Qualora il ministero della pubblica istruzione sia condannato a risarcire la successione di contratti, da tempo determinato in tempo indeterminato, con la corresponsione di una somma a titolo di risarcimento del danno subito, queste somme non dovranno essere assoggettate a tassazione. Lo ha stabilito la sezione prima della Commissione tributaria regionale di Roma nella sentenza n.4472/2016. La vertenza nasce da un diniego di rimborso di trattenute Irpef sulle somme determinate dal giudice del lavoro di Viterbo che aveva disposto una somma a titolo di risarcimento, sulla base del fatto che la ricorrente aveva diritto ad indennità risarcitorie in seguito alla diversa qualificazione dei contratti lavorativi. Il comma 2 dell’articolo 6 del Testo unico delle imposte sui redditi (Dpr n. 917/86) stabilisce che «i proventi conseguiti in sostituzione di redditi, anche per effetto di cessione dei relativi crediti, e le indennità conseguite, anche in forma assicurativa, a titolo di risarcimento di danni consistenti nella perdita di redditi, esclusi quelli dipendenti da invalidità permanente o da morte, costituiscono redditi della stessa categoria di quelli sostituiti o perduti». Secondo una prassi consolidata, le somme erogate come sostituzione o integrazione del reddito (lucro cessante) sono assoggettabili a tassazione, mentre il risarcimento del danno, inteso come reintegrazione patrimoniale che non rappresenti una sostituzione del reddito (danno emergente) non è tassabile. Nel caso specifico, la Commissione ha considerato che in base alla legge (art.36, co. 5, dlgs n.165/2001), la violazione da parte delle pubbliche amministrazioni non possa comportare la costituzione di rapporti di lavoro a tempo indeterminato. Si tratta quindi di valutare se le somme erogate siano da qualificare quali mancati guadagni (lucro cessante) o somme erogate al fine di risarcire la perdita subita (danno emergente). «Atteso il divieto legale di conversione dei contratti a tempo determinato in rapporto di lavoro a tempo indeterminato» osserva il collegio «è evidente che il risarcimento cui il ministero della pubblica istruzione è stato condannato non ha funzione sostitutiva o integrativa del reddito del percipiente, bensì una natura meramente ristoratrice occasionalmente parametrata ai fini della determinazione del suo ammontare». Così, riformando completamente la decisione dei giudici provinciali di Viterbo, il collegio regionale ha accolto l’appello disponendo che le somme erogate siano considerate non tassabili, statuendo conseguentemente la spettanza del rimborso.

Benito Fuoco

[omissis] la norma di riferimento è l’art. 6, comma 2, del Tuir, secondo il quale devono essere ricondotte a tassazione le indennità corrisposte a titolo risarcitorio, sempreché le stesse abbiano una funzione sostitutiva o integrativa del reddito del percipiente; sono, in sostanza, imponibili le somme corrisposte al fine di sostituire mancati guadagni (lucro cessante) sia presenti che futuri del soggetto che le percepisce. Diversamente, non assumono rilevanza reddituale le indennità risarcitorie erogate al fine di reintegrare il patrimonio del soggetto ovvero al fine di risarcire la perdita economica subita dal patrimonio (danno emergente). In linea generale, quindi, non è mai reddito il risarcimento del danno emergente mentre lo è il risarcimento del lucro cessante. Occorre, però, un ulteriore passaggio: verificare che il lucro risarcito abbia, a sua volta, natura reddituale; ciò sta a significare che tale risarcimento deve trovare collocazione in una delle categorie di reddito previste dal comma 1 dello stesso art.6. Si ritiene che, comunque, tale disposizione vada coordinata con il principio generale di tassazione delle sole somme conseguite in sostituzione di redditi e della in tassabilità dei risarcimenti che non costituiscono reddito, ossia quelli erogati a fronte di danni emergenti. Orbene, tutto ciò premesso, ritiene la commissione che, atteso il divieto legale di conversione della serie di contratti di lavoro a tempo determinato in rapporto di lavora a tempo indeterminato, è evidente che il risarcimento cui il ministero della pubblica istruzione è stato condannato non ha una funzione sostitutiva o integrativa del reddito del percipiente. In altri termini, ad avviso della Commissione, il risarcimento disposto nella specie del giudice del lavoro di Viterbo non è sostitutivo della retribuzione, da cui in ipotesi discenderebbe l’assoggettamento a tassazione avendo piuttosto natura meramente ristoratrice, occasionalmente parametrato (il risarcimento) con il ricorso, ai fini della determinazione appunto del suo ammontare, a determinate mensilità di retribuzione, ben potendo in ipotesi essere il danno da risarcire diversamente calcolato.

In definitiva, l’appello va accolto, a ciò conseguendo la riforma della sentenza di prime cure.

Sussistono, avuto riguardo alla sussistenza in merito di orientamenti giurisprudenziali non univoci, giuste ragioni per compensare integralmente le spese di giudizio.

PQM

La Commissione tributaria regionale del Lazio, I sezione, accoglie l’appello del contribuente e, per effetto, riforma la pronuncia di prime cure. [omissis]
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