottolineando l’importanza di una vigilanza sempre più diligente. È noto che nell’ambito di una società, il collegio sindacale è l’organo deputato al controllo e al vaglio della legittimità delle operazioni compiute. Ne deriva la responsabilità ogni qualvolta non interviene per segnalare comportamenti dubbi, dal punto di vista della legittimità. In tale contesto, per integrare la responsabilità, non occorre una particolare condotta, che contrasti con il dovere di vigilanza, ma è sufficiente il semplice mancato riconoscimento e relativa segnalazione di una macro irregolarità.
In particolare, nel caso di specie, relativa a un fallimento societario, ai sindaci è stato contestato di non avere usato la massima diligenza nell’espletamento dei propri doveri di vigilanza. Avrebbero infatti omesso gli opportuni controlli che, invece, sarebbero stati necessari in considerazione delle incongruenze emerse nella realtà aziendale per lo più riconducibili a operazioni societarie e contabili.La Corte, quindi, chiamata a esprimersi sul caso, ha affermato che in tema di responsabilità dei sindaci, non occorre, ai fini dell’inosservanza del dovere di vigilanza disciplinato dall’art. 2407, comma 2, c.c., l’individuazione di specifici comportamenti che si pongano espressamente in contrasto con tale dovere. È sufficiente, infatti, che questi non abbiano rilevato una macroscopica violazione o comunque non abbiano reagito in alcun modo di fronte ad atti di dubbia legittimità e regolarità posti in essere dagli amministratori. Per di più, nel caso in analisi, il collegio sindacale – rimasto in carica per tutto il periodo di attività della società – aveva potuto rendersi perfettamente conto sia della strutturale debolezza imprenditoriale della stessa sia del progressivo aumento del passivo e delle evidenti illegittimità delle scritturazioni di bilancio; ciò nonostante tale organo aveva omesso di segnalare l’impossibilità di porre rimedio alla situazione debitoria, ormai irreversibile, avendo invece sollecitato l’approvazione dei bilanci, sulla base delle mere assicurazioni fornite dagli amministratori in ordine al futuro ripianamento delle perdite. Detto ciò, secondo i giudici, il danno arrecato alla società dalla inosservanza degli obblighi legali e statutari da parte degli amministratori non si sarebbe mai prodotto se il collegio avesse tenuto una condotta conforme ai propri doveri.
Ancora una volta, la giurisprudenza di legittimità ha così partecipato con un’altra pronuncia in materia alla maggior focalizzazione di un ruolo, quello dei sindaci societari, decisivo per il corretto svolgimento della vita d’impresa. E i sindaci ? I sindaci, dal canto loro, continuano ad assistere inermi al continuo ampliamento non solo dei confini dei propri oneri ma anche delle proprie responsabilità (peraltro già ampie).
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