La prima indagine di Coface sul comportamento di pagamento in Germania, su un campione di più di 850 imprese, rivela che, nonostante la solidità economica del paese, circa l’84% delle imprese sono colpite da ritardi di pagamento da parte dei loro clienti.
Si segnala rispetto all’anno passato che la situazione positiva delle imprese tedesche porta a una leggera riduzione dell’ammontare dei crediti insoluti. I ritardi di pagamento rimangono di una durata ragionevole. Sono dunque bassi i potenziali rischi di liquidità legati a crediti insoluti di lunga durata. Ritardi di pagamento: situazione migliore per le imprese tedesche rispetto alle imprese cinesi I ritardi di pagamento sono frequenti per l’83,7% delle imprese. Più della metà dei ritardi è dovuta a difficoltà finanziarie riscontrate dai clienti. La percentuale è superiore alla quota segnalata in Cina, in cui secondo un recente studio di Coface circa l’80% delle imprese sono colpite da ritardi di pagamento. In Asia e Pacifico, sono ancor meno numerose, il 70%. In Germania, i ritardi di pagamento sono più frequenti per le imprese che dipendono principalmente dalle esportazioni, il 90%, rispetto a quelle che operano sul mercato domestico, l’82,8%. Rispetto all’anno precedente, il volume dei crediti insoluti tende a diminuire. Circa il 20% delle imprese analizzate segnalano una riduzione dei crediti insoluti, mentre il 16,9% ne constata un aumento. Per più del 60% il livello resta invariato. Le imprese esportatrici mostrano dei risultati mitigati ma con un trend positivo. Più del 24% segnala una riduzione dell’ammontare dei crediti insoluti, mentre il 23,3% rileva un aumento considerevole rispetto alla media,16,9%.
La durata dei ritardi di pagamento resta entro limiti ragionevoli. Per più di tre quarti delle imprese la durata massima dei ritardi di pagamento è di 60 giorni. Pertanto, la situazione delle imprese tedesche è nettamente migliore rispetto a quella delle imprese cinesi. La quota dei ritardi di pagamento superiori ai 60 giorni è del 60%, mentre quella relativa ai ritardi superiori ai 150 giorni si attesta al 10%. Tale quota del 10% si è quasi raddoppiata rispetto all’anno precedente e ciò dipende dal rallentamento della crescita economica cinese, ed eccede chiaramente la quota del 2,5% della Germania. Le imprese tedesche che operano sul mercato domestico riportano solo l’1,9% di crediti di lungo periodo, mentre le imprese esportatrici indicano un valore decisamente superiore, il 7%. Per le imprese tedesche nel loro insieme, gli eventuali rischi di liquidità, che aumentano in presenza di crediti con ritardo superiore o pari a sei mesi, restano entro limiti gestibili. L’esperienza di Coface dimostra che, se il ritardo eccede i sei mesi, circa l’80% dei crediti non saranno totalmente recuperati. Se il totale dei crediti insoluti di lungo periodo supera il 2% del fatturato totale dell’impresa potrebbero verificarsi problemi di liquidità.
I ritardi di pagamento sono largamente ripartiti tra tutti i settori
Nei 13 settori analizzati, la media delle imprese colpite da mancati pagamenti si attesta all’83,7%, con uno scarto di circa 10 punti percentuali. Chiaramente distanziato rispetto agli altri settori, il settore del Tessile/Pellame/Abbigliamento è il più colpito dai ritardi di pagamento (il 94,4%), seguito da quello della Carta/Imballaggi/Stampa (87,5%). Incredibilmente, il settore del Tessile/Pellame/Abbigliamento accorda più facilmente dilazioni di pagamento, malgrado il comportamento di pagamento sia il peggiore rispetto agli altri settori analizzati. I settori meno colpiti sono il settore della Meccanica/Industria di precisione (con «solo» il 75% di imprese colpite da mancati pagamenti), seguito dal settore dell’Automotive (78,8%) e dal Commercio all’ingrosso (81,8%). In linea con i calcoli di Coface, per i settori analizzati, la durata media dei ritardi di pagamento corrisponde a 41,4 giorni. Tuttavia, alcune imprese subiscono ritardi molto più lunghi, in particolare il settore della Meccanica/Industria di precisione (60 giorni) e dei Trasporti (55,2 giorni). Il settore dei Prodotti Chimici/Olii/Minerali e quello delle Tecnologie dell’informazione/Telecomunicazioni beneficiano di ritardi più contenuti. Interrogate sulla loro aspettativa riguardo ai crediti insoluti, le «ottimiste» e le «pessimiste» si bilanciavano. Mentre le imprese dei Trasporti e del Commercio all’Ingrosso si attendono un aggravarsi della situazione, i settori della Carta/Imballaggio/Stampa e quello della Meccanica/Strumenti di precisione attendono dei significativi miglioramenti. Dieci settori segnalano una riduzione dell’ammontare dei crediti insoluti rispetto all’anno precedente. Un’importante riduzione è stata registrata dal settore del Legno e Arredamento, dove il 38,5% delle imprese segnalano un volume di crediti insoluti inferiore, mentre solo l’11,5% delle imprese ne segnala un aumento. Inoltre, possono essere osservati diversi miglioramenti nel settore dei Trasporti, dell’IT e delle Telecomunicazioni. I «peggiori» in termini di ammontare totale insoluto sono i settori Agroalimentare (+5,1%), dei Metalli (+12,7%) e della Meccanica/Strumenti di precisione, con il 16,7% di imprese che hanno constatato una perdita di volume di affari rispetto al 41,7% che ne ha segnalato un aumento.
