Il decreto del Ministro dell’interno 1° dicembre 2010, n. 269, adottato ai sensi dell’art. 257 del regio decreto 6 maggio 1940 n. 635 (regolamento di esecuzione del T.U. delle leggi di P.S. come modificato dall’art. 1 del decreto del Presidente della Repubblica 4 agosto 2008, n. 153), disciplina le caratteristiche e i requisiti minimi di qualità degli istituti vigilanza e di investigazione privata.
Stante l’esigenza di garantire l’adeguatezza dei servizi in questione, la normativa pone l’accento sulla capacità tecnica dei soggetti che intendono svolgere attività investigative private, tra le quali è espressamente indicata l’attività di indagine in ambito assicurativo, richiesta dagli aventi diritto, dai privati e dalle società di assicurazioni (art. 5, comma 1, lettera A.IV, del D.M. n. 269/2010).
I requisiti professionali minimi e di capacità tecnica sono riportati negli allegati G e H del citato D.M. e devono essere documentati dal richiedente all’atto della presentazione della domanda.
A loro volta i prefetti sono chiamati a esercitare un’attenta azione di controllo sulla capacità tecnica dei soggetti che intendono offrire servizi d’investigazione privata e a rifiutare la licenza a chi non dimostri di possedere la professionalità adeguata ai servizi che intende esercitare, come espressamente previsto dall’ art. 136, comma primo, del T.U. delle leggi di P.S.
Non può essere condivisa la pretesa di ritenere sufficiente per il rilascio della licenza l’esperienza maturata quale perito, sia perché l’attività investigativa è volta alla raccolta di un ampio ventaglio di informazioni a differenza dell’attività peritale che consiste nella sola stima del danno, sia perché vi si oppongono le disposizioni normative sopra richiamate.
Consiglio di Stato, sez. I, parere del 15 giugno 2016 n. 1613
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