RESPONSABILITà MEDICA/ Sentenza della Cassazione
di Francesco Barresi
Non basta violare le regole di cautela per provare la responsabilità medica. Lo afferma la Corte di Cassazione, nella sentenza 33582/2016 del 22 marzo, che ha trattato il caso della morte di un neonato per la presunta responsabilità dello staff medico. La vicenda si è dilungata davanti i giudici del Palazzaccio, che hanno accolto il ricorso ribaltando la sentenza ma precisando il confine giuridico che regola la responsabilità medica. «L’insistita sottolineatura della sicura violazione di regole cautelari da parte dei sanitari», spiegano gli Ermellini ,«sembra assunta a fattore risolutivo, invece rappresenta solo il primo tassello di un disegno ben più ampio». I porporati infatti ricordano il principio di diritto secondo cui «in tema di causalità nei reati colposi, va esclusa la responsabilità dell’agente quando l’evento si sarebbe comunque verificato in relazione al medesimo processo causale, nei medesimi tempi e con la stessa gravità o intensità, poiché in tal caso dovrebbe ritenersi che l’evento imputato all’agente non era evitabile». Ma il collegio degli ermellini insiste anche su un altro aspetto, più cruciale: il ruolo del giudice sui referti dei periti. La Corte d’appello aveva espresso, sulla base della documentazione, che la morte del piccolo fosse avvenuta «in modo istantaneo», mentre gli ermellini hanno evidenziato l’incongruenza della morte, nelle pagine 7 e 8 della sentenza, «realizzata in un arco temporale («prolungato insulto …») e non in modo istantaneo».
Da qui il richiamo alla funzione del giudice come «peritus peritorum», perito tra i periti, ossia come «custode e garante della scientificità della conoscenza fattuale espressa dal processo». Interpretando così la contemporaneità del giudice, «in un tempo nel quale straordinaria è la complessità, come frastagliata e molteplice è la specializzazione dei saperi», è tenuto a valutare le perizie tecniche perché «le informazioni che attraverso l’indagine peritale, e non solo, penetrano nel processo devono essere valutate nella loro affidabilità ed imparzialità», bacchettando in sordina i giudici di merito, i quali «hanno omesso qualsiasi valutazione critica del contributo offerto dagli esperti».
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