Alla maggior parte dei clienti viene offerta la vendita a credito, con delle linee di credito generalmente brevi
L’indagine ha rilevato che l’offrire ai clienti dilazioni di pagamento è una pratica comune. L’84,4% delle imprese analizzate ha accordato dilazioni ai propri clienti negli ultimi dodici mesi. Per le imprese che esportano, questo valore sale al 92%. Circa la metà delle imprese che vendono a credito cita le «regole di mercato» come principale motivazione. Circa il 15% delle imprese accordano delle dilazioni ai propri clienti dopo aver assicurato i rischi con l’assicurazione dei crediti. Altre ragioni per le quali le imprese accettano di vendere a credito si ritrovano nella relazione diretta con il cliente. Per il 14,1% si tratta di un mezzo per tamponare i problemi di tesoreria dei propri clienti. Un ulteriore 10% concede dilazioni in quanto ha fiducia nei propri acquirenti; ed è compreso in questa categoria il 14% che assicura i propri crediti commerciali (contro più del 43% delle imprese analizzate).
I consumi privati stimolano l’economia, gli investimenti restano moderati
Nel 2016 e 2017 l’economia tedesca subirà l’effetto dei rischi mondiali considerevolmente aumentati. Già indebolite dalla crescita ridotta nei mercati emergenti, le imprese che esportano sono sempre più soggette a rischi politici di origine europea. In seguito al risultato Brexit, questi rischi politici si sono attestati a un livello alto e la loro gestione peserà sui mercati finanziari e l’economia reale. A prima vista potrebbe apparire strano che Coface preveda una crescita economica solida in Germania: 1,5% nel 2016, e 1,7% nel 2017, anche se le esportazioni dovrebbero restare sotto pressione. La solidità dell’economia può essere inizialmente attribuita al forte aumento delle spese private e pubbliche. Se le esportazioni nette non saranno più il motore chiave della crescita economica (a causa delle deboli prospettive di esportazione e la forte domanda di importazioni), saranno i consumi privati e pubblici che porteranno alla crescita economica tedesca. I consumi privati beneficiano di un’eccellente situazione del mercato del lavoro, con salari nettamente più alti che in passato, un salario minimo di legge, un forte aumento delle pensioni nell’anno e un tasso di inflazione ancora basso. Pertanto, i consumi privati e pubblici rimangono il principale mezzo di stabilità, che assorbe e compensa la debolezza dei settori orientati all’export. Gli investimenti domestici mostrano anch’essi segni di debolezza, principalmente in ragione dei rischi legati al contesto esterno. Nel 2016 e il 2017 le imprese tedesche non aumenteranno gli investimenti se non limitatamente, a causa delle grandi incertezze legate allo sviluppo futuro dell’economia mondiale.
Continua a diminuire il numero delle insolvenze
La situazione economica stabile della Germania si riflette nella solida condizione finanziaria delle proprie imprese. Le insolvenze ne sono un indicatore e si prevede che la loro tendenza a diminuire continui anche quest’anno, dopo una diminuzione del 4% nel 2015 e per il sesto anno consecutivo. Coface prevede una nuova riduzione del 2,5% nel 2016. Sembra poco probabile che la recente decisione sulla Brexit possa invertire questa tendenza.