Possibile che l’aumento delle temperature dovuto all’effetto serra sia in grado di causare terremoti, eruzioni vulcaniche e tsunami?
Sembrerebbe proprio di sì, considerato che il riscaldamento globale provoca lo spostamento di grandi masse di ghiaccio che trasformate in acqua hanno un impatto potenzialmente devastante sulla crosta terrestre.
Insomma, il legame tra il riscaldamento del clima e gli eventi geologici non è un evento così inverosimile per un certo numero di scienziati. Non si tratta certo di una novità assoluta, ma l’idea è tornata a galla dopo il terremoto del 24 agosto che colpito il Centro Italia, uccidendo 297 persone.
Tra le fonti accreditate, una delle più ascoltate porta al vulcanologo inglese Bill McGuire, docente di geofisica presso l’University College di Londra, che nel suo più recente lavoro, “Waking The Giant: How A Changing Climate Triggers Earthquakes, Tsunamis And Volcanoes”, spiega chiaramente come il cambiamento climatico possa scatenare gli eventi catastrofali.
La terra, per McGuire, è un gigante addormentato che si rigira sotto i periodici stimoli che riceve. Di solito, pensiamo a questi episodi come alle conseguenze di sfregamenti tra placche tettoniche, ma il professore inglese ci invita a pensare che anche ciò che accade nell’aria comporterà delle conseguenze sul comportamento della terra.
McGuire ci riporta alla fine dell’ultima era glaciale, tra 20.000 e 5.000 anni fa, quando la terra subì una profonda trasformazione climatica, con la scomparsa di grandi ghiacciai e l’avvento del clima temperato.
Lo scioglimento delle imponenti calotte di ghiaccio che ricoprivano buona parte delle terre emerse ebbe come effetto da un lato l’innalzamento del livello degli oceani e dall’altro la brusca diminuzione della pressione esercitata dal peso di quelle masse di ghiaccio sulla crosta terrestre.
La scomparsa di strati di ghiaccio che McGuire descrive come 20 volte più alti della ruota panoramica London Eye, fece sì che la crosta terrestre subisse un contraccolpo, come se fosse una molla cui viene tolto il blocco.
L’aumento della pressione sui bacini oceanici piegò la crosta in corrispondenza dei loro margini causando l’apertura di faglie e l’eruzione dei vulcani vicini. Le prove geologiche testimoniano che si abbatterono violenti tsunami in luoghi della terra dove oggi eventi simili appaiono impensabili, come per esempio nell’estremo nord dell’attuale Regno Unito.
Certo, il momento che stiamo vivendo non è paragonabile alla fine della glaciazione, ma le prospettive per il futuro non sono certo rosee. Infatti, se le temperature del pianeta dovessero continuare a salire fino alla fine del secolo, le conseguenze catastrofiche di uno scioglimento dei ghiacci artici potrebbero non tardare. In questo senso, qualche segno premonitore arriva dall’Alaska, dove l’aumento della temperatura e la riduzione dei ghiacci sta già causando un movimento di faglie che fino ad ora erano state contenute proprio nel ghiaccio. E anche i capricci fatti dal vulcano Eyjafjallajokull hanno a che fare con il mutato equilibrio dei ghiacci in Islanda. Così come si sta assistendo a un aumento significativo di frane nelle aree più montuose come le Alpi, le Montagne Rocciose, il Caucaso, ecc., in risposta alle più intense ondate di calore e alla crescente intensità delle piogge.
Circa il terremoto del Centro Italia, McGuire non vede alcun nesso tra i cambiamenti climatici e il sisma. “Si tratta di un evento abbastanza normale per la regione”, ha affermato in una dichiarazione rilasciata a Insurance Journal.
Secondo McGuire, la più grande minaccia potrebbe venire dalla Groenlandia, dove “basterebbe un anno difficile, con temperature leggermente superiori alla media, per vedere lo strato di ghiaccio sciogliersi a un ritmo più veloce del solito e la crosta sottostante scivolare e sprigionare la tensione accumulata per centinaia di migliaia di anni, sotto forma di terremoti che, potenzialmente, potrebbero innescare frane sottomarine che potrebbero provocare tsunami in tutto il Nord Atlantico”.